Dall’attentato di Orlando è esplosa negli Stati Uniti una nuova ondata di sensibilizzazione contro il problema dei mercati sommersi delle armi da fuoco.
Un mercato poco conosciuto e poco sommerso, anzi alla luce del sole, è quello della vendita diretta tra privati su Facebook — dove si compra e vende di tutto, anche se Facebook non è ancora percepito come un “mercato.”
Mike Monteiro, art director di San Francisco, sta coordinando sul suo profilo Twitter una campagna di segnalazione di gruppi di compravendita di armi.
Sebbene la sponsorizzazione di vendita d’armi sia sempre stata vietata dai Terms of Service del social network di Mark Zuckerberg, gruppi di vendita non erano esplicitamente vietati.
In seguito alle segnalazioni di Monteiro e compagni, e certamente influenzato dall’atmosfera politica di queste settimane, Facebook sta chiudendo molti gruppi segnalati dagli attivisti.
Facebook ha annunciato che avrebbe vietato la vendita tra privati a gennaio, ma non ha mai fatto rispettare la norma, nemmeno nei casi in cui non si trattava “banalmente” di due privati — ma di vere e proprie vetrine del traffico d’armi mondiali.
Un mese dopo, Micah Johnson apre il fuoco a Dallas e uccide cinque poliziotti.
Tra le tantissime armi che gli inquirenti hanno trovato nel suo appartamento – Johnson era armato fino ai denti – un fucile d’assalto AK–47 che aveva comprato su Facebook lo scorso novembre.
È facile liquidare la vicenda come l’ennesima sfaccettatura del rapporto masochista della società statunitense con le armi.
Per quanto numericamente molto meno diffuse rispetto alla situazione ultraviolenta negli USA, la diffusione di porto d’armi per uso sportivo o da caccia in Italia è molto alta — siamo il terzo Paese dell’Unione Europea come numero di armi di privati.
Per acquistare e tenere un’arma in casa è sufficiente prima ottenere un nulla osta della questura per l’acquisto, e poi denunciarne la presenza in casa.
Esistono tre tipi di licenze per poter portare un’arma fuori di casa. Sportiva, caccia, e difesa personale.
La licenza sportiva è la piú facile da ottenere, per quanto richieda comunque una fedina penale pulita e il passaggio di test che escludano problemi psichici e abusi di sostanze stupefacenti. Il porto d’armi da caccia pretende anche la conoscenza delle basi necessarie per andare a caccia, con un mini-esame di Scienza naturale, sostanzialmente. Quello per difesa personale, l’unico che permette di poter usare l’arma “in strada,” viene rilasciato solo a chi è a rischio aggressione, per rapina o perché minacciato.
Gli addetti ai lavori, tra cui l’Anpam, l’associazione nazionale dei produttori di armi di Confindustria, sostengono che siano norme estremamente avanzate e severe — opinione che saremmo anche disposti ad abbracciare, anche se ovviamente il problema fondamentale resta la facilità con cui si accede alle armi, non le leggi che ne regolamentano l’uso: se ci si sta preparando ad ammazzare il vicino è difficile immaginare che il fattore che fermi la follia sia che per legge quella pistola non può uscire di casa.
Così come l’AK–47 di Dallas, anche in Italia è legale lo scambio di armi — e per la vendita è sufficiente il nulla osta, senza porto d’armi. Ai due occhi di falco è richiesto soltanto compilare in duplice copia un documento in scrittura privata che denunci la cessione e consegnarlo agli uffici armi delle rispettive Questure.
Il controllo della validità del porto d’armi insomma ricade interamente sul singolo cittadino — tanti siti di appassionati si riducono così a implorare i propri lettori: chiedete fotocopia di documenti validi, se non conoscete la persona a cui state vendendo.
È vietata la vendita per corrispondenza, se non con la collaborazione di una armeria amichevole — il venditore porta l’arma alla propria armeria di fiducia (quella che gli tiene Topolino), e fa spedire l’arma al negozio preferito dell’acquirente.
Malgrado le paure per porto d’armi falsificati l’internet italiano è pieno di forum dove organizzare incontri per smerciare di armi. Una frontiera particolarmente animata è quella dei gruppi Facebook, esattamente come quelli statunitensi di cui parlavamo a inizio articolo.
Sono gruppi chiusi, ma è possibile raggiungerli digitando parole chiave come “vendita armi” nel motore di ricerca di Facebook. Non c’è nessun processo di ammissione: si chiede di essere ammessi e dopo qualche ora l’amministratore accetta l’invito.
Sono tutti sostanzialmente organizzati come realtà regionali ma i loro membri vengono da tutta Italia – la vendita attraverso armeria “amichevole,” come dicevamo, sembra la forma piú frequente.
Colpisce la particolare disinvoltura dell’ambiente. Tra i dodici gruppi che abbiamo trovato soltanto uno riportava tra i propri file un modello del documento di cessione, negli altri immaginiamo fosse un meccanismo considerato scontato – la legge limita il numero totale di armi che un privato può portare, per cui è ragionevole immaginare che queste persone vogliano liberarsi di armi per “fare posto” a nuovi modelli.
In vendita tanti fucili da caccia, e anche gruppi quasi esclusivamente dedicati ad armi venatorie, ma la maggioranza delle armi sono pistole e revolver, armi che se acquistate per uso sportivo hanno comunque l’unico valore iconico di essere per la propria difesa personale.
La violenza armata in Italia non è a livelli insostenibili come Oltreoceano, ma dietro a questa certezza di fondo nascondiamo il dato statistico che vuole una persona su 10 armata, e milioni di armi “civili” diffuse sul territorio.
È una soluzione a cui lo Stato fa spesso ricorso — l’ultra-codificazione di un’area delicata nell’ambito del legale senza toccare in nessun modo le valvole che inevitabilmente porteranno all’illegalità.
Questo è un caso particolarmente delicato perché le persone di cui stiamo parlando non stanno vendendo o acquistando armi col seriale grattato — sono tutte situazioni completamente legali, almeno nell’apparenza, ma che rendono troppo facile l’accesso a strumenti di impossibile pericolosità a persone che in nessun modo dovrebbero poter sparare.
Forse tutte.
The Submarine ha segnalato i gruppi a Facebook per la loro chiusura. Vi aggiorneremo.
1 Agosto 2016—Facebook ha chiuso tutti i gruppi da noi segnalati.