in copertina, foto CC-BY-SA Stefan Thiesen
Oggi la Commissione Europea deciderà sul rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida più utilizzato e discusso al mondo, il glifosato.
Dopo continui rinvii dall’inizio dell’anno, sembra che non ci sia più spazio per incertezze e tentennamenti da parte delle istituzioni Ue, che dovranno prendere una decisione prima della scadenza del permesso, fissata per il 30 giugno. Istituzioni messe sotto i riflettori da un’ampissima copertura mediatica, che al grido di #StopGlifosate si sono viste lanciare continui appelli da cittadini europei e numerose associazioni del settore agricolo. Una petizione lanciata da Avaaz dal titolo “Protect our health, Stop Monsanto” – indirizzata tra gli altri a Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare – ha raccolto più di 2.000.000 di firme.
Lo scorso aprile, con 374 voti a favore, 225 contrari e 104 astenuti il Parlamento Europeo aveva votato a favore di una risoluzione con la quale richiedeva alla Commissione Europea di rinnovare la proroga, ma per soli 7 anni invece dei 15 previsti. Sintomo di una, seppur parziale, presa di coscienza dei rischi connessi all’esposizione alla sostanza, che lo scorso anno era stata definita “probabilmente cancerogena” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Oggi la scelta spetterà al comitato d’appello convocato dalla Commissione Europea, la quale in caso di una nuova impasse potrebbe decidere autonomamente lunedì 27.
Entrato per la prima volta in commercio nel 1974 e diffuso oggi in oltre 140 Paesi nel mondo, il glifosato è stato al centro di un dibattito lunghissimo, che ha visto contrapposte due entità di grande rilievo: l’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare e lo Iarc, l’International Agency for Research on Cancer con base a Lione, parte dell’OMS e delle Nazioni Unite.
Benché non fosse la prima volta che un gruppo di scienziati sollevasse dubbi sull’innocuità della sostanza, la discussione si era fatta più aspra lo scorso 20 marzo dopo la pubblicazione da parte dello Iarc di una ricerca che indirettamente accusava la Monsanto di aver messo in commercio un pesticida probabilmente cancerogeno. La multinazionale aveva reagito definendo lo studio “scienza spazzatura”.
Già nel 1985 l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente lo aveva definito come possibile cancerogeno umano, cambiando versione sei anni più tardi, e affermando che “il glifosato non ha dimostrato potenzialità cancerogene in almeno due studi su animali, condotti in modo adeguato su specie diverse, o sia in studi animali sia epidemiologici.”
Contenuto in 750 prodotti agricoli e in molti altri destinati alla cura del giardino e degli spazi pubblici, il glifosato è alla base del RoundUp Ready, che ha segnato la fortuna della multinazionale grazie all’introduzione di colture OGM di soia, mais e colza resistenti all’erbicida.
L’azienda ne ha posseduto il brevetto fino al 2001 e oggi nella sola Europa il glisofato è prodotto da 14 aziende.
Venire a contatto con questo pesticida, secondo lo IARC, comporta il rischio di sviluppare il linfoma non-Hodgkin, una forma di cancro al sangue. Secondo invece uno studio pubblicato il 7 giugno scorso ci sarebbero anche gravi rischi di tumore all’utero o di perdita della fertilità.
Secondo una ricerca dell’Heinrich Böll Foundation residui di glifosato si trovano nel 99,6% dell’intera popolazione tedesca, con livelli che in un terzo delle persone analizzate superano anche 42 volte la quantità ammessa.
Eppure il glifosato non è l’unico erbicida ad essere usato al mondo, e secondo uno studio condotto in Italia pubblicato nel 2011, in un pasto completo si possono contare dagli 8 ai 13 pesticidi, con punte di 91.
In Italia i ministri della Salute Lorenzin, delle Politiche agricole Martina e dell’Ambiente Galletti si sono schierati a favore della sospesione dell’utilizzo del glifosato in agricoltura. Se oggi venisse deciso di non rinnovare l’autorizzazione, gli stati membri dovranno esaurire le scorte entro sei mesi e utilizzare quelle già acquistate entro 18.
Alexander Winterstein, portavoce della Commissione Europea, ha dichiarato che anche in caso di proroga i singoli Stati potranno operare la messa al bando della sostanza, che in Francia è in atto da aprile. L’ANSES (Agenzia francese per l’ambiente, il cibo e la salute) ha annunciato il ritiro dell’autorizzazione della produzione e della vendita di erbicidi che contengono glifosato insieme al “tallow amine” (ammina di sego).
Ci si chiede tuttavia a che cosa serviranno le decisioni di messa al bando dei singoli governi – o persino dell’Ue, se così sarà – in un mercato agroalimentare sempre più globalizzato, soprattutto in vista della possibile entrata in vigore del TTIP. Il Trattato Transatlantico con il quale non solo entreranno in Europa prodotti alimentari che non saranno soggetti alle attuali (rigide) norme Ue, ma che permetterà pure a grandi multinazionali come la Monsanto di portare in tribunale singoli governi e di chiedere risarcimenti per i mancati guadagni dovuti a leggi come quella che si voterà oggi.