Non hanno pane? Che mangino grilli

Nel 2016 mangiare insetti è ancora una decisione fuori dagli schemi? Tra documentari, studi sull’entomofagia e la ricerca del gusto, facciamo il punto della situazione sull’evoluzione dell’industria alimentare.

Tra le sottocategorie cinematografiche del genere horror si trova non troppo sorprendentemente anche quella dedicata agli insetti. Formiche, vermi, mosche, api, scarafaggi e, ovviamente, ragni[footnote] I ragni non sono insetti ma nel campo dell’entomofagia vengono solitamente considerati tali. E se lo fa la Fao… [/footnote], che si ingrandiscono, diventano intelligentissimi, sfuggono al controllo di scienziati pazzi, invadono a sciami (è proprio il caso di dirlo) le metropoli americane o seminano il panico nelle desolate cittadine del deserto del Nevada, come i giganteschi vermi lunghi fino a nove metri del fortunato franchise Tremors (cinque film e una serie TV). Del resto, già Dio in persona quando aveva voluto punire gli Egizi nell’Esodo per la cattività ebraica, su dieci piaghe aveva deciso di mandarne tre a tema insetti: zanzare, mosche e locuste.

La bava, le chele, i pungiglioni, gli occhi composti e gli ocelli, le infinite zampe o la totale assenza di esse: i corpi degli insetti sono degli straordinari costumi horror. E chissà quanto deve essere splatter un film in cui delle api giganti combattono schizzando il loro vischiosissimo vomito in faccia agli inermi esseri umani.

Non lo so, ma di sicuro sarebbe una vera goduria per il palato poiché il rigurgito delle api (mi perdonino gli entomologi più attenti) è in buona, ghiottissima, sostanza miele. E qui c’è l’altra faccia della medaglia poiché aldilà della nostra ombelicocentrica visione occidentale (cinematografica e non) che salva il miele e poco altro, gli insetti ed alcuni loro derivati sono mangiati in giro per il mondo da parecchio tempo. Pare addirittura dalla preistoria.

Paleodiete a parte, oggigiorno più di 1000 specie di insetti sono mangiate nell’80% dei Paesi, come alimenti ricchi di sostanze nutritive (proteine, acidi grassi, minerali), saporiti condimenti o prelibate delicatessen – come i bruchi mopane in Sudafrica.

Negli ultimi anni, l’entomofagia ha iniziato ad essere pubblicizzata anche sui media occidentali, a metà tra la curiosità stile “Strano ma vero!” della Settimana Enigmistica e il serio tema di riflessione sul nostro futuro alimentare. Nella seconda direzione va sicuramente il report  presentato nel 2013 dalla FAO in collaborazione con l’università olandese di Wageningen (la Oxford dell’entomofagia) che presenta la scelta insettivora quasi come una panacea alimentare. Secondo questo report, infatti, mangiare insetti produrrebbe sia vantaggi per l’ambiente (gli insetti convertono in media 2 kg di cibo in 1 kg di massa contro il rapporto 8 a 1 dei bovini), sia effetti benefici per la salute (il già citato alto contenuto nutrizionale). E anche piuttosto generici “vantaggi per il sostentamento e la condizione sociale”, intendendo sostanzialmente e vagamente che “la raccolta e l’allevamento di insetti possono fornire opportunità imprenditoriali in economie sviluppate, di transizione e in via di sviluppo.”

A questo punto, due sono le grandi tematiche in ballo per quanto riguarda l’entomofagia: da un lato, c’è l’idea di mangiare insetti per una scelta di alimentazione personale (che si tratti di sperimentazione gastronomica o benessere), dall’altro c’è la convinzione che la diffusione di una dieta insettivora possa dare un contributo determinante alle sfide di sostenibilità ambientale che una popolazione mondiale in costante aumento si troverà sempre di più ad affrontare in futuro. Nulla di troppo diverso dal vegetarianesimo, si potrebbe obiettare non senza ragioni.

Quest’anno è stato presentato al Tribeca Film Festival un documentario che riesce ad affrontare efficacemente la tematica nel suo complesso. Si chiama Bugs (da non confondersi col quasi omonimo horror del 2006 Bug, diretto da William Friedkin) e racconta le peripezie di tre chef in giro per il mondo per tre anni alla ricerca di ricette ed altre usanze culinarie composte da insetti. I tre – Josh Evans, Ben Reade e il sardo Roberto Flore, ovviamente ambasciatore nel mondo della straordinaria tradizione del casu marzu, il formaggio coi vermi – fanno parte del Nordic Food Lab, un laboratorio di ricerca gastronomica spin-off del pluripremiato ristorante Noma di Copenaghen. Nel corso del documentario (spoiler alert per i più puristi), emergono delle interessanti perplessità sull’entomofagia. Il settore è ancora perlopiù dominio di imprese a conduzione famigliare o addirittura di singole persone, ma le predatorie big companies del cibo si stanno già affacciando sulla scena, avendo fiutato che la preda – di per sé piccola – se inquadrata in un’economia di scala può diventare un business redditizio. Questo, perpetuando un sistema che butta nella spazzatura metà del cibo che produce, non smuoverebbe i problemi di un millimetro. In altre (marxiste?) parole, è innanzitutto il mercato a dover cambiare, prima ancora delle merci che all’interno di esso si muovono.

D’altra parte, se le cose dovessero rimanere così come sono, è molto probabile che l’entomofagia rimanga, qui in Occidente, una scelta alimentare da Maria Antonietta più che da popolo affamato. Comprare insetti edibili su Internet, infatti, è piuttosto caro e dopo i primi ordini (fatti più che altro per divertire gli amici portando a qualche festa grilli secchi al lime & coriandolo invece di più sobrie patatine) mi è personalmente passata la voglia.

Insomma, tanto ronzare per nulla? No, mangiare insetti rimane comunque un’opzione dalle interessanti prospettive etiche, salutiste e gastronomiche. E ci sono tante persone al lavoro per trovare un modello che concili prezzi equi e mercato equo. Per chi fosse interessato, ad esempio, non posso che consigliare il portale Bugsfeed.com che raccoglie notizie e approfondimenti culinari sul tema.


Contattato da The Submarine, l’ideatore del sito Ben Kampas ci dice che “Bugsfeed nasce innanzitutto come un modo di veicolare il film Bugs ad un  pubblico generalista più ampio, al di là della nicchia di operatori del settore o appassionati che già sanno di cosa si sta parlando”, un pubblico che è ancora troppo spesso “disgustato alla sola idea di mangiare insetti”. E per vincere il disgusto non c’è che una strada: il gusto. Anche per questo su Bugsfeed, si tenta di andare oltre le anonime barrette energetiche di grilli proponendo interessanti ricette da cucinare a casa. Insomma, mangiare insetti non è probabilmente il silver bullet che risolve il futuro dell’alimentazione, ma è comunque un’ipotesi da tenere d’occhio. E sarà magari una sfiziosa ed iperproteica pizza con farina di grilli a trasformare la nostra entomofobia in entomofagia.