Negli ultimi anni si parla sempre di più del porno femminile e femminista, a partire da Erika Lust, regista di film erotici female friendly incentrati sulla ricerca del piacere femminile e veicolanti una concezione del sesso inteso come rispetto reciproco. Nel TED Talk che la vede protagonista, la “Wes Anderson del porno” spiega minuziosamente il suo proposito:
I tempi sono cambiati, il ruolo della donna nella società è cambiato, è tempo che anche il porno, un prodotto tradizionalmente pensato ad uso e consumo prettamente maschile, cambi radicalmente.
I film di Erika Lust, oltre ad essere indubbiamente eleganti — ebbene sì, è possibile utilizzare l’aggettivo “elegante” associato a un porno — hanno anche una finalità istruttiva, in quanto, come spiega la regista sempre alla platea di TED, “molti adolescenti guardano i porno ben prima di avere rapporti. Il porno è l’educazione sessuale di oggi, e sta influenzando la nostra educazione di genere”. Una pornografia scadente, eticamente sbagliata e maschilista diventa dunque dannosa per l’intera società, in primis per la donna, dipinta nel porno come sottomessa, umiliata, concentrata spasmodicamente solo sul piacere maschile.
Erika Lust è, attualmente, il nome più noto della pornografia femminista, ma non l’unico. Degno di nota è di certo Dirty Diaries, una collezione di dodici corti pornografici diretti da altrettante registe svedesi. La collezione, distribuita in DVD nel settembre del 2009, fece scandalo non solo per il contenuto pornografico, ma anche perché fu finanziata dallo Swedish Film Institute, a sua volta finanziato direttamente dallo stato. Elwin Frenkel, direttore dello SFI rispose alle critiche spiegando di aver scelto di finanziare Dirty Diaries non in quanto opera pornografica, ma in quanto film erotico veicolante una nuova visione della sessualità femminile.
Un altro caso contestato fu quello di XFemmes, serie televisiva soft porno francese diretta da registe donne e prodotta da Canal +. La serie, divisa in due stagioni e messa in onda in seconda serata sullo stesso Canal +, fu anche ospitata al Festival di Cannes nel 2009.
Il porno femminista, insomma, è una realtà in evoluzione già da una decina d’anni, e nemmeno troppo nell’ombra.
La risposta italiana a una nuova pornografia è il collettivo artistico “Le Ragazze del Porno”, un gruppo di registe, attrici, scrittrici e artiste che coopera con la finalità di diffondere una diversa e nuova concezione della pornografia.
Che il sesso e la sessualità siano – almeno in Italia – ancora questioni complesse da trattare risulta abbastanza evidente; così come abbastanza evidente risulta il fatto che gli italiani abbiano un macroscopico, evidentissimo e profondissimo problema con il sesso.
Durante la prima serata di proiezioni degli ultimi due corti delle Ragazze del Porno, “Queen Kong” e “Insight”, il 14 settembre scorso durante il Milano Film Festival, la sala di BASE è stata presa d’assalto. Posti a sedere esauriti, posti in piedi pure, ragazzi della sicurezza in evidente imbarazzo nel dover respingere gran parte della folla – perché di una vera e propria folla si trattava – accalcata fuori dalle porte della sala.
Sarebbe bello pensare che questa grandissima affluenza fosse dovuta prettamente all’interesse per il porno femminista, di cui in Italia si parla molto poco e sempre con un mal dissimulato imbarazzo. Sarebbe bello pensare che, improvvisamente, tutti quanti si fossero interessati alla sessualità femminile, vista non più come un tabù.
Sarebbe bello, sì, ma, ahimè, buona parte delle persone presenti in sala durante la proiezione sono scappate appena dopo i titoli di coda, disinteressate all’incontro con le registe, un momento finalizzato alla spiegazione delle opere e alla filosofia del porno femminista.
“Non vogliamo rappresentare un tipo di donna o sessualità, vogliamo parlare di esseri umani”, spiega la regista Lidia Ravviso. E, in effetti, i corti presentati sembrano dedicarsi maggiormente a una riflessione psicologica attorno all’atto sessuale, che a una effettiva esplorazione del piacere femminile.
È abbastanza significativo che, nel corso della serata, le registe abbiano più volte sottolineato un concetto che in altri Paesi è ormai dato per scontato: non solo le donne possono legittimamente guardare i porno online, ma, tenetevi forte, già lo fanno, e lo fanno scientemente, scegliendo quali porno guardare e quali no a seconda dei propri gusti — come mostra il grafico di Porn Hub circa le categorie più cercate dalle donne nel mondo (se pensavate che la cortina di ferro fosse ormai cosa passata, è evidente che vi sbagliavate)
La pornografia, soprattutto quella eticamente corretta, non è peccato. Il sesso e la sessualità sono aspetti complessi della vita psicologica di un individuo, e vanno capiti e affrontati, non celati dietro un ormai desueto e nocivo “buon costume”.
Ci sarebbe da domandarsi il perché di una così forte affluenza a BASE durante i corti delle Ragazze del Porno. Forse il punto della questione è che un corto pornografico inserito nel cartellone di uno dei festival più gettonati di Milano, per la visione del quale bisogna pagare un biglietto come per una qualsiasi proiezione cinematografica, viene in qualche modo legittimato agli occhi del pubblico. È tutto legale, è tutto socialmente accettabile e accettato, tutto pulito.
Parlare di sesso in Italia fa ancora paura, e per parlare liberamente di sessualità femminile bisogna prima riuscire a debellare completamente questo tabù, una battaglia che va intrapresa sia dalle donne — indubbiamente le più colpite — sia dagli uomini, nel reciproco rispetto delle parti, come il porno di Erika Lust e delle altre registe femministe vorrebbe insegnare.