L’aumento dei prezzi di Uber durante l’esplosione a New York
La start up californiana è stata duramente criticata per aver applicato il “surge pricing” ai cittadini che cercavano di mettersi in salvo il più in fretta possibile.
Quando, verso le 20.30 locali di sabato, tra la 27esima e la 23esima strada di Manhattan è esploso l’ordigno artigianale che avrebbe ferito 29 persone, nei dintorni dell’isolato si è comprensibilmente scatenato il panico. Spaventati dalla forte esplosione, i passanti hanno cominciato a correre per cercare di mettersi in salvo.
https://www.youtube.com/watch?v=H49qdmvHavE
Mentre diverse linee dei mezzi pubblici erano chiuse per l’emergenza, molti hanno pensato di sfruttare i passaggi di Uber per tornare a casa più in fretta — ma hanno trovato le tariffe del servizio di car-pooling urbano maggiorate di quasi il doppio.
Subito si sono moltiplicate le proteste su Twitter: l’azienda californiana è stata accusata di voler monetizzare l’emergenza, approfittando della situazione di eccezionalità provocata dall’attentato (la cui matrice, ad oggi, non è ancora chiara). La notizia è rimbalzata sul Sun, e l’indignazione è stata tale da spingere Uber a correre ai ripari, annullando tempestivamente l’aumento dei prezzi nell’area di Chelsea.
https://twitter.com/Uber_NYC/status/777322948810182660
Ma come funzionano i prezzi di Uber?
In realtà il surge pricing è un meccanismo che fa parte del normale funzionamento dell’app, e si fonda sulla basilare legge della domanda e dell’offerta: quando in strada ci sono più potenziali passeggeri che guidatori, l’algoritmo di Uber alza i prezzi per incentivare altri guidatori a riequilibrare l’offerta (o per scoraggiare qualche passeggero). Così, i prezzi per i passaggi non sono fissi ma variabili — o dinamici, come preferisce definirli l’azienda. Talvolta molto dinamici, al limite della speculazione: una giornalista del New York Times fa l’esempio di uno stesso tragitto costato prima 13 e poi 47 dollari, con un tasso di volatilità molto elevato anche da un minuto all’altro, virtualmente senza limiti.
La pratica del surge pricing è molto poco apprezzata dagli utenti — evidentemente insensibili al fascino dell’economia classica — al punto che, nel prossimo aggiornamento dell’app, il moltiplicatore della tariffa non dovrebbe essere più esplicitamente mostrato agli utenti, che vedranno soltanto il prezzo finale del viaggio: meno shock psicologico per l’utente, al prezzo, però, di una minore chiarezza.
Proprio a New York, nel 2014 Uber ha siglato con le autorità locali un accordo per bloccare il surge pricing nel caso di situazioni di emergenza — come una tempesta di neve particolarmente intensa o un attentato terroristico. Non solo: la start up si era impegnata in quell’occasione anche a donare la propria percentuale di guadagno (20% per ogni passaggio) in caso di emergenza alla Croce Rossa americana.
Il meccanismo era stato infatti duramente criticato per essere entrato in funzione durante l’uragano Sandy e durante la sparatoria in un locale di Sydney a fine 2014 — per cui i vertici di Uber si erano scusati.
A Nuova Delhi le autorità sono state decisamente più tranchant, impedendo del tutto l’applicazione delle oscillazioni di prezzo ad aprile di quest’anno.
Per qualche ragione, l’esplosione di sabato sera non è stata immediatamente riconosciuta come una situazione di emergenza, e ci sono volute le proteste degli utenti indignati per spingere Uber a bloccare il surge pricing.