È il giorno della Women’s March on Washington, per i diritti di tutte le minoranze

“La Women’s March on Washington vuole dare un messaggio chiaro alla nuova amministrazione nella sua prima giornata di lavoro: i diritti delle donne fanno parte dei diritti umani.”

È il giorno della Women’s March on Washington,  per i diritti di tutte le minoranze

Nel primo giorno dell’era Trump, una grande manifestazione organizzata a Washington vuole ricordare al nuovo presidente che i diritti delle donne sono inseparabili dai diritti umani.

“Nella giornata del 21 gennaio, ci riuniremo a Washington DC per una grande manifestazione. Scenderemo in piazza unite, assieme ai nostri partner e ai nostri figli, per difendere i nostri diritti, la nostra sicurezza, la nostra salute e le nostre famiglie, nella convinzione che l’eterogeneità della nostra cultura e della nostra società sia la forza del nostro paese.”

Così inizia il manifesto della Women’s March on Washington, il corteo femminile che, con più di duecentomila partecipanti, marcerà verso la Casa Bianca questo sabato, a ventiquattr’ore dall’insediamento di Donald Trump.

Il corteo, considerato “una delle più grandi manifestazioni nella storia degli Stati Uniti,” prevede anche diverse performance musicali — a fare da headliner Janelle Monàe, Maxwell e Anjelique Kidjo — e un gran numero di letture e interventi di attivisti, artisti, e personaggi celebri — tra i tanti, Amanda Nguyen, Michael Moore, e l’attrice Scarlett Johansson — per “dare un’ampia panoramica sulle lotte per  l’uguaglianza tra generi e razze, per i diritti delle comunità LGBT e delle minoranze etniche,” riassumendo quelli che sono i principi della manifestazione.

L’iniziativa — sorta poco dopo la sconfitta di Hilary Clinton, lo scorso 8 novembre — è capitanata da un direttivo di quattro attiviste: Tamika Mallory, avvocato per i diritti civili che ha lavorato con l’amministrazione Obama; Carmen Perez, direttrice dell’associazione umanitaria “Gathering for Justice”; Linda Sarsour, attivista di origini palestinesi, impegnata nella lotta contro le disparità razziali, e Bob Bland, fondatrice della Manifacture New York, cooperativa artistica con l’intento di rinnovare l’industria della moda attraverso un processo di distribuzione sostenibile.

Le direttrici, a capo di un team tutto al femminile, incarnano lo spirito della manifestazione, che vuole sì portare in piazza i diritti delle donne, ma con la consapevolezza che, ricalcando una frase pronunciata dalla Clinton nel 1995, “women’s rights are human rights.”

“La retorica delle ultime elezioni ha insultato, demonizzato e minacciato molti di noi: immigrati provenienti da ogni parte del mondo, persone facenti parte di minoranze religiose, persone che si identificano come LGBTQ, popoli indigeni e indiani, neri e mulatti, disabili, donne e uomini che hanno subito molestie sessuali,” spiegano le organizzatrici, “la Women’s March on Washington vuole dare un messaggio chiaro alla nuova amministrazione nella sua prima giornata di lavoro: i diritti delle donne fanno parte dei diritti umani. Noi rimarremo unite, insieme, nella convinzione che difendere le più emarginate di noi significhi difenderci tutte.”

Non solo i diritti della donna, dunque, ma quelli di tutte le comunità colpite dalla retorica trumpiana.

L’evento, che vanta più di 200 mila partecipanti, è diventato incredibilmente popolare sui social, grazie anche a una grande lavoro di comunicazione. La pagina facebook della manifestazione riporta in tempo reale notizie sull’organizzazione, corredate da contenuti multimediali — video interviste e dirette, ma anche podcast — e un gran numero di grafiche e illustrazioni-manifesto.

C’è chi ha criticato la campagna social dell’evento, chiedendosi se la Women’s March fosse solo una manifestazione organizzata sull’onda del “nuovo femminismo trendy,” ricco e prevalentemente bianco, o se ci fosse una effettiva rappresentazione di tutte le minoranze.

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In realtà la forza della manifestazione — e anche la sua auspicabile buona riuscita — sta proprio nel rivolgersi anche a chi credeva di non aver bisogno di manifestare per i propri diritti. E per toccare chi riteneva di essere immune alle discriminazioni bisogna utilizzare la sua stessa lingua. La questione femminile — così come la lotta contro le discriminazioni razziali e in difesa delle minoranze — è un affare di tutti, ed è giusto che si muovano tutti.

La Women’s March on Washington inizierà alle 10 di mattina (ora locale) di sabato 21 gennaio, e sarà documentata in tempo reale sugli account Facebook, Twitter e Instagram dell’evento.

Nella giornata di sabato, inoltre, sono state organizzate una serie di manifestazioni gemelle in tutto il mondo. In Italia sono previste per le 11 tre manifestazioni a Milano, Roma e Firenze.

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