Gli interessi di Trump nella Dakota Pipeline
Dietro alla decisione di dirottare o meno il percorso dell’oleodotto ci sono gli interessi economici del Presidente eletto.
È di due giorni fa la notizia che il Dipartimento dell’Esercito americano ha confermato la scelta di dirottare il progetto da 3.7 miliardi di dollari al di fuori dei territori della riserva dei Sioux di Standing Rock. Jo-Ellen Darcy, assistente segretaria per le opere civili dell’Esercito, ha affermato che “il modo migliore per completare il lavoro in maniera responsabile e rapida è quello di prendere in considerazione vie alternative per lo sviluppo della conduttura”.
L’annuncio sancisce una vittoria – anche se temporanea – per le tribù di Standing Rock e per tutti i sostenitori che nei mesi precedenti si erano raccolti intorno alla protesta.
A fare da contraltare all’annuncio dell’amministrazione uscente di Barack Obama, è la notizia che il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe avere in qualche modo interessi economici a non cambiare il percorso del progetto.
A partire dai giorni successivi alle elezioni, Donald Trump aveva subito dichiarato il proprio supporto al progetto originale della Dakota Access Pipeline, che prevede un condotto sotterraneo della lunghezza di quasi 2.000 km attraversando gli stati del North Dakota, South Dakota e Iowa – in cui è situata la riserva indiana – per terminare in Illinois. Le due principali società all’interno del progetto sono la Energy Transfer Partners (ETP), con il 75% delle quote, e la Phillips 66, con il restante 25%.
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Con l’aumento dell’interesse mediatico, l’attenzione si è spostata proprio sui proprietari del progetto, rivelando che Trump possiede investimenti dal valore di 15.000 e 50.000 mila dollari in azioni nella Energy Transfer Partners. Ridotte drasticamente nel 2016, ma che l’anno scorso ammontavano ad un valore tra i 500.000 e 1 milione di dollari. Ma non solo, il nuovo Presidente degli Stati Uniti possiede tra i 100.000 e 250.000 dollari in azioni della Phillips 66.
Lo staff di Trump ha subito rilasciato un comunicato in cui dichiara che il suo supporto al progetto “non ha nulla a che fare con i suoi investimenti personali ed è solo legato alla promozione di politiche che possano avvantaggiare tutti gli americani”.
Gli investimenti del patrimonio di Trump sono individuabili in più di 500 aziende internazionali, è quindi prevedibile che nei quattro anni di mandato conflitti di interesse come quello della Dakota Access Pipeline non saranno casi isolati. È stato suggerito che Donald Trump ponesse il suo patrimonio in un blind trust – un affidamento fiduciario nel quale il titolare conferisce il proprio patrimonio a un consiglio direttivo che lo amministra per suo conto – ma il Presidente eletto ha deciso di non commentare al riguardo.
L’unico commento è pervenuto da una portavoce di Trump, Hope Hicks: “Siamo in procinto di vagliare diverse strutture con l’obiettivo del trasferimento immediato di gestione dell’organizzazione Trump e il suo portafoglio di aziende a Donald Jr., Ivanka e Eric Trump, nonché a un team di dirigenti altamente qualificati. Si tratta di una priorità assoluta l’organizzazione e la struttura che è in ultima analisi selezionato rispetterà tutte le norme ei regolamenti vigenti”.