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In copertina foto dalla pagina Facebook Italiani senza cittadinanza, foto di Elton Gllava

Con l’aprirsi di quella che si preannuncia una campagna elettorale assurdamente feroce il naufragio dello Ius soli fa ancora discutere, e sarà certamente uno dei fronti su cui si tesseranno future alleanze, dopo le elezioni.

Il Pd, che al controllo del numero legale contava l’assenza di 29 senatori, si trova tra due fuochi: da un lato non può che incassare le accuse di Mdp, dall’altro è deriso da Fratelli d’Italia e Lega. I democratici cercano di difendersi, dicendo che non avevano comunque la maggioranza in Senato.

Più netta la posizione di Grasso che, dismessi gli abiti da Presidente del Senato, indossa quelli da candidato premier: “Mi impegno sin d’ora affinché la prima cosa che farò quando entrerò in Parlamento sarà presentare questo ddl per quegli 800mila ragazzi e ragazze che hanno diritto di essere cittadini italiani,” ha dichiarato durante l’inaugurazione del comitato elettorale di LeU a Palermo.

Un plauso alle buone intenzioni, ma in una prospettiva post–elettorale, ci saranno le condizioni per l’approvazione di una riforma della cittadinanza?

A scanso di una ulteriore espansione del fronte della destra, a prescindere da cosa si è detto in campagna elettorale si dovrà lavorare per trovare punti di incontro per un governo di coalizione. Anche se Grasso dovesse entrare in Parlamento, come sembrano indicare i dati di questi giorni, le attuali condizioni non fanno sperare nella realizzazione della riforma. La maggioranza Pd, pur avendo inizialmente promosso il disegno di legge, si è sottratta dall’affrontare un argomento spinoso ora, in previsione di una larga intesa e intimorita dall’idea di perdere ulteriori voti — mentre continua un tracollo nei sondaggi che sembra inarrestabile, che vedrebbe il partito addirittura sotto il 23%, al minimo storico.

L’unica altra forza che potrebbe assistere alla riforma della cittadinanza, il Movimento 5 Stelle, ha espresso una posizione contraria. Secondo i politici pentastellati, infatti, la cittadinanza italiana è una questione di competenza europea. I grillini sono sempre controcorrente, o a flussi invertiti: mentre continuano a ventilare la possibilità di un referendum per l’uscita dall’area euro, criticando spesso le direttive europee in favore di una maggiore centralità dello Stato, per quanto concerne la cittadinanza — massima espressione di sovranità statale — vorrebbero delegare Bruxelles.

È in ogni caso impossibile fare affidamento ideologico sul partito di Casaleggio: Di Maio non esclude una possibile alleanza con due forze politiche agli antipodi — Lega Nord e Liberi e Uguali — e, se dovesse ricevere l’incarico di formare il governo del prossimo quinquennio, valuterà chi dei due è più in linea con il programma del M5S.

Nonostante lo Ius soli possa sembrare “morto e sepolto” — come aveva commentato un soddisfatto Calderoli lo scorso dicembre —, Giorgia Meloni e Matteo Salvini continuano a farne il cavallo di battaglia della loro campagna elettorale. Un facile appiglio per il consenso popolare.

Secondo l’Istituto Demopolis, ciò che del 2017 più ha colpito gli italiani sarebbe la gestione dei flussi migratori e, benché questo non abbia nulla a che fare con i destinatari della riforma, il dibattito pubblico sull’argomento tende ad associare migrazione e cittadinanza italiana. Non a torto il senatore democratico Luigi Manconi accusava della mancata approvazione la destra che “ha fatto credere che la legge riguardasse chi sbarca.” Era stato La Russa a sdoganare questa correlazione, quando aveva detto che, nel caso in cui lo Ius soli fosse stato approvato, l’Italia sarebbe diventata la “sala parta d’Africa.” Lega e FdI hanno poi fatto rientrare la battaglia contro la riforma della cittadinanza entro la loro posizione più generale contro i profughi.

Se ci si domanda del perché del capovolgimento dell’opinione pubblica in merito allo Ius soli (si è passati dal 71% di favorevoli del 2011, all’appena 44% dello scorso anno), bisogna anche guardare al linguaggio a cui ci ha abituato la politica italiana nell’ultimo biennio. La manipolazione della percezione delle masse svolge un ruolo chiave nelle strategia politiche e democratiche. In questa ottica, è facile spiegarsi non solo perché gli italiani percepiscano gli immigrati come il 30% della popolazione (contro l’8% dei dati reali), ma anche perché considerino lo Ius soli uno strumento della “sostituzione etnica,” dell’invasione e della cittadinanza regalata.

E i diretti interessati? Il movimento Italiani senza cittadinanza continua la sua battaglia, con lo stesso spirito con cui aveva scritto l’appello a Mattarella — fiducioso, ma disatteso.


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