Ventimiglia, il limbo italiano dei migranti
Campi improvvisati, sgomberi quotidiani, risorse insufficienti: a Ventimiglia la malagestione dei flussi migratori mostra ancora i suoi effetti più vistosi e dolenti.
A Ventimiglia è stato sgomberato un campo profughi improvvisato in un parcheggio, che nelle scorse settimane si era creato a causa dell’afflusso di migranti nella piccola città ligure, ancora sprovvista di strutture d’accoglienza adeguate. Lo sgombero è stato effettuato martedì sera. Questo campo, che abbiamo potuto osservare coi nostri occhi nei giorni scorsi, era in realtà semplicemente un accampamento di fortuna in cui i migranti in transito che non riuscivano a trovare rifugio nella chiesa di fronte finivano inevitabilmente a bivaccare.
Il parcheggio in questione, infatti, si trova fuori dalla chiesa di Sant’Antonio, che negli ultimi mesi è stato l’unico ente a occuparsi in modo attivo dell’assistenza ai profughi. La gestione di quello che dovrebbe essere un fenomeno di rilevanza nazionale o almeno regionale, infatti, è finita tutta per gravare sulla Caritas locale, che di fatto ha riempito il vuoto lasciato dalle istituzioni pubbliche.
Secondo quanto riferito da fonti come Melting Pot Europa, alcuni dei circa 350 migranti sono stati costretti dalla polizia a salire sulle volanti per venire scortati in un nuovo piccolo centro della Croce Rossa Italiana, aperto qualche giorno fa in un’area dismessa dello scalo ferroviario. Altri avrebbero trovato rifugio “in una ex stalla di scarico del bestiame” poco distante dal centro stesso – una situazione ancora più precaria del campo da cui sono appena stati sgomberati.
Ventimiglia è ancora uno dei luoghi in Italia in cui la malagestione dei flussi migratori degli ultimi anni mostra i suoi effetti più vistosi e dolenti.
La vita nella cittadina – per chi la abita e soprattutto per chi vi transita – è cambiata radicalmente dopo la decisione da parte del governo francese di sospendere il Trattato di Schengen, che prevede la libera circolazione delle persone. Il provvedimento, preso all’inizio di giugno 2015 sulla scia delle stragi iniziate con Charlie Hebdo, ha fatto sì che a Ventimiglia si creasse nel giro di pochissimo tempo un effetto collo di bottiglia devastante.
Nelle settimane successive un gran numero di persone si era accampato sugli scogli antistanti la dogana con la Francia, creando una situazione di tensione con la polizia che è stata ampiamente documentata dai media nazionali. Ancora oggi, su quegli scogli sono visibili numerose scritte lasciate dai migranti sulla roccia e alcuni segni di solidarietà, come le mani impresse con la vernice dal vignettista Vauro.
“In due giorni, con circa 60–80 migranti che arrivavano continuamente da Milano e Roma, si era creato un tappo in due punti della città: qui al confine e in stazione, perché chi già sapeva di non poter passare si fermava lì,” ci racconta un attivista locale. Era soprattutto lì che la situazione stava diventando più grave, vista la densità urbana della cittadina costiera. “Dopo qualche giorno era stato aperto uno spazio all’ex ufficio delle poste, ormai in disuso. Molti non volevano entrarci. Ricordo che ho passato ore a convincere una famiglia che non voleva saperne perché vedeva delle sbarre. Infine, dopo una decina di giorni, è stato aperto un altro centro nell’ex dogana, che doveva essere provvisorio ma è durato praticamente un anno.”
Moltissimi dei migranti che oggi si trovano a Ventimiglia – la maggior parte – sono già stati nella cittadina in passato. Le autorità francesi hanno disposto il rimpatrio per i migranti provenienti dall’Italia, sostenendo che secondo il trattato di Dublino debbano inoltrare richiesta al primo paese Ue in cui hanno messo piede. “I francesi non si fanno molti scrupoli. Basta che becchino i ragazzi con un biglietto delle ferrovie italiane, o un pacchetto di sigarette italiane, per rimandarli indietro. A Nizza, a Mentone ne fermano un sacco. L’anno scorso si è scoperto che mandavano indietro gente da Parigi. E che mandavano indietro anche dei minorenni, nonostante fosse illegale. Vengono qui e li lasciano a Ventimiglia.”
La situazione al centro dell’ex dogana è sempre stata molto tesa. Si trovava di fronte a un condominio i cui residenti hanno incominciato molto presto a lamentarsi dell’eccessiva militarizzazione della zona. “Durante l’inverno però il centro si era svuotato: i flussi erano calati e in quel centro erano ospitate esclusivamente le persone che avevano richiesto asilo qua in Italia.” Quando durante la primavera i flussi sono tornati a crescere, si è creata una situazione paradossale: a maggio il centro era quasi vuoto, mentre per la città si ammassavano un grande numero di migranti diretti in Francia.
“La gente ci prova e ci riprova a passare e alla fine un po’ ci riesce. Ne passano quindici e ne rimpatriano dodici, magari. Ma pian piano c’è un ricambio.”
Il centro dell’ex dogana è stato chiuso ai primi di maggio, dopo le lamentele dei residenti e la visita a sorpresa del Ministro Alfano – che aveva dichiarato, in modo indimenticabile, che a Ventimiglia non sarebbro più arrivati migranti. A quel punto i migranti in transito non trovano altra soluzione che bivaccare lungo il greto del fiume Roja. Dopo qualche frizione tra amministrazione e prefettura il sindaco è stato sollecitato a firmare un’ordinanza di sgombero. “Quell’ordinanza in realtà non è stata mai messa in atto: quando al mattino è arrivata la polizia, non c’era già più nessuno. I migranti si erano sparpagliati per la città.” Dopo qualche giorno di caos, alla fine, i migranti vengono accolti dalla parrocchia di Sant’Antonio – quella davanti al parcheggio sgomberato, dove in molti stanno ancora oggi. Il centro è allestito in tutta l’area della chiesa: sotto, nell’oratorio sul retro. Le risorse sono comunque insufficienti: ci sono sei bagni per – ormai – quasi un migliaio di persone.
La tensione con i residenti è piuttosto alta, soprattutto nelle vicinanze della parrocchia. Quando si pensava ai potenziali siti per il nuovo centro, la popolazione si è opposta alla concessione di un impianto sportivo a poca distanza dalla chiesa. “Questa è una zona già piuttosto povera di per sé, non ha accolto molto bene l’arrivo dei profughi. Pensa che hanno addirittura fischiato il vescovo quando è venuto qua. E sono tutti molto devoti, in genere.” In effetti, è proprio al vescovo e al parroco locale che si deve il merito di non aver fatto esplodere la tensione e magari anche la violenza in città.
“Il nuovo centro accoglierà richiedenti asilo e non. Poi tutti avranno dieci giorni di tempo per decidere se fare richiesta di asilo qui o tentare la fortuna e andare in Francia.” Comunque, il nuovo centro di certo non basterà ad accogliere tutti i migranti che a Ventimiglia continuano e continueranno ad arrivare — a prescindere da quello che ne pensa Alfano.
Oggi sugli scogli non è accampato più nessuno. Un altro centro provvisorio era stato allestito a breve distanza ma era stato chiuso anche quello per le proteste dei residenti. Una camionetta della polizia francese staziona sotto la tettoia della dogana: i poliziotti guardano dentro le auto nella calura, non fermano quasi nessuno.