Il grande dimezzamento dei bitcoin Intervista a white_rabbit
Quello delle criptovalute — di fatto, di bitcoin — è diventato un vero e proprio mercato parallelo, regolato dalle stesse dinamiche di quello “del mondo reale,” ma basato su nuove dinamiche digitali, dove le monete hanno vere e proprie features.
Nelle settimane prima della Brexit, il bitcoin si è schiantato, tirando al -23%. Subito dopo la vittoria del Leave, un piccolo boom.
Quello delle criptovalute — di fatto, di bitcoin — è diventato un vero e proprio mercato parallelo, regolato dalle stesse dinamiche di quello “del mondo reale” ma basato su nuove dinamiche digitali, dove le monete hanno vere e proprie features.
Il mercato si prepara ad una nuova turbolenza: da oggi infatti il numero di bitcoin generati verrà dimezzato. Quali saranno gli effetti sul valore del bitcoin sono ancora tutti da vedere.
Abbiamo parlato con uno dei primi miner italiani, white_rabbit, di bitcoin, del loro ruolo come bene rifugio, e del futuro dell’internet.
The Submarine: Da quanto tempo ti occupi di bitcoin, come ti sei addentrato nel mondo dei bitcoin?
white_rabbit: Mi sono avvicinato ai bitcoin su consiglio di un amico, appassionato di internet e videogiochi — all’epoca bitcoin era diffuso soprattutto nel deep web, e lui mi stava parlando di quello. Ho scoperto questo mondo parallelo su internet dove bitcoin ha attecchito e si è sviluppato perché permette di garantire un livello di privacy che una moneta centralizzata non può permettere.
Facciamo un passo indietro, che cos’è bitcoin?
Bitcoin è una moneta virtuale, che viene distribuita attraverso il mining — le monete vengono estratte, esattamente come se si trattasse di una miniera d’oro.
Per garantire il lavoro di estrazione si utilizza un insieme di dati che si chiama Proof of work, prova di lavoro, che permette di garantire la validità della moneta estratta.
Questo sistema è stato sviluppato perché, in un contesto di produzione di moneta decentralizzato, è necessario un sistema di verifica.
Nel contesto di una transazione criptata — e questo avviene in maniera non particolarmente diversa da come a esempio si possono criptare le mail con PGP — viene scambiato un blocco di dati che contiene non solo gli indirizzi delle due parti e l’importo, ma anche quanto necessario ai minatori per confermare che lo scambio stia avvenendo con bitcoin leciti da spendere.
Oggi, poche ore prima dell’halving, ogni miner guadagna dall’estrazione di bitcoin in proporzione alla potenza di calcolo che offre al proprio gruppo di minatori.
Che cosa vuol dire che vengono divisi in base alla loro potenza?
La miniera è pubblica, per cui chiunque possieda un computer ad alte prestazioni di calcolo può eseguire l’estrazione della moneta. Detto questo, ad oggi l’operazione non può essere compiuta da casa, con un piccolo investimento: l’estrazione ormai è affidata a grandi pool di computer che stanno in Paesi dove costa meno l’attività e un ritorno sull’investimento è piú facile.
Non è una cosa che può fare una persona a casa con il proprio laptop.
Ormai non piú: non c’è piú spazio per chi, come gli early adopters, iniziava per scherzo, per gioco. Tant’è che gli early adopters di bitcoin non sapevano nemmeno che cosa farne. Almeno fino al pizza day, il giorno della prima transazione in bitcoin: diecimila bitcoin pagati per una pizza in America.
Oggi sono sei milioni di dollari, diecimila bitcoin?
Esattamente. Chi ha iniziato nel 2008, nel 2009 oggi si trova con un considerevole quantità di moneta — l’algoritmo, per design, estrae moneta su una curva logaritmica. Bitcoin prevede in totale 21 milioni di monete.
È come se si trattasse di una riserva aurea.
Sì, è utile pensare a bitcoin come se fosse una pietra preziosa che ha una disponibilità limitata nel tempo, e il suo valore dipende tutto dalla domanda che vi si produce attorno.
La prima bolla speculativa del bitcoin è partita durante il bail–in di Cipro. Cipro minacciava prelievi forzosi sui conti correnti. Bitcoin, essendo una valuta elettronica e crittografata, permette di tenere i soldi nel computer invece che in banca, e nessuno può toccare quella riserva economica.
Per cui quando siamo arrivati al referendum della settimana scorsa c’erano già stati episodi che avevano visto il bitcoin diventare un bene rifugio.
Sì, era una dinamica che avevamo visto più volte.
