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Esistono dei dati che contribuirebbero in maniera significativa alla transizione di Milano verso una città ciclabile, ma questi dati non sono reperibili.

Settimana scorsa abbiamo intervistato l’architetto progettista Matteo Dondè – uno dei più autorevoli esperti nella riqualificazione di spazi pubblici – e gli abbiamo chiesto come bisognerebbe fare per trasformare Milano in una città ciclabile al pari di Copenhagen e Amsterdam.

L’architetto ci aveva spiegato che il fattore chiave per favorire questa transizione è la riduzione della velocità delle automobili attraverso la riqualificazione architettonica delle aree urbane in zone 30.

Secondo diversi studi infatti, le zone a velocità limitata migliorano la qualità della vita dei residenti: mitigano il rumore, abbattono l’inquinamento e – soprattutto – riducono il rischio di incidenti stradali.

Dondè ci aveva inoltre indicato che – come emerso da numerosi casi di studio – le zone 30 sono fonte di notevoli benefici economici: aumentano le vendite dei piccoli negozi e incrementano il valore immobiliare degli edifici.

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Fonte: 20’s Plenty or Us, elaborazione grafica the Submarine

Secondo l’architetto, in Italia la diffusione delle zone a bassa velocità procede molto a rilento, principalmente per due ragioni:

  •    Le amministrazioni e le università non stanno facendo abbastanza per promuovere il concetto di città sicura e disincentivare l’utilizzo delle automobili.
  •    La popolazione non è in grado di recepire i vantaggi che discendono dalle zone a bassa velocità; dunque non vi è richiesta di cambiamento del reticolo stradale da parte degli utenti.

Per questo motivo Dondè organizza le sperimentazioni a zona 30: dei periodi di 3-4 giorni in cui un quartiere viene temporaneamente trasformato in zona a velocità limitata, permettendo ai residenti di toccarne con mano i benefici.

Secondo l’architetto, esisterebbe un modo più immediato ed inequivocabile per mostrare ai cittadini i vantaggi di una zona 30, ossia quello di fare il confronto tra i sinistri avvenuti nella stessa area e nello stesso periodo di tempo precedentemente e successivamente alla riqualificazione.

Purtroppo però, per Milano e per quasi tutte le città italiane non è possibile fare questa comparazione, poiché non si riesce a reperire una mappa dei sinistri con livello di dettaglio alle singole strade urbane.

Eppure quei dati esistono, perché per legge ogni qual volta una persona rimane ferita in un incidente stradale la polizia municipale deve intervenire per registrare – assieme ad altre informazioni – l’indirizzo cui è avvenuto il sinistro.

Fonte: Mappa incidenti Bergamo, dati Regione Lombardia.

Ricapitolando: esistono dei dati che una volta rappresentati su una mappa e mostrati alla popolazione contribuirebbero in maniera significativa alla transizione di Milano verso una città ciclabile, ma tali dati non sono reperibili in rete.

In effetti basta cercare “mappa incidenti stradali Milano” nel proprio browser per scoprire che gli unici layer cartografici disponibili hanno un livello di dettaglio troppo approssimativo, come quelli dell’Automobile Club Italia (ACI), di True Numbers (dati IVASS/CINECA), e di Youtrend (dati Istat) che si riferiscono alle provincie, o come quello del sole24ore (dati Istat), relativo ai comuni.

Decidiamo allora di andare seriamente alla ricerca dei dati chiedendoli direttamente a chi dovrebbe esserne in possesso.

Ci rechiamo quindi presso una sede meneghina della polizia municipale, dove però ci viene detto che tali dati sono raccolti in dei brogliacci in cui compaiono anche le generalità anagrafiche delle vittime – fatto che li rende accessibili solo alle autorità, per motivi di privacy.

Nella speranza di trovare un semplice elenco degli indirizzi cui sono avvenuti i sinistri – libero da qualsiasi vincolo di pubblicazione – ci rivolgiamo ad altri enti della pubblica amministrazione.

