La banca del tempo Come unire solidarietà e interesse

Una banca del tempo è un ente di solidarietà che permette alla gente di cedere una piccola parte del loro tempo ad altre persone. Le quali, a loro volta, ne cederanno un po’.

La banca del tempo Come unire solidarietà e interesse

Non avete mai visto Momo alla conquista del tempo? Rimediate. Le vacanze sono finite, ma dovreste comunque ritagliarvi un angolo di tempo — a proposito — per guardare questo piccolo grande gioiellino dell’animazione nostrana. Il film ruota tutto intorno al tempo sempre più risicato di cui disponiamo nella società contemporanea, che ci costringe a essere sempre più frettolosi senza riuscire a goderci le gioie della vita: amici, amore, famiglia.

Nel film la piccola Momo è impegnata in una lotta disperata contro i Signori Grigi, funzionari di una misteriosa banca in cui le persone investono il loro tempo sperando di averne a disposizione di più. Se mentre lo guardate avete sette o otto anni, alcune scene del film sono davvero inquietanti.

Fin qui siamo ovviamente nel regno del fantastico. Ma le banche del tempo esistono davvero — e, a differenza di quella in cui si imbatte Momo, non sono nemmeno un po’ cattive.

Una banca del tempo è un ente di solidarietà che permette alla gente di cedere una piccola parte del loro tempo ad altre persone. Le quali, a loro volta, ne cederanno un po’ a loro.

Per fare un esempio: una persona mette a disposizione un’ora del proprio tempo dichiarandosi disponibile a fare la babysitter. La banca del tempo la mette in contatto con una famiglia che ha bisogno di separarsi dal proprio pargolo per un’ora, che si servirà dell’ora messa a disposizione dal babysitter. Il babysitter guadagna un’ora di tempo presso la banca: quando — mettiamo il caso — gli si dovesse rompere il rubinetto, potrà chiamare un idraulico per avere a disposizione tramite la banca un’ora del suo tempo, facendoselo riparare.

Flavio Passerini ha fondato nel 2010 una Banca del tempo a Valmadrera, vicino a Lecco, ed è a capo del Coordinamento lombardo delle banche del tempo. “La costruzione della fiducia è la cosa più importante per noi. È importante ristabilire rapporti di solidarietà, che diano sicurezza.” La banca di Valmadrera conta 160 soci attivi e scambia 1700 ore di servizi all’anno, con una sede anche nel vicino Comune di Galbiate.

“La cosa che scambiamo di più, qui a Valmadrera, sono gli accompagnamenti, i rammendi di vestiti e il cibo,” ci ha raccontato Passerini al telefono. “Paradossalmente, in una banca del tempo, bisogna vincere la paura di chiedere. Si iscrivono moltissime persone interessate al volontariato, pronte a dare moltissimo: ma noi non siamo un’associazione di volontariato. Il nostro scopo primario non è aiutare il prossimo ma promuovere uno scambio alla pari”.

Le prime banche del tempo sono nate in Inghilterra negli anni Ottanta, con il nome di LETS: Local Exchange Trading System, sistema di scambio locale. In Italia si sono diffuse partendo dall’Emilia Romagna, dove la prima è stata aperta nel 1988. “In questi giorni costruiremo l’architettura di una rete di scambi regionale, tramite il coordinamento lombardo delle banche del tempo.” Per fondare una banca del tempo, a livello materiale, secondo Passerini basta poco: “una sede e un PC con Excel per tenere la contabilità delle ore. Anche la sede stessa è un luogo di socialità importante — da noi moltissime persone vengono anche solo per giocare a carte, o svolgere comunque attività sociali.”

“Le persone più attive in una banca del tempo, in genere, sono i pensionati, che ovviamente hanno più tempo da dedicare. Da giovani ovviamente è più complesso partecipare. L’utente medio, comunque, ha un’età di più o meno 45  anni — anche se a Valmadrera abbiamo soci dai 18 agli 85 anni.” Il principio stesso su cui si basa la banca del tempo è l’equalizzazione del valore delle varie prestazioni: nessuno viene retribuito più di un altro per il servizio svolto. “Da noi il denaro non viene usato, tranne che in certi casi di rimborso spese vive come il carburante e gli ingredienti per cibi particolarmente elaborati. È un po’ il vecchio sogno utopico di una comunità che si regge senza i soldi.”