Alla fine Babylon non chiude, ma la Rai rimane un vespaio

Dietrofront di Radio 2 sulla chiusura di alcuni programmi storici, annunciata nei giorni scorsi. Ma resta infervorato il dibattito sulle nuove nomine in Rai.

Alla fine Babylon, il programma di Radio 2 di cui deploravamo l’improvvisa chiusura pochi giorni fa, sarà riconfermato a settembre. Anche in questo caso l’annuncio è stato dato dalla pagina Facebook della trasmissione, con un breve post di ringraziamento all’emittente e agli ascoltatori che avevano vivamente protestato contro la chiusura.

Anche Carlo Pastore rilancia il post, non specificando bene cosa sia successo e quale sia il motivo di quest’altalena:

(Ci auguriamo che le dosi siano solo di follia)

A tarda notte di giovedì si era pronunciato per la prima volta lo stesso Carlo Conti, invitando ad aspettare la pubblicazione ufficiale dei palinsesti di Radio Rai e a non diffondere notizie non verificate. Il neo direttore artistico della rete è stato bersaglio in questi giorni di violente critiche, per la chiusura non soltanto di Babylon ma anche di MU — programma musicale condotto da Matteo Bordone, sempre su Radio2 — e soprattutto per quella di 610, la storica trasmissione comico-demenziale di Lillo e Greg.

Nel post, Conti esplicitamente riconferma MU e Babylon, mentre la continuazione di 610 era stata annunciata da Radio2 su Facebook già la sera di martedì 2.

Insomma, tutto rientrato (o quasi tutto, dato che lo stesso Carlo Conti parla dell’incerta riconferma di Max Giusti e Giovanni Vernia). Difficile dire se sia stato effettivamente un falso allarme — come suggerisce Conti, che velatamente se la prende con gli autori e speaker dei programmi incriminati, che non sarebbero sempre in “stretto contatto con gli agenti che trattano per loro compensi e spazi” — o se si sia trattato di un precipitoso dietro-front dell’emittente.

Un sospetto in quest’ultimo senso sarebbe motivato dalle mancate smentite immediate della direzione Rai. Carlo Conti dice di non aver voluto intervenire perché “non mi piacciono le polemiche e preferisco la concretezza dei fatti,” ma una sua precisazione tempestiva sarebbe stata sufficiente a mettere immediatamente fine al polverone che si è sollevato.

In un’intervista, Carlo Pastore aveva dichiarato che la direttrice di Radio2 Paola Marchesini gli aveva confermato che non ci sarebbe stato più posto per Babylon nel palinsesto dell’anno prossimo. Lillo e Greg, invece — secondo quanto riporta Repubblica — sarebbero stati più che disponibili ad accettare uno spostamento al weekend, mentre la rete in prima battuta aveva motivato proprio con il loro rifiuto la ragione della (momentanea) chiusura. Quel che è certo, insomma, è che c’è stato un grosso problema di comunicazione, interno ed esterno.

Non solo FM

Il pasticcio radiofonico si inserisce nel contesto più ampio della delicata questione delle nuove nomine in Rai, che tiene banco nel dibattito di questi giorni. Il 4 agosto infatti il Cda ha approvato la nomina dei due nuovi direttori del TG2 e del TG3, rispettivamente Ida Coluci e Luca Mazzà. È soprattutto la sostituzione di Bianca Berlinguer — unica voce inequivocabilmente critica fra i giornali delle tre reti — a far discutere le opposizioni (compresa la minoranza PD).

Giancarlo Mazzuca, consigliere d’amministrazione in quota centrodestra, in un’intervista a La Stampa ha detto che il voto sarebbe avvenuto su una lista di nomi già pronta, senza l’analisi di nessun curriculum. Per quanto possa sembrare surreale che il centrodestra difenda la posizione di Bianca Berlinguer, gli interrogativi di Mazzuca (e non solo) restano validi: perché sostituire Berlinguer e confermare Mario Orfeo al TG1?

In televisione come in radio, le motivazioni delle scelte restano imperscrutabili. “È evidente che non esiste nessun piano. Così come è chiaro che esisteva solo la necessità di occupare nuove poltrone,” hanno scritto in una nota la Federazione della Stampa e il sindacato Usigrai. Occupare poltrone o, come si suggerisce da più parti, livellare l’informazione pubblica — già pesantemente sbilanciata — sulla campagna del “sì” al referendum, sostituendo le possibili voci critiche con professionisti, sì, ma di provata fede renziana (come Mazzà).

E non sono solo le teste dei direttori di TG a saltare: in settimana ha annunciato la chiusura anche Scala Mercalli, il programma di informazione e approfondimento ambientale condotto in prima serata da Luca Mercalli su Rai3. Una trasmissione già da tempo notoriamente invisa al PD: alcuni senatori ne avevano fatto oggetto addirittura di un’interrograzione parlamentare a marzo scorso, per la presunta propaganda No Tav del conduttore.

Come funzionano le nomine

L’organizzazione della Rai è stata riformata dal Parlamento — per volontà del governo — a dicembre scorso. Secondo le nuove norme, aumenta l’influenza del governo e del Ministero dello sviluppo economico sulle scelte amministrative e dirigenziali dell’azienda: al Ministero spetta infatti la nomina dell’amministratore delegato, che sostituisce il vecchio direttore generale e guadagna — una volta confermato dal Cda — una discrezionalità quasi totale sulle nomine e sui contratti fino a 10 milioni. Per respingere i nomi da lui proposti alla direzione dei telegiornali — questa è l’unica garanzia — il Cda ha bisogno di una maggioranza dei due terzi, cioè 5 voti su 7.

Al momento il Cda in carica rispetta ancora le vecchie regole, e conta quindi 9 membri nominati in parte dalla Commissione parlamentare di vigilanza (7) e in parte dal Ministero dell’Economia (2, incluso il presidente). Nel nuovo Cda — a partire dal 2018 — due consiglieri saranno scelti dalla Camera, due dal Senato, due direttamente dal governo e uno dall’assemblea dei dipendenti. È più che probabile, quindi, che l’intera composizione del Cda rifletta perfettamente la maggioranza parlamentare.