Scriviamo una mail al Comune di Milano, che ci consiglia di cercare i dati sul geoportale SIT cittadino, dove però non è presente il layer di nostro interesse.

Quando chiediamo spiegazioni, l’operatore ci avverte che i dati che stiamo cercando sono informazioni sensibili – anche se non ci spiega perché – e ci invita a rivolgerci alla Sala stampa del Comune, dove la nostra richiesta verrà valutata dai responsabili.

Il 2 maggio scriviamo quindi una mail alla sala stampa, che però non ci ha ancora risposto.

Nel frattempo facciamo un tentativo con l’ufficio responsabile del geoportale, l’Assessorato Trasformazione digitale e Servizi civici, dove ci spiegano che una mappa degli incidenti stradali non è mai stata rilasciata perché potrebbe violare la privacy delle vittime coinvolte; tant’è che sarebbe già in atto uno studio di fattibilità proprio per studiare i rischi di un’eventuale pubblicazione.

Tuttavia, è possibile che qualche altro ente abbia raccolto e pubblicato quei dati dopo averli opportunamente approssimati al fine da non ledere i diritti di privacy; quindi proseguiamo la ricerca.

Prendiamo contatti con l’Istituto nazionale di Statistica (Istat), che però ci rimanda all’Automobile Club Italia, che a sua volta ci reindirizza alla Polizia Municipale, la quale però già ci aveva detto di non essere autorizzata a consegnarci le informazioni.

A questo punto chiediamo consiglio a Salvaiciclisti, Fiab, Genitori Antismog, Cittadini per l’aria, Legambiente e altre associazioni promotrici della mobilità leggera per capire se qualcuno di loro ha già tentato di mappare gli incidenti stradali in crowdsourcing.

Ci rispondono di no, ma ci indicano un dossier intitolato “L’incidentalità sulle strade della Città metropolitana di Milano nel 2016” in cui compare una mappa rasterizzata dei sinistri del 2016 – è il dato approssimato che stavamo cercando.

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Fonte: Elaborazioni Éupolis Lombardia su dati ISTAT

La qualità dell’immagine è troppo scarsa per poterne trarre delle conclusioni, ma quel report è la prova che qualcuno nella pubblica amministrazione ha già raccolto e georeferenziato i dati degli incidenti stradali a Milano.

Sul documento è indicato che la mappa è stata costruita da Eupolis Lombardia, un distaccamento regionale di Istat.

Con le dita incrociate, ci lanciamo nel tentativo di farci consegnare i dati georeferenziati e digitali riportati in quel dossier: il 7 maggio inoltriamo ad Eupolis e ad Istat una mail corredata di richiesta di accesso civico generalizzato.

Dopo circa una settimana arriva la risposta di Istat, che segnala di non possedere i dati mostrati nel documento – evidentemente sono proprietà esclusiva di Eupolis – ma che in compenso ci consegna i dati del 2016 raccolti dall’Istituto stesso.

Con una clausola però:

“Per quanto concerne le coordinate geografiche […] Non possono essere esposte all’esterno per rappresentazioni su siti cartografici pubblici […] Tali informazioni, infatti, potrebbero condurre all’identificazione delle persone coinvolte.”

Abbiamo caricato il file su un software GIS e tramite una particolare procedura abbiamo geolocalizzato quasi tutti gli indirizzi, ottenendo infine una mappa vettoriale degli incidenti stradali a Milano nel 2016.

Tuttavia non possiamo mostrarvela in originale, poiché questo infrangerebbe la legge cui è soggetto il dato, o comunque andrebbe contro il parere degli analisti di Istat.

Al momento stiamo dialogando con l’Istituto per capire se possiamo pubblicare la mappa in formato immagine (raster) o almeno descriverla a parole, indicando le zone della città più esposte al rischio. Vi terremo aggiornati.


Leggi anche ? Come trasformare Milano in una città ciclabile

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