Dopo le critiche al Regno Unito esposte da Oxfam in occasione del secondo convegno degli Stati firmatari dell’Arms Trade Treaty, continua il breve esame di coscienza occidentale sulla guerra che consuma lo Yemen dallo scorso marzo 2015.
Nella sera di giovedì 25 agosto l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato un nuovo drammatico report sulle condizioni in cui versa il Paese.
Nell’ultimo anno e mezzo è stimato siano morti 3799 civili nel conflitto: più di sette milioni e mezzo di persone soffrono di malnutrizione e tre milioni sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Metà di queste persone sono donne e bambini.
I dati tuttavia potrebbero non essere affidabili, e le cifre ancora più alte: la commissione locale inviata dalle Nazioni Unite sta infatti incontrando profonde difficoltà nello svolgere il proprio obiettivo di monitoraggio. Il report non conteggia in nessun modo le vittime tra marzo e inizio luglio dello scorso anno, e si ferma allo scorso 30 giugno.
Il conflitto vede opposte le forze leali al presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi e le forze Huthi, un gruppo armato sciita. Gli Huthi sono avanzati rapidamente nella prima metà del 2015, finché le forze filogovernative non hanno ricevuto pesanti rinforzi dall’Arabia Saudita, che ha iniziato a bombardare con regolarità le forze ribelli. Nel mezzo dello scontro, hanno potuto farsi largo il distaccamento locale di al-Qaeda, Ansar al-Sharia, e il cosiddetto Stato Islamico.
Dallo scorso agosto, per ormai un anno, la città di bassa montagna di Taiz è completamente bloccata dall’assedio tra le due forze. Dopo severi problemi di disponibilità alimentare, nel corso dell’anno i malati hanno ampiamente superato la disponibilità degli ospedali locali, ma i pazienti non possono essere trasferiti in nessun modo.
L’Alto Commissario stesso, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha chiesto che le forze trovino un accordo per interrompere immediatamente gli scontri, ma allo stesso tempo ha dichiarato che l’ONU attiverà nuovi programmi — ancora da definire — per sostenere la popolazione vittima del conflitto, evidentemente conscio di quanta voce in capitolo abbiano le Nazioni Unite in merito: zero.