La guerra fredda per le risorse idriche del Kashmir
Le acque del Kashmir sono state al centro del lavoro del fotoreporter romano Adriano Marzi, che ha inaugurato la prima giornata di Domino – Festival tascabile di geopolitica.
Foto di Adriano Marzi
Nella lotta per il controllo delle risorse naturali, crisi geopolitiche e disastri socio-ambientali spesso si intrecciano.
Come nel Kashmir. Il confine tra India e Pakistan, già teatro di quattro guerre — la prima nel 1947, anno dell’indipendenza, l’ultima nel 1999 — si trova da vari anni al centro di una contesa fra i due Stati per lo sfruttamento delle risorse idriche del bacino dell’Indo.
L’India orienta da sempre la propria politica energetica sull’idroelettrico, di cui è settimo produttore mondiale e quarto potenziale, dopo Cina, Brasile e Canada. I primi grandi impianti idroelettrici, inaugurati dopo l’indipendenza, furono definiti dal Primo Ministro Nehru (1947–1964) “altari dell’India moderna.” Ora se ne contano più di cinquemila, costruiti a danno di migliaia di ettari di foresta e provocando lo sfollamento di una popolazione stimata tra i 25 e i 60 milioni di persone (secondo dati del network Sandrp).
“Le acque bollenti del Kashmir” sono state al centro del lavoro del fotoreporter romano Adriano Marzi, che ha inaugurato la prima giornata di Domino – Festival tascabile di geopolitica, una tre giorni organizzata dall’associazione culturale Kale e dedicata alle tre risorse naturali che più hanno plasmato le trasformazioni economiche dell’ultimo secolo: acqua, petrolio, silicio.
“Sono stato in India per la prima volta nel 2011, percorrendo il Gange dalla sorgente alla foce. Da lì è nato il mio interesse per l’idroelettrica indiana,” ci ha raccontato Marzi. “Nel Kashmir la situazione è particolarmente delicata, perché le dighe — potenzialmente — sono in grado di bloccare l’80% dell’approvvigionamento idrico dell’agricoltura pakistana.”
Nonostante siano costruiti con una tecnologia che consente di restituire al fiume l’acqua utilizzata, gli impianti sono spesso oggetto di dispute diplomatiche — perlopiù risolte a favore dell’India — sulla lettera dell’Indus Water Treaty, siglato dai due Paesi nel 1960 “in spirito di buona volontà e amicizia.”
“I grossi impianti, in realtà, convengono soltanto ai costruttori — quasi sempre grandi compagnie pubbliche — e agli investitori che li finanziano. Per il 90%, infatti, sono meno efficienti delle stime: gran parte dell’energia si perde lungo la linea di trasmissione,” dice Marzi. “Le proteste locali vengono neutralizzate con promesse di grandi impieghi e ritorni economici, in zone in cui le condizioni di vita sono immutate da secoli.”
Poi, però, i nodi vengono al pettine: villaggi allagati, popolazioni sfollate, compensazioni economiche ridicole. “Gli abitanti espropriati spesso vengono ri-allocati in baraccopoli allestite in aree di pianura, anche molto distanti.”
Classe 1976, Adriano Marzi è un fotogiornalista autodidatta. “Non è una professione semplice, sono uno di quelli che continuano a provarci.”
“Di formazione sono economista dello sviluppo, ho lavorato per le Nazioni Unite a New York e a Santiago del Cile. Poi ho deciso di fare per lavoro quello che già facevo per hobby.” Da allora ha collaborato con varie testate (tra cui Altreconomia, Popoli, Io Donna, Africa e Il reportage) e ha viaggiato in oltre 50 Paesi del mondo.
Domino — un nome scelto per unire l’idea della semplicità (come vuole anche la definizione di “festival tascabile”) a quella della concatenazione di eventi apparentemente lontani nello spazio e nel tempo — continua oggi, sempre negli spazi di oTTo in via Paolo Sarpi 10 a Milano, con una programmazione dedicata al petrolio: a partire dalle 18.30 saranno ospiti Riccardo Barlaam del Sole24Ore, Christian Elia di QCode Magazine e il regista e giornalista Marcello Brecciaroli, che presenterà il documentario Italian Offshore.
Giovedì interverranno invece Maria Grazia Mattei, ideatrice del ciclo di incontri Meet the Media Guru, e la redazione italiana di Motherboard, per raccontare le implicazioni geopolitiche del silicio, il materiale semiconduttore simbolo del potere dei giganti della tecnologia.