Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere
Il 25 novembre vuole ricordare le tre sorelle Mirabal che lo stesso giorno del 1960 sono state torturate e uccise per essersi opposte al regime di Trujillo, nella Repubblica Dominicana.
La data è stata scelta nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi del 1981 a Bogotà ed è stata poi ufficializzata dall’ONU nella Risoluzione dell’Assemblea Generale n°54/134 del 17 dicembre 1999.
Il 25 novembre vuole ricordare le tre sorelle Mirabal che lo stesso giorno del 1960 sono state torturate e uccise per essersi opposte al regime di Trujillo, nella Repubblica Dominicana.
Le Nazioni Unite definiscono la violenza sulle donne con le seguenti parole: “Qualsiasi atto di violenza fondata sul genere che comporti, o abbia probabilità di comportare, sofferenze o danni fisici, sessuali o mentali per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichi nella sfera pubblica che in quella privata.”
Il 20 dicembre 1993 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 48/104 ha adottato la Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Questa si propone di riconoscere la “necessità urgente per l’applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l’integrità e la dignità di tutti gli esseri umani”.
Nello stesso anno, l’allora Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan ha dichiarato che “la violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa.”
La violenza di genere si manifesta in forme diverse, da quella fisica, che si nota di più per lividi, graffi e ossa spezzate, a quella psicologica, la più nascosta, quella sessuale, di cui si parla maggiormente, quella economica e quella assistita. Ognuna di queste è accomunata dal fatto di essere agita con un fine: sopraffare la vittima.
Pensare che fenomeni di violenza di genere si manifestino di più nei ceti più svantaggiati è determinato dal fatto che in questi i servizi sociali riescono a penetrare più facilmente, e quindi ne riportano più episodi di violenza.
La violenza sulle donne è trasversale, non si verifica maggiormente in una determinata classe sociale. Anzi, sono solitamente gli “insospettabili” a metterla in atto.
Pensare che fenomeni di violenza di genere si manifestino di più nei ceti più svantaggiati è determinato dal fatto che in questi i servizi sociali riescono a penetrare più facilmente, e quindi ne riportano più episodi di violenza.
Gli autori di violenza tendono a isolare la vittima, dopo averne conquistato la fiducia. Vivono un “amore folle” così come lo definisce Leslie Morgan Steiner, sopravvissuta alla violenza di genere. Leslie è una scrittrice americana. Espone la sua testimonianza durante la pubblicizzazione del suo libro, “Crazy Love”, in cui ha raccontato la sua storia.
“Il mio primo messaggio per voi è che la violenza domestica capita a tutti — a tutte le razze, le religioni, gli stipendi, i livelli di istruzione. È ovunque,” spiega Morgan. “Le donne hanno paura a uscire da una relazione violenta, sostiene Leslie, “perché l’ultima fase nello schema di violenza domestica è ucciderla. Oltre il 70% degli omicidi per violenza domestica avvengono dopo che la vittima interrompe la relazione, dopo che se n’è andata perché a quel punto il violento non ha più niente da perdere.”
Morgan è riuscita ad andarsene attraverso quella che dice essere l’unica arma contro la violenza di genere: parlare. E invita tutte le donne vittime dei propri partner a fare lo stesso.
Negli Stati Uniti una donna su tre ha subito una forma di violenza nella propria vita.
Nel mondo si stima che 700 milioni di donne siano state costrette a sposarsi da bambine e che 133 milioni abbiano subito una forma di mutilazione genitale.
In Italia supera i 6 milioni il numero di donne che nella loro vita hanno subito un qualche episodio di violenza fisica o sessuale. La violenza, però, è un fenomeno in decrescita, mentre è in aumento lo stalking. Oltre 3 milioni di donne — il 16% — sono state vittime di stalking durante la loro vita.
In Italia l’Articolo 612 bis del Codice Penale, relativo agli atti persecutori e allo stalking, una delle forme attraverso cui si esprime la violenza psicologica, è stato approvato solo nel 2009.
In Italia oltre 3 milioni di donne — il 16% — sono state vittime di stalking durante la loro vita.
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.”
Per la Giornata del 25 novembre sono previste numerose attività in tutta Italia, tra le quali ricordiamo la manifestazione nazionale “Non una di meno” prevista per il 26 novembre a Roma.
In tutto il mondo, invece, dal 25 novembre al 10 dicembre si terrà la campagna dell’UN Women “Orange the World”. Le Nazioni Unite invitano le donne di tutti i Paesi a indossare un capo arancione, il colore scelto contro la violenza sulle donne, durante i sedici giorni di iniziative contro la violenza di genere.
“Ni una mujer menos, ni una muerta más». Non una donna in meno, non una morta in più.