In origine, senza dubbio il primo fattore che ha fatto alzare il prezzo dei bitcoin era la possibilità di comprare materiale illegale sul deep web — da droga ad armi, o direttamente assassini. Beni che non si possono pagare con una carta di credito. Sia chiaro che bitcoin non è stato creato per questo—
La legge si può infrangere con tutte le monete. Se una persona non è un miner, quali meccanismi si innescano quando “cambia” da moneta di Stato a criptovaluta?
Su internet ci sono tantissimi siti che svolgono funzione di exchange, di scambio valuta con una commissione. In questi spazi si può speculare sulle oscillazioni.
Una volta che si acquista in bitcoin poi quindi la moneta diventa impossibile da rintracciare?
Sì e no: se io compro un bene il cui valore fluttua e lo vendo con un guadagno, starà poi a me dichiarare (o meno) la plusvalenza. Non c’è nessuna legge che dice “devi pagare una percentuale sui bitcoin,” però se di conseguenza hai fatto una plusvalenza, come se fosse un asset finanziario, bisogna pagarci le tasse come se lo fosse, al 26%. Non è un modo per evadere.
Però una volta trasformati in bitcoin non si tratta comunque di soldi che non sono piú rintracciabili?
No, i conti sulle exchange sono verificati con carta d’identità e spesso con prova di residenza, si è super schedati. Poi, nella rete esistono svariati sistemi di mixing – così si chiama – che permettono di far perdere le tracce di chi ha comprato che cosa.
Noi di bitcoin parliamo come se fosse una semplice moneta, ma in realtà tutto questo è reso possibile dal database blockchain, che dà una serie di garanzie all’algoritmo.
Una moneta per essere tale deve rispettare certe regole — non può essere duplicata, dev’essere spendibile solo da chi ce l’ha. Sono problemi di natura economica: il bitcoin si è sviluppato pur non essendo una moneta per una questione di fiducia tra le parti. Detto questo, la catena di blocchi non è altro che una catena di transazioni. Il minatore non può minare un blocco che non esiste, che non appartiene alla catena partita nel 2008. Per risolvere un blocco, il miner deve assicurarsi che il blocco faccia parte della catene.
Io ho avuto anche un minatore nell’azienda dove lavoravo… Al tempo era ancora leggermente profittevole. Era ancora poco più che un gioco, avevo fatto un piccolo investimento ma ero riuscito a rientrare. Si parla di due o tre anni fa, e il mercato del mining non si era ancora chiuso in favore dei grandi minatori.
Proprio nelle ore prima del voto del referendum sulla Brexit, c’è stato un crollo notevole del bitcoin — del 23% — e poi subito dopo c’è stato un boom di ritorno. Nell’ambito della finanza è una cosa abbastanza consueta. Cos’è successo di preciso in quei giorni?
Anche se bitcoin in periodi come questi può venire considerato un bene rifugio, ricordiamoci che la sua capitalizzazione totale si aggira attorno ai 10 miliardi di dollari.
Non sono nulla confronto alle capitalizzazioni di asset, di titoli di Stato che circolano nella finanza globale. Può essere una forzatura dire che è matematico che quando c’è una crisi di sfiducia automaticamente bitcoin sale. Quando sembrava che vincesse il remain il bitcoin era sceso – anche le borse avevano chiuso in rialzo. Di conseguenza bitcoin era condannato a scendere perché aveva invertito tendenza – si vedeva come sarebbe potuto tornare a un periodo di discesa stabile, e invece no. È stato portato su proprio dai volumi spinti in quelle giornate lì e che ho vissuto personalmente quella notte.
Si sta parlando del dimezzamento della produzione quotidiana di bitcoin. Cosa succede? Perché? Chi lo decide?
Bitcoin è un software open source che gira su nodi distribuiti nella rete. Questo vuol dire che non c’è una autorità centrale che lo controlla.
Il processo è seguito da una comunità di sviluppatori notevole – anche grazie a loro bitcoin è la criptovaluta leader.
A gennaio c’è stata un’importante discussione sulle dimensioni in megabyte del blocco in cui ogni dieci minuti vengono infilate le transazioni, e questo poteva portare addirittura una biforcazione della catena – c’erano dei cinesi che volevano utilizzare uno standard rispetto a un altro, ma alla fine non se n’è fatto niente. Per ora.
