Stati Uniti: Il diritto all’aborto è in pericolo dopo la vittoria di Trump
“Io sono pro-life. Il giudice della Corte Suprema che nominerò sarà pro-life,” ha dichiarato Trump alla CBS. Nell’attesa di vedere cosa ne sarà della legge che garantisce il diritto all’aborto, è cominciata la corsa di donazioni private a Planned Parenthood. Curiosamente firmate Mike Pence.
Chi vincerà una sedia alla Corte Suprema quando si fermerà la musica? Uno dei primi compiti del Presidente eletto Trump sarà proprio quello di riempire il posto lasciato vacante questo febbraio dalla morte del giudice conservatore Scalia.
Appena eletto, The Donald ha lanciato una bomba sui diritti delle donne nel programma 60 Minutes di CBS: la sua scelta ricadrà senza dubbio su un giudice anti-abortista (ma pure, indovinate, a favore del secondo emendamento).
“Io sono pro-life. Il giudice che nominerò sarà pro-life.”
La sua posizione, molto diversa da quella del 1999, quando si dichiarò “fortemente pro-choice”, si è allineata a quella più conservatrice, abbracciando una delle battaglie più care ai Repubblicani e al suo vice Pence. Fino a scivolare molto poco graziosamente sulla frase “Per le donne che abortiscono ci dev’essere una qualche punizione.”
“Per le donne che abortiscono ci dev’essere una qualche punizione.”
Ma cosa significa tutto questo per il diritto delle donne ad abortire? Che la sentenza della Corte Suprema sul caso Roe Vs Wade, che nel 1973 ha legalizzato l’aborto a livello federale, potrebbe essere ribaltata. Lo dice Trump stesso: sì, se questo dovesse accadere, la decisione di proteggere o meno questo diritto spetterebbe ai singoli Stati e sì, le donne potrebbero dover andare in un altro stato per ottenere un accesso sicuro e legale all’aborto.
Per ora è poco probabile che questo si realizzi.Trump è il primo a dire che ci vorrà del tempo.
Anche con una nomina pro-life infatti, i giudici che proteggono la legge manterrebbero una maggioranza di 5 a 4. C’è però da considerare l’età di alcuni dei togati liberal, prossimi ad un possibile ritiro: Ruth Bader Ginsburg ha ormai 83 anni, Breyer ne ha 78, il conservatore moderato Kennedy 80. Se dovessero lasciare la Corte Suprema, la posizione dei nuovi giudici scelti da Trump potrebbe prevalere.
Nonostante la minaccia, ci sono altri due freni al ribaltamento della legge, dice Julie Rikelman del Center for Reproductive Rights. Intanto presentare un caso alla Corte Suprema, ed essere presi in considerazione, non è così facile. In secondo luogo la sentenza Roe vs Wade ha costituito un precedente per più di 40 anni e rimane quindi molto improbabile che la Corte riveda la sua posizione. Potrebbe essere però più mite nei confronti di nuove leggi statali che limiterebbero il diritto all’aborto, rendendo più difficile ottenere l’interruzione, come leggi contro cliniche specializzate, il divieto di alcuni tipi di pratiche, periodi di attesa obbligatori.
Se invece ci riuscissero toccherebbe agli stati decidere, e non pochi opterebbero per il divieto. Secondo il Guttmacher Institute, istituto di ricerca americano impegnato sul fronte della salute e dei diritti riproduttivi, sarebbero 19 gli Stati con politiche di restrizione del diritto all’aborto.
C’è chi ha leggi che, in caso di rovesciamento della sentenza, proibirebbero l’aborto (Louisiana, Mississippi, Nord e Sud Dakota), c’è chi farebbe rientrare in vigore i divieti pre-Roe, ora mantenuti ma non applicati, e chi spingerebbe le limitazioni al massimo. Il tutto creando ampie fasce di stati confinanti in cui ottenere un’interruzione di gravidanza legale diventerebbe un’impresa. Mentre Trump di fronte all’eventualità alza le spalle, molte donne non potranno permettersi il costo del viaggio e della procedura.
Le minacce alla salute riproduttiva delle donne continuano con la coppia Trump-Pence.
I Repubblicani, dopo vari tentativi, potrebbero riuscire a togliere i fondi federali a Planned Parenthood, l’organizzazione americana che da cent’anni si occupa di fornire assistenza sanitaria alle donne, dagli anticoncezionali ai pap-test ad un accesso sicuro all’aborto.
Quello che i conservatori difendono con forza è l’Hyde Amendment, che impedisce di utilizzare i fondi di Medicaid per i servizi relativi all’interruzione di gravidanza, andando a colpire, ancora una volta, le donne appartenenti alle fasce meno abbienti.
Per tutta risposta l’associazione sta ricevendo un’ondata di donazioni, molte delle quali fatte a nome di Mike Pence. Vorremmo tutti vedere la faccia del prossimo Vicepresidente, evangelista e pro-life spinto, quando riceverà i tanti attestati di ringraziamento.