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Quella che interpretiamo come una posa o un’operazione di marketing potrebbe essere pericolosamente vicina alla realtà.

Paolo Caputo, aka Young Signorino, è uno degli ultimi nomi spuntati fuori dalla florida scena trap italiana. Ha diciannove anni, ha un figlio, è entrato e uscito da una clinica psichiatrica e in un passato non troppo remoto ha ingerito volontariamente un quantitativo di farmaci sufficiente a farlo finire in coma. Voleva vedere se riusciva a cambiare personalità, ha ammesso poi a Rolling Stone.

In questi mesi Young Signorino ha pubblicato quattro singoli, “Dolce Droga,” “Haribo,” “Mhh ha ha ha” e “La Danza Dell’Ambulanza” suscitando un certo scetticismo e qualche dubbio ulteriore sul suo equilibrio psicofisico. Prima della recente esibizione al Je T’aime di Padova dell’altra sera il rapper ha fatto ancora scrivere di sé cancellando all’ultimo secondo il concerto che si sarebbe dovuto svolgere domenica scorsa al Monk di Roma (quattrocento biglietti già venduti). La motivazione: “Gli organizzatori del locale mi hanno causato problemi psicologici oltre che organizzativi.”

Su Young Signorino sostanzialmente si è già detto troppo, quindi eviteremo l’ennesima, grossolana, analisi del personaggio. Riassumendo i termini del dibattito, c’è chi intravede in lui una personalità geniale, chi ne scrive giusto perché fa colore, chi lo usa come pretesto per sciorinare l’ennesima citazione di David Foster Wallace, chi lo sfrutta per incasellare peccati e malcostumi aizzando il parrocchiano benpensante che dimora in tutti noi e infine chi, confrontandolo con ciò che accade quotidianamente oltre oceano e che qui continua ancora oggi a far scuola (o, in alternativa, a venire ignorato), non trova nel suo personaggio una cifra poi così originale — ad esempio il sottoscritto.

https://youtube.com/watch?v=YHMAdgr1t34

Cercando di formulare un’opinione di disprezzo, poi, tutti si sono immedesimati in questi giorni, almeno distrattamente, sicuramente in maniera superficiale, nel demone naftalinico di Rocco Buttiglione quando, durante un family day di qualche anno fa, incarnando in pochi istanti e magnificamente tutti i luoghi comuni del benpensante italiano, armato di coppola scozzese e maglioncino anzianotto, rivelava tra l’ingenuo e il sorpreso a un cronista di Fanpage: “Ha sentito questa espressione bruttissima? FARE SESSO!”

Con la stessa voglia di Medioevo e una spruzzata di Denim tra il colletto della camicia e il mento in queste settimane sono stati trattati da giornali e magazine i comportamenti borderline di Young Signorino.

Di lui, come al solito, abbiamo condannato frettolosamente, da buoni bigotti, praticamente tutto: comportamenti, dichiarazioni e tatuaggetti sul viso.

Deprecandone le pose e i deliri satanisti abbiamo movimentato gli algoritmi di ricerca a caccia del dettaglio inedito, riservandoci il diritto di farci una risata, piazzare un like e allo stesso tempo declassare mentalmente i comportamenti sopra le righe come l’ennesima birichinata da rapper. Elevandolo ad attore di una commedia allucinata ne abbiamo circostanziato i comportamenti piegandoli a letture ridicole, voltandoli come faceva più comodo, deridendo i versi dei suoi brani, idolatrando e ostracizzando l’artista a fasi alterne. Segregandolo, a seconda dei casi, a giullare o a trapper deviato.

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Se da un lato, così facendo, si è riusciti a depotenziare e a rendere in parte comprensibile il personaggio Young Signorino, non si è però affrontato ancora il problema di quanto personaggio e persona sembrino, nel suo caso, coincidere pericolosamente. Se così fosse, se quella che noi interpretiamo e trattiamo solamente come una posa, uno show, come finzione o poco più, una maschera da sostenere notte e dì per tenere sull’attenti l’audience — la solita operazione di marketing insomma — aderisse invece alla realtà, rischiamo di trovarci di fronte prima o poi a un’altra diretta drammatica alla Lil Peep, seguita i giorni successivi da commemorazioni, pianti e sviolinate (degli stessi bigotti che prima lo crocifiggevano, ovviamente). Oppure, meno tragicamente, a un allontanamento prematuro del Signorino dalla carriera musicale — ancora tutta da scrivere.

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Per evitare epiloghi spiacevoli o dipartite artistiche in stile Dark Side basterebbe quindi, in questo momento, consigliare a Young Signorino almeno di limitarsi alle canne come tutti gli altri rapper, stando alla larga da alchimie strane. Evitando invocazioni alla A$AP Rocky — in uno dei suoi ultimi singoli chiude la strofa con un “I pray to god I don’t overdose” — il giovane performer dovrebbe concedersi una pausa dal torrente mediatico delle ultime settimane, dai Chiambretti Night ma anche dai dissing via Instagram Stories, per concentrarsi sul prossimo erede de “La Danza Dell’Ambulanza” perché sì, esiste un pubblico che va ad ascoltarlo dal vivo e no, quello che abbiamo ascoltato finora non è solo il risultato della mente malata di un ragazzino-padre-psicopatico.

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D’altronde poi, se abbiamo sorvolato senza tentennamenti sul testo di “Sciroppo” (e prima di quello su molti altri) in cui Sfera Ebbasta e Drefgold tessono le lodi della codeina, non si capisce perché, al netto della pochezza dei brani di Young Signorino (non più vacui e nonsense di un testo della DPG), non dovremmo concederci la curiosità quantomeno di capirne il fenomeno, augurandoci che regga il colpo mediatico e la giostra non si esaurisca in un ritorno incamiciato a forza all’ospedale psichiatrico. Insomma chi è vicino al Signorino lo aiuti a reggere il gioco fino a quando le acque non si saranno calmate. Gli altri, i “critici musicali,” risparmino invece i sermoni sul disagio e continuino a dedicarsi anema e core a Sanremo e Ermal Meta che questo, in generale, è già un momento complicato e di pasdaran della morale ne abbiamo piene le tasche.

Il prossimo 30 giugno Young Signorino suonerà all’Alcatraz di Milano.


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