Quindici anni dopo, e il campo di prigionia di Guantánamo è ancora aperto

I dati che pubblichiamo sono pubblici grazie a una battaglia quotidiana condotta da Associated Press tra il 2002 e il 2004. Il campo di prigionia di Guantánamo è una prigione […]

Quindici anni dopo, e il campo di prigionia di Guantánamo è ancora aperto

I dati che pubblichiamo sono pubblici grazie a una battaglia quotidiana condotta da Associated Press tra il 2002 e il 2004.

Il campo di prigionia di Guantánamo è una prigione di massima sicurezza ricavata all’interno dell’unica base navale statunitense sull’isola di Cuba. Inaugurata quindici anni fa oggi, è diventata simbolo della lotta sconsiderata dell’amministrazione Bush al terrorismo.

Obama aveva presentato fin dalla propria candidatura alle primarie democratiche del 2007 il suo progetto per la chiusura del campo — negli anni diventato famigerato per le condizioni disumane in cui erano costretti i prigionieri, la cui vasta maggioranza era stata incarcerata senza nessun processo, ma solo tramite indagini dell’intelligence all’estero.

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Ad oggi conosciamo i numeri e la provenienza dei carcerati — e anche questi dati sono stati conquistati con una lotta quotidiana da parte di Associated Press dal 2002 al 2004 — ma l’identità di molte persone è ancora segreta.

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La variazione tra 650 e 500 tra il 2003 e il 2006 deve considerare la liberazione di 200 individui che erano stati trattenuti senza una verifica che fossero effettivamente combattenti nemici.

Secondo statistiche rilasciate dal Dipartimento della Difesa statunitense, non solo i prigionieri non avevano subito processi dovuti, ma l’80% non era nemmeno stato catturato da operazioni di intelligence, bensí illegalmente da mercenari loro connazionali — ricevendo in cambio una taglia.

Sebbene formalmente tutti i prigionieri erano stati descritti come gli individui più pericolosi del mondo, un memo di Donald Rumsfeld del 2003, pubblicato dal Washington Post nel 2011, lamentava come il campo di prigionia fosse pieno di “combattenti di basso rango.”


infografiche di Elena Buzzo, fonte New York Times.