La legalizzazione americana ha un problema razziale
Secondo il report dell’American Civil Liberties Union gli afroamericani hanno una probabilità di essere arrestati quattro volte maggiore rispetto ai concittadini statunitensi bianchi.
Dopo la legalizzazione della cannabis per uso ricreativo in quattro stati — Alaska, Colorado, Oregon e Washington — e per uso terapeutico in altri sedici, gli Stati Uniti rappresentano l’avanguardia economica e legislativa in fatto di legalizzazione.
Con l’approvazione nel 2012 del Colorado Emendment 64, l’America ha definitivamente aperto gli occhi riguardo alle implicazioni dell’uso, e quindi vendita, di marijuana. Nel febbraio 2015 lo stato del Colorado ha pubblicato il resoconto dell’indotto generato nel 2014, primo anno di vendita legale, dal settore: il guadagno in tasse è stato di 44 milioni di dollari, arrivato a 135 nel 2016.
La green rush sta contagiando lentamente tutti gli starti della popolazione – dai più conservatori, ai meno interessati nell’uso ricreativo ma ben disposti alle potenzialità mediche. Il 53% degli americani è infatti a favore della legalizzazione, ribaltando i dati del 2006 che davano i favorevoli solo al 32%. E, con le elezioni presidenziali alle porte, una nuova ondata di emendamenti si prospetta in favore dell’industria dei cannabinoidi. Primo della lista il Nevada con 170,000 mila firme raccolte rispetto alle 100,000 richieste per l’approvazione dell’uso ricreativo e un medical marijuana program già avviato; segue la California in cui l’uso medicinale è presente dal 1996, ma che dal 2016 dovrebbe finalmente porre un freno alla mancanza di controllo statale sull’industria.
Ai vantaggi economici, si sommano quelli sociali. Dall’approvazione dell’emendamento in Colorado i crimini violenti sono diminuiti del 2,2%, i furti del 9,5% e in generale i crimini legati a proprietà private sono calati del 8,9%. Di conseguenza, gli arresti per spaccio di marijuana sono scesi dell’84% — con un risparmio per il sistema giudiziario di circa due milioni di dollari.
I numeri parlano da soli, i vantaggi dell’apertura al mondo della cannabis per uso terapeutico e ricreativo sono pressoché immediati. L’industria sembra accontentare tutti: il cliente, il produttore, il legislatore e il cittadino.
Ma in questo mosaico di emendamenti, inizia a intravedersi una verità più amara: la legalizzazione in America è razzista.
Il Sistema
Per ottenere una licenza in uno degli stati in cui la vendita di marijuana è stata legalizzata, il richiedente non deve avere sulla fedina penale reati legati all’uso o spaccio di droga; il divieto è esteso a qualsiasi tipo di lavoro che sia legato ai distributori, quindi coltivazione, lavorazione o vendita. Ed è qua che entra in gioco la questione razziale.
Tra il 2001 e il 2010 oltre otto milioni di persone sono state arrestate per crimini legati all’uso di marijuana (circa uno ogni 37 secondi), e sebbene l’uso di erba tra bianchi e persone di colore sia uguale, gli afroamericani hanno — secondo il report dell’American Civil Liberties Union — una probabilità di essere arrestati quattro volte maggiore. E anche con una fedina penale pulita il coinvolgimento nel settore della cannabis richiede un investimento iniziale di circa un quarto di milione.
Come scrive Amanda Chicago Lewis nel suo reportage per BuzzFeed How black people are being shut out of America’s weed boom:
“Legalizzare la marijuana suona rivoluzionario, ma ogni giorno che passa, la stessa classe di ricchi uomini bianchi che controllano tutte le altre industrie stanno stringendo la loro presa sul settore, comprando licenze immobiliari e preparando un colpo di fortuna. Vantaggio della prima mossa lo chiamano. Ciò significa che chi non fa il rischioso salto per violare la legge federale e mettersi in gioco, sarà lasciato fuori per sempre. In pochi anni, quando la ruberia di terra sarà finita, l’industria della cannabis potrebbe diventare un altro esempio nel ciclo senza fine dell’America fatta di ingiustizie economiche a sfondo razziale.”
C’è però chi non si arrende davanti a questo sistema che favorisce i bianchi e pone ostacoli alle persone di colore. È il caso di Wanda James, dirigente aziendale, imprenditrice, ufficiale militare, ristoratrice, membro del comitato finanziario nazionale del presidente Barack Obama e, dal 2009, prima donna afroamericana a possedere la licenza per un dispensario in Colorado.
Ma il problema sembra proprio questo, la grande disparità di risorse e opportunità che la legalizzazione ha introdotto nel sistema economico e sociale americano. Come afferma Wanda in un’intervista: “È assurdo che un americano in Colorado diventi un miliardario per la vendita di 25 libbre di cannabis al mese e un americano in Alabama ottenga una pena detentiva per la vendita di qualche grammo d’erba. Il tuo codice postale in America, in questo momento, determina se sei un criminale o un miliardario, il che è disgustoso.”