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Al settimo forum internazionale sul cibo e l’alimentazione, organizzato dalla fondazione Barilla (Barilla Center for Food and Nutrition) che da diversi anni si impegna a sostenere ricerche scientifiche volte ad analizzare fattori economici, scientifici, sociali e ambientali annessi al cibo, Guido Barilla è intervenuto dichiarando chedietro le parole: mangiare meno, mangiare meglio, mangiare tutti c’è un significato profondo, se mangio meglio, mangio meno e faccio del bene a me stesso e faccio del bene alla nostra terra. 

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Per diffondere questo messaggio semplice e importante ci siamo focalizzati su tre grandi progetti. Il primo è quello con il gruppo dell’Economist per creare il Food Sustainability Index, uno strumento concreto che contribuisca alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, mettendo in evidenza le migliori pratiche che possono ispirare i Paesi per diventare più virtuosi su cibo e sostenibilità.


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Il secondo progetto è in collaborazione con il Thomson Reuters Foundation con cui abbiamo sviluppato un premio giornalistico internazionale. Lo scopo è di informare le persone sui grandi temi del cibo attraverso i media, premiando chi riuscirà a tramettere meglio i paradossi del nostro sistema alimentare. Il terzo progetto è in collaborazione con il Milan Center for Food Laws and Policy per creare una piattaforma on-line che servirà a diffondere la conoscenza sulle questioni più salienti legate al cibo e alla nutrizione dove saranno monitorate le politiche, le leggi, gli studi, le ricerche e le pubblicazioni più rilevanti a livello internazionale.

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Le urgenti tematiche trattate durante il convegno sono state malnutrizione e obesità, il corretto utilizzo delle risorse naturali, le diete sostenibili, lo spreco alimentare, il cambiamento climatico e l’impatto ambientale dell’agricoltura. Sono diversi gli esperti che si sono confrontati per trovare soluzioni concrete volte al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile legati al cibo e a un modello di alimentazione che concili la salute dell’uomo e la sostenibilità globale.
Al centro del dibattito, il Food Sustainability Index, uno strumento volto a mettere in luce a livello globale le pratiche e le politiche in relazione ai paradossi globali, come cambiamento climatico, città sostenibili, produzione e consumo responsabile, salute, gender equality, istruzione e infrastrutture. Questo strumento determina gli indici di spreco alimentare, agricoltura sostenibile e malnutrizione. Al primo posto si posiziona la Francia, seguita da Giappone e Canada. L’Italia è invece al sesto posto, dove in meridione bisogna migliorare l’obesità infantile che ha un significativo impatto di tipo economico e sociale. Siamo tuttavia, il Paese con il più basso contributo di emissioni legate all’agricoltura.

Il presidente dell’IFAD (International Fund for Agricultural Development), Kanayo F. Nwanze, un’organizzazione che si impegna sul fronte dei piccoli agricoltori e imprenditori delle aree rurali per fare in modo che abbiano un peso sulle decisioni delle politiche internazionali, è intervenuto sostenendo che “il modello di agricoltura sostenibile non può essere creato dal mondo industrializzato […] i piccoli agricoltori forniscono il cibo alle popolazioni che vivono nelle zone rurali e devono essere aiutati sia con finanziamenti che con delle politiche con lo scopo di tutelare i più deboli.” Mentre Jeffrey Sachs, definito dal New York Times “probabilmente il più importante economista al mondo” ha aggiunto che “Servono investimenti enormi nel campo dello sviluppo e dell’utilizzo di energie non basate sul carbone e bisogna smettere di costruire impianti che sfruttano combustibili fossili.” Per i Paesi in via di sviluppo gli investimenti dovrebbero invece riguardare il miglioramento degli impianti di ottimizzazione delle risorse idriche, le norme di igiene
e sicurezza per la salute, soprattutto nelle aree urbane in rapido sviluppo.

Si stima che entro il 2050 i cambiamenti climatici porteranno a una riduzione del 3,2% delle calorie per individuo, del 4% del consumo di frutta e verdura e dello 0,7% della carne. Sentenziando che “È necessario agire subito per arginare i danni e partire dalla riduzione delle emissioni, che sono il primo fattore che influenza l’aumento delle temperatura.”