A Padova si combatte per la dignità degli adolescenti omosessuali

Il caso del tredicenne tolto alla madre dal tribunale dei minori dimostra come l’Italia non abbia fatto passi avanti sul tema dei diritti civili.

A Padova si combatte per la dignità degli adolescenti omosessuali

Il caso del tredicenne tolto alla madre dal tribunale dei minori dimostra come l’Italia non abbia fatto passi avanti sul tema dei diritti civili.

“È effeminato”. Poi ancora: “Ostenta atteggiamenti in modo provocatorio.” Queste sono le parole che il Tribunale dei Minori di Padova ha usato per allontanare un ragazzino di 13 anni dalla propria madre e dalle sorelle. A sottoporre il caso al giudice sono stati gli assistenti sociali, i quali avevano notato dei comportamenti allarmanti: a volte andava a scuola con gli occhi truccati.

Già in precedenza il tredicenne era stato oggetto di cause legali in cui la madre accusava il padre di molestare sessualmente il figlio. L’uomo è stato scagionato per insufficienza di prove e la donna è stata accusata di voler allontanare il figlio dalla figura paterna. Gli assistenti sociali, quindi,  prima hanno costretto il ragazzo a frequentare una comunità pomeridiana per allontanarlo parzialmente da casa, e ora hanno contribuito a dare il colpo di grazia al rapporto madre-figlio.

In questa storia molte cose  lasciano perplessi. A partire dal giudizio da parte degli assistenti sociali di Padova, fino all’ennesima delusione della legge italiana. Se qualcuno di voi lettori da piccolo ha mai desiderato fare l’assistente sociale, avrà scoperto che occorre una laurea in Psicologia, Sociologia, Scienze del Servizio Sociale e politiche sociali o Scienze dell’Educazione. Questa però è una necessità recente. Persone più anziane, in possesso solo di un diploma, svolgono lavori per i quali, se facessero domanda di assunzione oggi, verrebbero scartati per mancanza di competenze. Se questo sia il caso di Padova non lo sappiamo, ma dovrebbe essere noto a tutti che l’omosessualità, il 17 maggio 1990, è stata rimossa dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. È stata definita, invece, “variante naturale del comportamento umano”.

È intervenuta anche la senatrice Monica Cirinnà, dichiarando a Radio Cusano Campus che indagherà presso la commissione di giustizia. L’onorevole, inoltre, non sembra essere completamente stupita dall’accaduto: Padova è tra i comuni che si è più opposto all’unione tra persone dello stesso sesso. Le unioni civili non sono diventate legge da molto, ma è decisamente giunta l’ora che si riconosca la dignità di ogni individuo riconosciuto dalla legge, ovunque. Pare che in Italia ci sia seria difficoltà, dagli strati più bassi a quelli più alti, a saper scindere il “cosa bisogna fare” dal “cosa mi dice la testa di fare.”

Se allora l’omosessualità non è una malattia e la legge non la ripudia, perché il comportamento del ragazzo è stato definito “provocatorio”? Pensiamo a un altro comportamento naturale dell’uomo. È provocatorio andare a fare aperitivo durante il week-end? O forse è provocatorio sbattere le ciglia? E se questa fosse l’ennesima storia – di cui non ne possiamo più – in cui a godere di privilegi sia il sesso maschile e a pagarne le conseguenze sia il sesso femminile?



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Sembra ci sia un vero accanimento nei confronti di una madre che ha deciso di accettare le necessità del figlio, invece che decidere di proteggere il figlio dal giudizio — certo, ingiusto — del prossimo: ma non è in fondo amore materno? Il ragazzo è di sesso maschile, ma quei trucchi e i suoi atteggiamenti sono sbagliati perché appartengono al mondo delle donne. Ed è questo che non va bene: guai per un maschio essere troppo vicino a ciò che è definito femminile. Chissà cosa succederebbe se si scoprisse che in realtà il ragazzo è transgender o transessuale. Lo attenderebbe una vita ancora più dura perché non sarebbe concepibile che un uomo si possa sentire sbagliato nel proprio corpo. Però, per il momento, di sicuro il ragazzo sarà impegnato a fronteggiare le emozioni provate nel sentirsi dire da un tribunale che essere effeminato è sbagliato e che non può stare con la mamma.

il Tribunale dei minori di #Padova separa un figlio dalla madre perché troppo effeminato: se fosse stato un bullo glielo avrebbero lasciato?

— vladimir luxuria (@vladiluxuria) January 10, 2017

Ma cosa vuol dire “maschile” e “femminile”? Visto che nell’ultimo anno, dai discorsi di personaggi quali Alfano, Meloni, Adinolfi, ecc., quando si parla di questi argomenti piace buttarla sull’antropologia, diciamo pure che l’antropologia, quella vera, è diversa da quella pensata dai nomi sopracitati. Se prendete in mano gli scritti di qualsiasi antropologo, noterete che tutti indistintamente affermano che i sessi biologici potrebbero essere due, ma il genere è tutta un’altra cosa. Secondo Judith Butler il genere ha numeri infiniti perché ognuno è come si comporta.

La persona accanto a voi sarà diversa da qualsiasi altra persona del mondo.

Non si tratta qui, prima che qualcuno punti un dito, di perpetrare una fantomatica teoria gender. Questa è l’antropologia, questa è la psicologia e anche la sociologia. Sono discipline che sono insegnate perfino nelle Università. Le scienze non vanno tirate fuori dal cappello solo quando fanno comodo, ma andrebbero interpellate sempre.

Invece di processi di questo tipo, oggi si avrebbe bisogno di una legge contro l’omofobia. Una legge che dovrebbe essere accettata e rispettata da tutti. L’anno scorso il centro destra continuava ad affermare che i bambini non si toccano. Alcuni bambini sono omosessuali, ma a loro chi ci pensa? Siamo giunti al punto in cui si fanno distinzioni anche tra ragazzi che da poco si stanno affacciando alla pubertà. Domani dove arriveremo?