[dropcap size=big]U[/dropcap]na settimana nei centri d’accoglienza profughi ad Atene e Salonicco: la quotidianità dei volontari, le vite dei migranti, gli ingranaggi delle politiche d’accoglienza — sono storie di porte chiuse.
[divider]Giorno 1[/divider]
Una giornata nel campo profughi di Kalochori, a ovest di Salonicco
Il campo di Kalochori si trova poco fuori Salonicco nell’area industriale della città. La vita quotidiana procede lenta nel campo profughi, tra corsi di cucito gestiti dai volontari e attività commerciali improvvisate. C’è chi sogna la Germania, e chi vorrebbe tornare in Siria.
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[divider]Giorno 2[/divider]
Il campo profughi di Vasilika: un modello da seguire
Il campo di Vasilika si trova nell’entroterra, verso il confine con la Calcidica. Ospita circa 1000 profughi curdi e arabi, provenienti per la maggior parte dal campo di EKO station smantellato a giugno.
È un enorme limbo in cui tutti aspettano, sia profughi che volontari. “È la burocratizzazione delle procedure che rallenta gli interventi dell’UNHCR. C’è una falla nella gestione a livello politico, non umanitario,” ci spiega un volontario.
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[divider]Giorno 3[/divider]
La vita dopo il campo: storia di Nur e Tareq
Abbiamo incontrato Nur e Tareq, una coppia di profughi siriani in attesa di ricollocamento. Vivono a Salonicco in un appartamento fornito dal governo greco.
Tareq racconta che arrivato a Salonicco è stato inserito nel campo di Oreokastro, dove le condizioni sono disastrose. “Di fronte al campo c’è una strada molto grande e le macchine passano velocissime: settimana scorsa hanno investito e ucciso una mamma e un bambino, senza fermarsi.”
Vittorio Fera e Francesco Esposito: l’importanza della solidarietà
Vittorio Fera è un ragazzo di trentatré anni cresciuto in Brianza. Oggi è volontario in Grecia per Speranza — Hope for Children. Francesco Esposito, di Tilt, lo ha raggiunto per assistere l’associazione.
Il campo è una sorta di simulacro di città dove non c’è la possibilità di avere un lavoro, dei sogni, delle aspirazioni — tutto resta ancorato alla speranza nella liberazione della Palestina, o di poter scappare all’estero e avere una nuova opportunità di vita.
[divider]Giorno 4[/divider]
Dopo il campo di Ritsona: storia di Mohammed e Maysam
Il governo greco insieme a UNHCR, l’Alto Comissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ospita famiglie vulnerabili di profughi in appartamenti liberi sparsi sul territorio.
“Non c’è niente vicino al campo, abbiamo vissuto cinque mesi nelle tende, faceva molto freddo e c’erano tanti serpenti.”
[divider]Giorno 5[/divider]
Grecia: profughi costretti a prostituirsi per sopravvivere
Prostituirsi per sopravvivere. Questo è quello che succede in Grecia, a poca distanza dall’Italia.
[divider]Giorno 6[/divider]
Atene anarchica — La polizia non entra a Exarchia
Exarchia è un quartiere di Atene considerato zona franca per i centri sociali. Al suo interno vivono numerose realtà di assistenza ai profughi — una alternativa ai campi militari.
“È un quartiere pericoloso dove la polizia non entra,” ci racconta un ragazzo locale.
[divider]Giorno 7[/divider]Le periferie di Atene non possono rispondere all’emergenza rifugiati
A 30 chilometri da Atene, nella periferia sud, è stato costruito nel 2001 il nuovo villaggio olimpico della capitale che oggi ospita circa 600 profughi.
Molte famiglie non credono più alle promesse e l’attesa sta diventando deleteria: per quanto possano essere assistiti all’interno dei campi gran parte di loro sta decidendo di tornare indietro.
Presto inizieranno a riprendere contatti con gli smuggler che li hanno portati in Grecia e li pagheranno per ritraghettarli verso l’inferno, perché quello che hanno raggiunto non è di certo il paradiso, ma un limbo di eterna attesa.