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Per quanto possa essere difficile distaccarsi da quello che il nostro cervello ci spinge a pensare riguardo al cibo, quando si mette in bocca un pezzo di pidàn ci si rende conto che il sapore è ottimo.

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Nella ricerca di cibi strani ed esotici ci si imbatte spesso in svariati snack al gusto di diversi pesci, misteriosi dolci dagli abbinamenti surreali e mistiche bevande alle erbe. Durante questa ricerca, parlando con altre persone, si incontrano anche alcune leggende, storie di alimenti proibiti e impossibili da trovare.

Una di queste leggende parla dell’Uovo Centenario.

Il pidàn, anche detto appunto uovo centenario, è una ricetta tradizionale cinese che consiste nel far fermentare un uovo di anatra in una soluzione di acqua, sale, carbone e ossido di calcio per cento giorni.

Centinaia di anni fa, un’idea saporita — nota come “uovo centenario” — fu covata nella Cina rurale […] Anche se i dettagli della sua scoperta non sono documentati, gli scienziati ritengono che risalga a più di 500 anni fa, al tempo della dinastia Ming. A parte alcune tecniche utilizzate oggi per la produzione su larga scala, il processo di conservazione dell’uovo è rimasto relativamente invariato.”

Per preparare le uova, di solito si riempie un recipiente con una miscela di tè nero forte, lime, sale e ceneri di legna appena bruciata, e si lascia raffreddare per una notte. Il giorno successivo, si aggiungono alla miscela uova di anatra, di quaglia o di gallina, e vengono lasciate a mollo dalle 7 settimane ai 5 mesi — non per un secolo, come vorrebbe il nome.” (da BBC)

Fino a pochi anni fa, l’importazione in Europa di queste uova era vietata (se si cerca “uovo centenario” su Google si trovano diversi articoli su sequestri da parte dei Nas) ma negli ultimi anni si sono diffuse legalmente anche in Italia. Si possono trovare nei ristoranti, serviti con contorni di lusso, o in confezioni da sei a un euro a uovo.

Quando ho visto questa confezione in un supermercato mi sono tornate in mente tutte queste leggende e non ho potuto far altro che comprarla e affrontare il drago che abita in cima alla torre dei Konbini. In fondo, nonostante il loro aspetto non particolarmente invitante secondo i nostri canoni estetici, sono considerate generalmente un cibo prelibato in Cina; non possono essere così tanto male, no?

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RECENSIONE

Ho aperto il primo uovo e l’interno è esattamente come tutte le foto che avevo visto: questo colore marrone semitrasparente e queste macchie biancastre che si espandono come radici lungo la superficie dell’albume mi ricordano un motivo ornamentale che sembra quasi artificiale. Il tuorlo è meno invitante, con un colore nerastro e dei cerchi concentrici che si espandono dal centro.

L’odore non è piacevole, come del resto quasi tutti gli alimenti fermentati, ma anni di esperienza mi hanno insegnato che l’importante è tapparsi il naso e concentrarsi sul sapore in questi casi.

Mi ricordo che tutte le persone che mi hanno parlato di aver mangiato l’uovo centenario, per quanto potessero essere colorite o romanzate le loro storie, alla fine mi hanno detto di essere rimaste soddisfatte di averlo ordinato. Per quanto possa essere difficile distaccarsi mentalmente da quello che il nostro cervello ci spinge a pensare visivamente riguardo al cibo, con un grosso sforzo di volontà e superando i pregiudizi, quando si mette infine in bocca un pezzo di pidàn, ci si rende conto che il sapore è ottimo.

Ricorda un uovo sodo ma molto più intenso, come un uovo sodo elevato alla seconda, se aiuta a capire il concetto. La consistenza gelatinosa mi confonde perché la mia memoria è abituata ad associare il sapore di uova sode a una texture diversa e questo cambio radicale dalla norma mi fa un po’ arricciare il naso. komb-5

Lo finisco un po’ a forza, purtroppo, considerato che un sapore così forte non alternato a qualcos’altro alla lunga stanca. Poi mi fermo e rifletto su quello che mi è successo.

Sto bene? Sto bene.
Lo stomaco sta bene? Sta bene.

Tutta questa aspettativa di stare per affrontare qualcosa di terribile, causata da racconti incongruenti, terrorizzanti articoli di cronaca e etnocentrismo radicato nella mia persona, si è rivelata in fondo costruita sul nulla. Quello che credevo essere un orrore lovecraftiano che avrei dovuto affrontare con tutte le mie forze, si è rivelato essere invece un tenero gattino a cui è bastato dare un paio di carezze.

Penso al contadino di cui parla la leggenda e di quanto coraggio in più avesse rispetto a me:

“La tradizione vuole che la produzione delle uova centenarie sia iniziata al tempo della dinastia Ming (1368-1644) nella provincia di Hunan, dove un abitante scoprì delle uova d’anatra in una pozza di calce rimasta dalla costruzione della sua casa due mesi prima. Dopo aver assaggiato le uova, decise che erano così buone che doveva farne altre.” (da China Daily)

Questa esperienza mi ha insegnato che l’occhio non vuole la sua parte per quanto riguarda il cibo — l’occhio è una parte fondamentale, forse allo stesso livello del gusto. Se il pidàn fosse di un altro colore forse sarebbe più diffuso nel mondo occidentale nonostante il suo strano processo di lavorazione. Ma in fondo non bisogna andare troppo lontano nel mondo per trovare ricette così aliene, quando già qui per esempio si producono cose come il casu frazigu.

Consiglio a tutti di provare l’uovo centenario almeno una volta nella vita, un po’ per il suo sapore e un po’ per aprirsi mentalmente.

VOTO 8/10


KONBINI: Più di un semplice food blog: un viaggio onirico nel cibo esotico metropolitano, tra le luci al neon dei negozi aperti h24 e le panchine dei parchetti. Tutte le puntate qui.