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Con il pretesto della lotta al terrorismo, il governo federale bavarese vuole approvare una riforma dei poteri delle forze di polizia a dir poco controversa.

Nel Land della Baviera, il 30 gennaio di quest’anno, è stata presentata una proposta di legge dal nome lungo e astruso, come tipico della lingua tedesca: il Gesetzentwurf der Staatsregierung für ein Gesetz zur Neuordnung des bayerischen Polizeirechts (PAG-Neuordnungsgesetz), in breve PAG. La proposta prevede una riforma della regolamentazione relativa alle forze di polizia con lo scopo dichiarato, come sostiene il ministro dell’Interno del Land bavarese Joachim Hermann (CSU), di contrastare il terrorismo internazionale e garantire una maggiore sicurezza ai cittadini bavaresi.

La riforma — presentata dalla CSU-Unione Cristiano Sociale in Baviera, un partito che opera esclusivamente nel Land ed è alleato a livello nazionale con la CDU di Angela Merkel — ha suscitato numerose ed energiche proteste, perché prevede una serie di misure lesive della privacy, vuole armare i poliziotti con armi pesanti, ovvero bombe a mano ed esplosivi plastici e, infine, intende permettere alla polizia di operare a scopo preventivo entro confini legali molto labili.

Per esempio, finora la polizia bavarese poteva agire nei confronti di un “pericolo imminente”  solo dopo aver provato di fronte ad un giudice l’effettivo rischio che giustificasse l’intervento. Se dovesse passare il PAG, che sarà votato il 26 aprile nel parlamento bavarese, la polizia non necessiterebbe più del permesso del giudice, almeno non sempre: spesso potrebbe bastare un semplice sospetto, anche su un cittadino incensurato, per intercettare le sue telefonate, mettergli delle cimici in casa, controllare il suo computer e il suo cellulare e forzare sia i suoi servizi cloud sia le sue chat crittografate.

Potenziali attentatori, anche se incensurati, potrebbero incorrere nel carcere preventivo per un periodo di tre mesi e poi indefinitamente prorogabile. Alle manifestazioni, la polizia avrebbe il permesso di filmare tutto il corso delle azioni e di usare, in un secondo momento, il riconoscimento facciale come strumento per identificare agitatori e trasgressori. Per non farsi mancare nulla, una volta che il PAG sarà promulgato, la polizia bavarese potrebbe usare l’analisi del DNA per ottenere informazioni relative al patrimonio genetico di eventuali sospettati.

Le critiche al provvedimento sono arrivate da tutte le parti. Katharina Schulze, rappresentante dei Grüne al parlamento federale bavarese, ha dichiarato che la “sbronza da sorveglianza (Überwachungsrausch )” della CSU mette in pericolo la tutela della libertà dei cittadini e ha aggiunto che attraverso il PAG, “la polizia avrebbe troppe garanzie, simili a tutele costituzionali, e ciò è incostituzionale perché in Baviera abbiamo il cosiddetto Trennungsgebot (l’imperativo di separazione). La polizia e i servizi segreti hanno compiti diversi ed è giusto così. La CSU vuole fondere questi due attori in un corpo comune.”

Al centro, Katharina Schulz
Al centro, Katharina Schulze

Queste strategie legislative, in cui i servizi segreti e i servizi di polizia vengono progressivamente avvicinati, e le relative critiche a questo modo di procedere, in realtà, non sono nuove. Già nel maggio 2010, il giornalista Heribert Prantl, commentando una conferenza del Ministero dell’interno tedesco, scriveva in un editoriale per la Süddeusche Zeitung: “Nessuno ha nulla contro l’ottimizzazione degli archivi anti-terrorismo. Tuttavia, se in virtù di quest’ottimizzazione si uniscono gli archivi della polizia e quelli dei servizi segreti, l’ottimizzazione della lotta al terrorismo si trasforma nel suo pervertimento.”

L’editoriale si intitolava “Der Präventionsstaat,” un neologismo invalso nell’uso della lingua tedesca dopo gli attentati alle Torri Gemelle che descrive uno stato che applica in modo massiccio delle misure di sorveglianza di massa per “prevenire i comportamenti indesiderati dei suoi cittadini.” Il concetto è stato sviluppato soprattutto dal giornalista e professore di Diritto Costituzionale Erhard Denninger, che descrive il “Präventionsstaat” — letteralmente “Stato di prevenzione” — come un soggetto intermedio tra lo stato di diritto e lo stato di polizia.

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Le critiche all’operato della CSU, però, non sono arrivate soltanto dall’opposizione: Thomas Petri, rappresentante federale per la protezione dei dati e politico della CSU, ha espresso la sua preoccupazione: “Se questa legge dovesse fare scuola, avremo, nel breve o nel lungo periodo, una Germania senza più alcuno spazio libero nel quale potersi muovere inosservati e questo non vale solo per le persone pericolose, vale per ognuno di noi. Questa legge porterebbe alla sorveglianza totale.”

