Sono 9500 all’anno le vittime dell’inquinamento dell’aria a Londra. E con Theresa May a capo del governo poche sono le speranze che nei prossimi anni il numero scenda.
A fornire il preoccupante dato sono i ricercatori del King’s College, in uno studio commissionato dalla Greater London Authority e Transport for London, dal quale emerge che i due inquinanti principali sarebbero il PM2.5, il particolato fine, e l’NO2, conosciuto anche come diossido di azoto. Entrambe le sostanze intaccherebbero le vie respiratorie e l’apparato cardo-circolatorio, causando patologie acute e croniche, insufficienza circolatoria e tumori.
L’inquinamento non è un fenomeno nuovo nella capitale e famosissimo è il disastro ambientale conosciuto come The Great Smog, che nel dicembre 1952 portò alla morte di 12.000 persone in pochi mesi (4.000 in cinque giorni) e ne fece ammalare altre 100.000. L’evento aveva portato nel 1956 all’emanazione del Clean Air Act, con il quale diventava finalmente chiara l’importanza della lotta all’inquinamento in Inghilterra. Ma si è dovuto aspettare qualche decennio – e l’adeguamento alle politiche ambientali europee – prima di assistere ad un vero cambiamento.
Mentre nel 1973 entrava a far parte della CEE, il Regno Unito veniva infatti soprannominato “Dirty man of Europe”. Non solo per la celeberrima “pea soup fog”, descritta nei romanzi di Dickens e di Conan Doyle, ma anche per la bassa attenzione accordata al controllo dell’inquinamento proveniente dalle auto, dalle centrali energetiche e dall’agricoltura, l’elusione delle direttive sulle acque di balneazione e delle disposizioni sul nitrato.
Dopo il referendum del 23 giugno, ciò che più preoccupa è che i miglioramenti riscontrati dopo gli anni ‘70 vengano vanificati da nuovi e massicci provvedimenti che favoriranno gli interessi economici a scapito di quelli ambientali.
Primo indizio ad esempio la prontezza con cui Theresa May, appena diventata premier, ha di netto eliminato il Department for Energy and Climate Change. Provvedimento con il quale la tutela ambientale verrà considerata materia del Department for Business, Energy and Industrial Strategy. Non stupisce che la Theresa May di cui si parla è la stessa che, dopo essere stata nominata Ministro per l’Energia l’anno scorso, ha chiesto se il cambiamento climatico esista davvero.
C’è quindi forse da dubitare della chiusura entro il 2025 di tutte le centrali a carbone senza dispositivi di cattura e di stoccaggio del carbonio, che sarebbe stato solo un adeguamento alle direttive Ue. Direttive che avevano permesso finora la protezione di numerosissime aree rurali, foreste, corsi d’acqua e di flora e fauna marine e selvatiche.
In un’intervista per ES Magazine del 15 luglio, Sadiq Khan ha dichiarato che la sua Londra avrà “bus che utilizzeranno soltanto energia elettrica” – e non diesel, che è al momento il maggiore produttore di NO2 nella città.
Lo scorso anno erano stati registrati in pieno centro i più alti livelli di concentrazione di NO2 al mondo. Dati che avevano inasprito la polemica contro il sindaco in carica, Boris Johnson, che aveva chiesto al governo un sistema di incentivi per l’acquisto di nuove auto per i proprietari di vecchi veicoli a diesel. Programma bocciato più tardi perché “inefficiente e costoso”.
Il nuovo sindaco laburista e filo-Ue ha da poco chiesto ai londinesi di rispondere ad un sondaggio su Talk London, una piattaforma creata dal City Hall in cui discutere dei problemi della città: alloggi, ambiente, trasporti, sicurezza e lavoro.
Tramite il sondaggio, intitolato “Cleaning up London’s air pollution”, sarà possibile esprimere il proprio punto di vista sulle proposte di Khan per ripulire l’aria di Londra: l’anticipazione dell’iniziativa ULEZ (London Ultra Low Emission Zone) al 2019 e la sua espansione oltre i confini della zona centrale. A cui si aggiungono l’introduzione a partire dal 2017 di una nuova emission surcharge – una sovrattassa sulle emissioni di 10 sterline che va a sommarsi all’attuale congestion charge di 11 sterline e 50– per le auto più inquinanti che entrano in centro e l’impegno per fare in modo che l’azienda dei trasporti, la TfL, inizi a ripulire i propri autobus, comprando soltanto veicoli ibridi o a emissioni zero.
Il suo piano fa ben sperare ma – se non verrà ostacolato o mutilato – bisognerà attendere almeno altri tre anni prima che i procedimenti più efficaci inizino ad avere effetto. A costo di almeno altri 30.000 morti ammazzati dall’inquinamento.