Sapreste cosa lasciare di voi una volta che non ci sarete più?
La consuetudine a condividere ogni momento della vita sui social network ha sovvertito la priorità di ciò che va custodito e ciò che semplicemente interessa?
Dall’urgenza di queste domande è nato Dontshare, uno spazio di sedimentazione in cui selezionare, raccogliere e custodire ricordi, pensieri, immagini e video, con l’obiettivo di lasciare un manifesto della propria vita.
“L’idea nasce da un funerale a cui ho partecipato. Per essere più precisi, dalla sollecitazione che ho ogni volta che partecipo a un rito funebre: vivo veramente con angoscia l’assenza della persona, la lacerazione e il distacco mi hanno sempre ossessionato. Questo mi ha fatto pensare se mai potesse esserci un modo per gestire il congedo,” è quanto mi dice Mauro Mercatanti, fondatore della società di comunicazione Ideificio e mente dietro al progetto.
“Ho pensato che gli strumenti del digitale, dei social network, potevano essere utilizzati per una finalità completamente opposta,” continua Mauro, “quella appunto di selezionare e produrre contenuti che non sono destinati alla condivisione in tempo reale ma ad essere tramandati.”
Una volta sviluppata l’idea alla base di Dontshare, era necessario trovare dei partner che supportassero la parte tecnologica, e li ha trovati nelle società Provantia e da Ideaas.
“Io ho sempre cercato di tener ben fermo il piano filosofico del tutto: la sfida culturale a questa grande rimozione, di cui non si può parlare nemmeno per scherzo, e che si porta dietro una grande superstizione… Noi di Dontshare pensiamo che guardare questa cosa in faccia possa farci molto bene.”
Mauro e il suo team si sono posti tre obiettivi: innanzitutto sviluppare il progetto per renderlo personalizzabile, in modo che ognuno lo possa usare per gli scopi più svariati ― “chi per raccontare al figlio i primi anni di vita e affidargli il contenuto quando ha 10 anni, oppure gli innamorati che vogliono ricavarsi uno spazio, o le aziende. Le linee di sviluppo sono queste.”
In secondo luogo, internazionalizzarlo: “È un problema che abbiamo tutti e quindi vorremmo riuscire a trovare tempo, capitale e opportunità di diffondere il progetto all’estero,” dice Mauro, e aggiunge “mi piacerebbe trovare anche dei partner, ad esempio delle assicurazioni, che vogliano inserire nei loro pacchetti vita oltre la polizza che ti garantisce il lascito del denaro anche una scatolina Life Deposite Box che ti permette di lasciare ai tuoi cari pensieri, emozioni e altri contenuti che non siano solo il conquibus.”
Un contributo importante al progetto è anche quello della filosofa Laura Campanello, che vanta un’esperienza decennale nel campo delle cure palliative, della malattia e del lutto.
“Fondamentalmente lavoro con pazienti terminali e quindi di conseguenza anche con persone in lutto, perché purtroppo quando subentra la morte lavoro con i parenti.”
Laura definisce il suo approccio “esistenziale, non psicotarapeutico in senso stretto, ed è una delle cose che mi ha avvicinato a Mauro: avevo saputo che stavano avviando questo progetto e mi è sembrato assolutamente pertinente rispetto a un vuoto culturale enorme che anche all’interno delle cure palliative si sente, perché per quanto ci sia estrema sensibilità si arriva sempre un pochino tardi. Quindi questa idea di cominciare prima, in tempi non sospetti, ad occuparsi della propria vita ed eventualmente di un addio, l’ho trovata geniale.”
Laura lavora con loro da un anno e mezzo e cura Dontblog, “nato con l’idea di mantenere viva un certo stimolo sia culturale sia di rete con altri siti che si occupano di questi temi.”
Da quando Dontshare è partito in fase beta, Laura ne ha proposto l’utilizzo a due pazienti e “lo hanno trovato geniale, mi hanno detto che avrebbero voluto incontrarlo prima e lo hanno usato volentieri, perché è di grande conforto per chi muore l’idea di lasciare pietre miliari, oggetti, lettere volontà ― come le direttive anticipate di trattamento ― che possono essere custodite nella cassetta. Per un paziente terminale è un atto estremamente confortante e protettivo.”
Ricordando i cari di questi suoi due ex-pazienti, aggiunge: “Ritrovare le tracce vive di chi ha pensato a te prima di morire, è la cosa che lenisce di più in assoluto il dolore di un lutto.”
So perfettamente cosa vuole dire. Quando mio padre è morto, senza alcuna sorpresa, nel maggio 2014 ho organizzato per lui un funerale che celebrasse quanto fosse stato amato in vita piuttosto che compianto nella morte. E stranamente è stata una bella giornata. Lo conoscevo bene e non ho mai avuto dubbi su cosa avesse voluto per la sua morte, certo è che mi sarebbe piaciuto svegliarmi in una delle tante giornate tristi che sono seguite al suo funerale e aprire il suo cassetto dei ricordi.