Suggestioni orwelliane
Suggestioni orwelliane

Persino Peter Schall, il rappresentante federale del sindacato di Polizia, ha espresso il suo favore al PAG solo parzialmente: “Nella legge ci sono molti elementi che come polizia salutiamo con favore” ha detto, dichiarandosi però scettico, almeno dal punto di vista costituzionale, sulla misura che prevede che i Gefährder, letteralmente i “potenziali offensori,” possano essere trattenuti in carcere per un periodo di tre mesi come misura preventiva. Misura che potrebbe essere rinnovata da un giudice per altri mesi un indefinito numero di volte, rendendola di fatto potenzialmente illimitata nella sua applicazione.

Anche le opinioni dei giuristi sono contrastanti; secondo alcuni,  la legge si muove sui binari della costituzionalità, secondo altri invece per nulla.

Hartmut Wächtler, avvocato, ha rilevato in un’audizione della Commissione degli affari interni bavarese un fatto degno di nota: nessuna autorità tedesca, intese come autorità della Germania federale fino al 1989, ha mai ottenuto poteri d’intervento e di controllo paragonabili a quelli che sono previsti per la polizia bavarese dal 1945 ad oggi.

Proteste a Norimberga
Proteste a Norimberga

Le proteste contro la PAG sono arrivate anche dai cittadini: il 7 aprile si è tenuta una manifestazione contro la legge a Norimberga e ne è prevista un’altra il 10 maggio a Monaco di Baviera. Inoltre è stata lanciata una campagna su WeAct!, “una piattaforma di attivisti in favore di politiche progressiste,” che ha quasi raggiunto 100.000 firme. Non è mancata l’adesione dell’Anonymous tedesco che su Pastebin ha rilasciato un documento programmatico per organizzare una battaglia al PAG che mobiliti i cittadini non solo nelle piazze, ma anche online.

Markus Söder, primo ministro del Land, però, continua imperterrito per la sua strada:  

“Riguardo al PAG mi stupisce che l’SPD manifesti a fianco di gruppi antifascisti, gruppi che si oppongono in modo deciso alla polizia. Non vogliamo solo dare una nuova uniforme e una paga migliore ai nostri poliziotti, ma dotarli di poteri adatti a questo momento storico. Non accade nulla senza sospetti e senza il permesso di un giudice.”   

Markus Söder, che qui possiamo osservare travestito da Luitpold di Baviera
Markus Söder, che qui possiamo osservare travestito da Luitpold di Baviera

Nonostante le proteste, è molto probabile che la proposta di legge passi — la CSU prevede di farla entrare in vigore attorno a metà maggio — dal momento che il partito è forte di una solida maggioranza al parlamento federale bavarese. La battaglia dovrà essere quindi combattuta — come già prevedono di fare SPD, Grüne e gli attivisti di sinistra — di fronte alla corte costituzionale bavarese.

Gli sviluppi della vicenda del PAG bavarese sono preoccupanti sia a livello nazionale sia a livello europeo. Sono stati in molti a rilevare che la motivazione principale che viene addotta come giustificazione di questa riforma, un generico spettro del terrorismo internazionale, è contraddittoria perché ignora molti dati di fatto incontrovertibili. Nella storia recente della Germania, l’attentato che ha provocato più vittime è stato ad opera di Anis Amri, un soggetto che era già ampiamente noto alle autorità — e quindi davvero c’è bisogno di più controllo? — e che proprio in carcere, in Italia, si era radicalizzato.

Già il sociologo Erwing Goffman aveva osservato come il carcere sia un “luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che — tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo — si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato” che ha una funzione di “socializzazione alla criminalità.” Anche armare la polizia con bombe a mano e permetterle di agire con maggiore arbitrarietà, sulla base di semplici sospetti, lascia chiaramente intuire a quali abusi di potere si spalancherebbe la porta.

Il tutto viene giustificato con l’adagio “tempi straordinari richiedono misure straordinarie,” quando se è vero che il numero delle vittime di attentati in Europa nel 2016 è stato il più alto dal 1988, è anche vero che nel 2017 e ad oggi nel 2018 il numero degli attentati è in calo, e che le misure previste non saranno affatto straordinarie, ma entreranno a fare parte del normale diritto pubblico. La criminalità, poi, è ai minimi storici sia in Baviera sia in Germania. Non si capisce quindi perché debbano essere equiparati il piano della lotta al terrorismo e quello del contrasto alla criminalità comune.

Gli sviluppi del PAG in Baviera, in ogni caso, si inseriscono in una tendenza europea da Überwachungsrausch visibile già da tempo: si pensi alla normalizzazione delle misure antiterroristiche d’eccezione avvenuta in Francia nel novembre 2017 o alla retorica securitaria di Salvini e Di Maio in Italia.

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In copertina: proteste a Norimberga contro il PAG lo scorso 7 aprile / foto via Twitter.

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