In Somalia si muore di fame
Il numero di persone colpite dalla carestia è aumentato notevolmente da febbraio raggiungendo la soglia dei cinque milioni. La situazione è stata esacerbata dal conflitto fra il gruppo armato terroristico di al-Shabab e il governo somalo, appoggiato dalle Nazioni Unite.
Le Nazioni Unite hanno pubblicato un comunicato stampa in cui annunciano che oltre 5 milioni di persone soffrono la fame in Somalia.
Questo significa che circa il quaranta per cento della popolazione non ha da mangiare a sufficienza. I dati includono 300.000 bambini malnutriti sotto i cinque anni, di cui 50.000 lo sono gravemente.
Il numero di persone colpite dalla carestia è aumentato notevolmente da febbraio raggiungendo la soglia dei cinque milioni. La situazione è stata esacerbata dal conflitto fra il gruppo armato terroristico di al-Shabab e il governo somalo, appoggiato dalle Nazioni Unite.
Il problema della carestia si aggiunge a una situazione precaria contrassegnata da diverse problematiche come la siccità, il pericolo di allagamenti, il conflitto e il numero di rifugiati somali costretti a fare ritorno nel Paese.
Diecimila persone che vivevano nel campo profughi di Dadaab, in Kenya, sono tornate in Somalia, perché il governo keniota ha affermato la propria volontarà di chiudere il campo entro novembre. Dadaab è il campo profughi più grande al mondo e ospita oltre 300.000 persone, di cui la maggior parte sono somali. Questo campo è stato utilizzato come base dal gruppo di al-Shabab per pianificare gli attacchi terroristici in Kenya e, infatti, il governo di Nairobi ha deciso di chiudere il campo proprio per questo fatto.
Il Kenya ospita oltre 600,000 rifugiati. Nonostante circa 22,000 somali abbiano deciso di tornare in patria per la notizia dell’imminente chiusura del campo, altri migranti hanno raggiunto Dadaab e si contano quasi 9,000 nuovi arrivi dal Sud Sudan.
Moltissimi rifugiati, una volta tornati in patria, non hanno ricevuto una assistenza adeguata e si sono dovuti spostare in altri campi profughi interni al Paese per poter sopravvivere.
Oltre un milione di profughi interni — i cosiddetti IDPs (internally displaced persons) — sono molto vulnerabili e si stima che la carestia colpisca principalmente loro.
Il 58% della popolazione che non ha cibo a sufficienza, infatti, è costituita dagli IDPs, molti dei quali vivono in condizioni spaventose, in accampamenti sparsi all’interno del Paese, e sono vittime di violenze, discriminazioni e violazioni dei diritti umani.
I profughi interni sono stati collocati nell’area centrale della Somalia, dove le scarse precipitazioni hanno fatto in modo che la produzione di cereali fosse fortemente ridotta. La carestia si fa sempre più grande.
La situazione è peggiorata anche a causa di La Nina, un fenomeno metereologico che causa l’abbassamento delle temperature nella zona equatroriale dell’Oceano Pacifico. La Nina ha colpito la Somalia fra ottobre e gennaio, contribuendo ad accorciare la stagione delle piogge, e di conseguenza la produzione si è ridotta.
La Somalia è al collasso. Il presidente Siyad Barre è accusato di aver contribuito alla divisione della popolazione in clan, su base etnica. Il conflitto con i gruppi armati ha causato un forte aumento di violenza. I signori della guerra, a capo delle diverse fazioni, sono responsabili di saccheggi, rapimenti e traffico illegale di armi e droga.
Le cause del conflitto sono interne al Paese e perdurano da anni, proprio per questo è difficile modificare la situazione attuale, connotata da una forte violenza che è passata da essere un mezzo a un fine, a un meccanismo naturale.
La Somalia, per questi motivi, è uno dei principali Paesi da cui provengono i migranti in Europa, proprio per la sua instabilità. E la carestia, non ha fatto altro che peggiorare la situazione.