Questo per dire che nessuno l’ha deciso, se non i programmatori che all’inizio hanno pensato il software. Il dimezzamento ogni 4 anni bilancia la distribuzione di moneta, in modo tale che entro il 2020 l’80% dei bitcoin saranno minati. Il resto sarà minato in 100 anni con una velocità di estrazione relativamente bassa – si parla di 6 bitcoin circa ogni 20 minuti a partire dal 2021. La maggior parte delle monete si sta creando adesso. Quando lo sviluppo della moneta e la domanda diventeranno sostanziali, se i possessori delle monete se le terranno e la domanda salirà ci sarà davvero un’impennata colossale. E questa è la prima linea di pensiero: quando c’è il dimezzamento il prezzo sale per un processo economico chiamato “spirale deflazionistica.”
L’altra riguarda invece una questione tecnica. Chi ne risente di più di questa cosa? I minatori. Quelli grandi neanche tanto, quelli piccoli sì: diventeranno sempre meno. Con l’ammezzamento del premio avranno la metà dei profitti. Dovendo rientrare nelle spese della macchina non avranno profitti e spegneranno la macchina.
Si creerà un accentramento nella battuta della moneta.
Si andrà a creare sempre meno pool, ognuno con più potenza.
Questa corrente prevede che il prezzo scenderà perché prevede che li rivenderanno per finanziare ad esempio nuovi macchinari.
Io personalmente credo più alla prima filosofia ma non credo sia un discorso di “domani succede”: se succede è perché le mani forti investono, non perché siano cambiate immediatamente le cose. È un problema piuttosto che il mercato dovrà tenere in conto tra qualche mese – dopo l’ultima riduzione, il prezzo è sì schizzato, ma dopo due o tre mesi.
Quale sarà il futuro delle criptovalute, quale il loro ruolo all’interno di internet?
C’è ancora una cosa importante da dire riguardo la blockchain. Questo sistema può essere implementato in moltissimi altri ambiti, ad esempio in quello del copyright. Lo chiamano “smart-contract”: se voglio registrare su un supporto condiviso a tutti gli altri che io sono il possessore di un determinato oggetto lo poso fare con una transazione su una blockchain pubblica. Questa potrebbe contenere tutte le proprietà di chi si sia registrato e può avere un valore legale.
Come dicevo, bitcoin è basato su un sistema crittografico – noi pensiamo di mandare delle monete, ma in realtà noi stiamo facendo firme sul fatto che io sto concedendo una mia proprietà – e solo io posso farlo, perché l’algoritmo crittografico mi garantisce che sono io e nessun altro.
Oppure, si potrebbero creare dei sistemi di voto – è una cosa che secondo me sarebbe un grande traguardo: un sistema pubblico, verificato e anonimo. Formidabile.
C’è un futuro in cui le criptovalute assumono per internet il ruolo che ha adesso PayPal?
Potrebbe già farlo, magari lo sta già facendo. Bitcoin s’è sviluppato per una nicchia particolare di transazioni e questo l’ha fatto sviluppare come standard.
In un contesto in cui questo modello diventa uno dei pilastri di internet, in cui il valore delle criptovalute diventa il pilastro per transazioni legali e non, come si comportano gli Stati, in che direzione si muovono per regolamentare la cosa? Come si codifica una moneta artefatta, sovranazionale?
Partiamo dalla tua definizione di artefatta. Gli Stati sono discordanti tra loro: c’è chi vuole regolamentare, c’è chi vuole bandirle, chi vuole prenderne il cuore – anche qualche banca, che ha capito che il concetto di blockchain col libro pubblico di transazione può essere utile per un sistema come quello bancario, perché pone fine a diversi problemi di speculazione privata di moneta.
Quando gli Stati – o meglio, le banche, facciamo un discorso finanziario – non possono mettere mano a una forma di liquidità che circola, per loro può essere un problema, come può essere la fine di molti altri. L’adozione di blockchain da parte di banche private potrebbe essere il ponte per far sì che anche gli Stati accettino bitcoin a tutti gli effetti.
Su questo fronte si apre la discussione che infiamma i veri nerd che hanno seguito bitcoin dall’inizio: ma come, andremmo a fare un favore al sistema bancario, quando bitcoin è nato per eliminarlo, perché è un sistema di fiducia decentralizzata tra parti che non si conoscono, opposto a quello centrale bancario che fa da garante per le transazioni.
Ancora da vedere sarà se e come il grande pubblico riuscirà ad abbracciare bitcoin come moneta.
L’adozione è più una questione di chi lo conosce, e chi si è appassionato, prima di chi lo usa effettivamente. Chi è diventato ricco ricco ricco erano ragazzi che hanno minato queste monetine e si son ritrovati miliardari davanti a un computer. Molti addirittura hanno perso computer con dentro miliardi in bitcoin perché si eran dimenticati o perché non ci avevano più creduto.