Nigel Farage si è dimesso da leader dello UKIP ‒ United Kingdom Independence Party ‒ partito che ha guidato dal 2006.
Farage non è nuovo alle dimissioni: aveva deciso di fare un passo indietro già nel maggio 2015, dopo le elezioni generali, quando non era riuscito ad essere eletto al Parlamento britannico. “Ma questa volta non tornerò indietro,” ha dichiarato il nazionalista durante la conferenza stampa tenutasi a Londra questa mattina. “Durante la campagna del referendum ho detto di volere indietro la mia nazione, ora voglio indietro la mia vita.”
L’ex leader del movimento indipendentista si è detto soddisfatto per aver raggiunto la sua massima ambizione politica con la vittoria del Leave: “Sono entrato in questa battaglia perché voglio che la mia nazione si governi da sola, non per diventare un politico a tempo pieno.”
Nonostante le dimissioni, Farage darà “pieno supporto” allo UKIP, che secondo lui si trova in una buona posizione e continuerà ad attirare voti ‒ dicendo che “i giorni migliori devono ancora venire,” e arriveranno se il governo continuerà nella sua perdita di consensi e il partito laburista non riuscirà a recuperare i suoi elettori sempre più disaffezionati.
Tuttavia Farage ha ancora degli obblighi da rispettare, visti i termini incerti della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Infatti fino a quel momento dovrà sedere come membro del Parlamento Europeo, dove lui e i suoi compagni di partito sono personae non gratae.
Le dimissioni di Farage, arrivate poco dopo quelle di Cameron, lasciano presagire un futuro sempre più incerto e problematico per il Paese. Come ha detto in un tweet Deborah Orr del Guardian: “Poche delle persone che hanno portato avanti la Brexit saranno qui a risolvere il casino che hanno creato.”
Nigel Farage, David Cameron e Boris Johnson hanno un’altra cosa in comune: la discendenza da Ponzio Pilato e il suo insegnamento a lavarsi le mani quando le cose diventano just a mess.