Louise Delage, quando l’alcolismo fa tendenza

La campagna Like my addiction dimostra che è possibile fare sensibilizzazione contro l’abuso di alcolici online, ma evidenzia anche molte problematicità.

Louise Delage, quando l’alcolismo fa tendenza

Louise Delage è una ragazza parigina di 25 anni. Ha aperto un account Instagram ad agosto 2016 per usarlo esattamente come lo usiamo tutti. Da allora ha postato circa 150 post, tra video e foto, che la ritraggono in vacanza, tra cene con gli amici, spiagge assolate e freschi aperitivi estivi — per poi arrivare a settembre con le cene sui tetti di Parigi.

La costante che caratterizza il suo account è la perenne presenza di alcolici nelle foto postate: un rosè, un drink, una lattina di Heineken, e così via.

Impossibile non notarlo. Da account di una ragazza qualunque molto bella e con una vita invidiabile, sembra quasi diventare l’account di una fashion blogger che promuove l’alcool.

La cosa grave è che facendo da sottofondo, ma allo stesso modo da filo conduttore, la bottiglia perde quella connotazione negativa attribuitale dalla società a cui siamo abituati e diventa normale quotidianità.

Con il passare dei giorni, in tre mesi, i follower sono saliti a 76,6mila. Ma sono aumentate anche le perplessità: un utente commenta “Again …bottle in the hand ..baby i think is time for REHAB …Good Luck ??”

Qualcuno inizia a sospettare sia un esperimento di denuncia, una pubblicità progresso, altri utenti lanciano il gioco “trova il bicchiere” e nelle poche foto in cui non compare ipotizzano che la ragazza sia in hangover, altri si lanciano in consigli enologici e parte la diatriba tra vini italiani e vini francesi, altri domandano direttamente, “Ma sei alcolizzata?”

Poi il 2 settembre il segreto viene svelato tramite un video dal titolo “Like my addiction”: uno slideshow dei post di Louise mette in evidenza quel fil rouge che 50mila followers avevano già notato nei due mesi di attività dell’account. La campagna è stata promossa dalla compagnia Francine Framboise per Addict Aide allo scopo di sensibilizzare i giovani sull’abuso di alcolici.

Addict Aide aiuta le persone che eccedono nel consumo di alcool o che sono preoccupate per i propri amici.

La direttrice del progetto Stéphane Xiberras ha affermato: “Siamo stati informati sulla difficoltà di rilevare la dipendenza di qualcuno vicino a voi, un amico, un figlio o un genitore, dunque abbiamo pensato che un modo interessante per dimostrarlo poteva essere quello di creare una persona inconsapevole della sua dipendenza, tramite la creazione di un account Instagram falso.”

In totale le interazioni sono state 500mila tramite Instagram, YouTube, Facebook, e messaggi — tutto utilizzando i social network e quindi a costo zero.

In Italia

Secondo i dati Istat, tra il 2005 e il 2014 la percentuale dei consumatori giornalieri di bevande alcoliche scende dal 31% al 22,1%. Aumenta, invece, la quota di quanti consumano alcol occasionalmente (dal 38,6% al 41%) e quella di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 25,7% al 26,9%).

Nel complesso, i comportamenti di consumo di alcol che eccedono rispetto alle raccomandazioni di medici e genitori riguardano 8 milioni e 265 mila persone (15,2% della popolazione, dal 15,9% nel 2013). Tra questi troviamo molti giovani tra i 24 e i 28 anni che sono tra i più a rischio per la diffusione della pratica del binge drinking: una tendenza a bere esageratamente la sera con gli amici. L’ultimo report dell’Istat sostiene che il 14,5% dei giovani (21% dei maschi e 7,6% delle femmine) è coinvolto in questa pratica.

Inoltre, come recentemente affermato dal Ministero della Salute, i giovani che iniziano a bere prima dei 16 anni hanno un rischio 4 volte maggiore di sviluppare alcoldipendenza in età adulta.

Ma questi dati non vengono forniti dalla campana “Like my addiction,” non vengono riportate informazioni sulle conseguenze dell’abuso, tantomeno viene presentata un’evoluzione che denunci la dipendenza: Louise è una bella ragazza che si gode la vita tra gli amici e qualche drink dalla prima all’ultima foto, non ci sono foto di lei sfatta, in hangover o in rehab.

Quindi quanto funziona una campagna di sensibilizzazione contro l’abuso di alcolici tra i giovani tramite quelle immagini che piacciono proprio ai giovani?

I due ricercatori Hanna R. Hamilton e Tracy DeHart hanno pubblicato uno studio che prova la connessione tra bassa autostima e la quantità di alcol consumato — 11 drinks per gli studenti con bassa autostima rapportato a una media di 6 per gli studenti più sicuri.

Il nesso tra bassa autostima e abuso di alcol inficia ancora di più questa campagna: di certo chi ha poca autostima non verrà invogliato a smettere di bere grazie alle foto di una bellissima ragazza, socievole, sorridente e circondata da amici.

Un altro aspetto fallimentare della campagna è dato dal tono moralista che non tiene conto che le nuove generazioni su cui sono state fatte queste indagini sono molto più informate rispetto alle precedenti sui rischi che corrono. A maggior ragione, moralismo e allarmismo sui rischi dell’abuso di alcol, come per il tabacco, non hanno più successo — soprattutto oggi che l’alcol per i giovani non è più trasgressione, ma anestetico nei confronti della vita. Si tratta di una dipendenza ben più radicata nel disagio di una generazione precaria, cresciuta con il fantasma della crisi e della disoccupazione.  Ma in questa campagna non si parla di tutto ciò, non si denuncia l’abuso, bensì l’uso ricreativo di un buon bicchiere di vino francese in compagnia degli amici.