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Il sapore è fantastico, una sorta di umami perfetto. Il problema è chiaramente quello che arriva dopo: il piccante.

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Finite le vacanze natalizie, in cui ci si abbuffa di cibo tra pranzi e cene con amici e parenti, da Nord a Sud, da Est a Ovest, su montagne e in riva ai mari, in una cacofonia di lasagne, carni, pesci, pandori, panettoni e litigi famigliari, bisogna pian piano ritornare alla vita reale con la giusta calma che ci permette di rientrare nella routine senza soffrire troppo per la difficile digestione.

Nei primi giorni di gennaio sono entrato nel mio negozio coreano di fiducia con questo stato mentale e ho quindi cercato qualcosa di leggero, di non troppo impegnativo, per non trasformare la giornata in una di quelle situazioni in cui sono piegato a letto a pentirmi delle mie scelte di vita.

Dopo un veloce giro della stanza ho deciso di prendere queste mandorle piccanti al gusto di pollo, attratto un po’ dalle dimensioni ridotte della confezione e, sinceramente, anche un po’ da questo fantastico disegno di un pollo che sputa fiamme dalla bocca dopo averle mangiate. Qui mi pongo per un attimo la seguente domanda:

Un pollo che mangia delle mandorle al pollo può essere considerato cannibalismo?

La risposta è no in quanto, come mi viene confermato dalla lista degli ingredienti, il sapore di pollo è puramente artificiale; ma a questo punto non è come se io mangiassi qualcosa al gusto (artificiale) di persona?

Queste domande morali spariscono dalla mia mente quando leggo il nome della ditta che le ha prodotte.
Samyang. Per chi non sapesse per cosa è nota la Samyang, e attenzione dico “nota” con un’accezione di timore e pericolo, provate a cercare “spicy noodle challenge” su YouTube e vi ritroverete decine di migliaia di video di persone che affrontano questa prova di coraggio che consiste nel mangiare uno o più pacchetti di questo ramen istantaneo incredibilmente piccante, marca Samyang.

Pensavo le reazioni fossero iperboliche — perché è questo il trend che vende su internet — finché non li ho assaggiati personalmente e lasciate che vi dica questo: non lo sono. Pensavo di avere una buona sopportazione del piccante fino a quando li ho provati. Pensavo di avere una soglia del dolore abbastanza alta fino a quando li ho provati. Ho pianto. Ho sofferto. Ho bevuto litri di latte per smettere di urlare. Non so neanche se possa essere considerato “cibo.”

Vi consiglio di andare a leggervi la pagina di Wikipedia della Samyang perché si possono trovare delle perle come:

“In poche parole, sono una versione dei noodles tipici cinesi, ma con il sapore del pollo fritto piccante. Sono famosi anche su YouTube e all’estero per il loro gusto piccante. Alcune persone lo definiscono ‘il sapore dell’inferno’ [citazione necessaria]”

Sono spaventato ma non rinuncio mai a una sfida e poi, in fondo, sono solo mandorle, che male possono fare?

RECENSIONE

Il sapore è fantastico, una sorta di umami perfetto. Il problema è chiaramente quello che arriva dopo: il piccante. Arriva come una pantera, silenzioso, aspettando il momento giusto per colpire, e colpisce forte, nella gola, quando meno ce lo si aspetta.

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Con un sapore così buono ovviamente non si riesce a smettere di mangiarli e la sofferenza aumenta esponenzialmente al desiderio di mangiarne ancora. Potrei fare centinaia di metafore su come questa esperienza sia uno specchio di molti momenti della vita di qualsiasi essere umano, paragonandole all’amore che ferisce o alla ricerca della felicità, ma sarebbero solo parole al vento e la realtà di questo momento sarebbe affievolita dai limiti del linguaggio.

Mangiare del buon cibo più piccante di quanto si possa sopportare è, secondo me, un’esperienza che ognuno dovrebbe affrontare almeno una volta nella propria vita e se volete farlo a poco spendete questo euro e compratevi le mandorle piccanti Samyang.

E magari un po’ di latte.

VOTO 9/10


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