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L’omicidio della moglie del boss Nirta, la sera di Natale a San Luca, e la strage di Duisburg, il giorno di Ferragosto di dieci anni fa: due capitoli sanguinosi di una faida senza fine, che supera i confini della Calabria, arriva in Europa, e torna indietro.

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25 dicembre 2006, Natale, San Luca (RC)

San Luca è un piccolo paese nel cuore dell’Aspromonte calabrese. Ospita il Santuario della Beata Vergine di Polsi, meta di pellegrinaggio internazionale, e nel 2013 il suo comune è stato sciolto per infiltrazione mafiosa. San Luca è la patria della ‘ndrangheta.

Il 25 dicembre di undici anni fa San Luca era vestito a festa, come tutti i paesi sparsi per l’Italia, come ogni anno. Le luci natalizie nel piccolo centro storico, le case addobbate, le tavole fin troppo piene (che in Calabria si usa così), i bambini che scartano regali, gli alberi accesi, la magia che crea l’inverno che ti cattura e ti riscalda nonostante il freddo, nonostante le montagne dell’Aspromonte che circondano il paese.

San Luca, CC Jacopo Werther / Wikimedia Commons
San Luca, CC Jacopo Werther / Wikimedia Commons

Due uomini con indosso un passamontagna sparano a un gruppo di persone davanti una delle case del centro, e scappano via. Atti del genere a San Luca nemmeno stupiscono più, sia chiaro, però è la notte di Natale, e questo non si può ignorare.

Quel gruppo di persone era un bersaglio preciso dei killer: Giovanni Luca Nirta, boss di una delle famiglie più importanti della ‘ndrangheta; Maria, moglie trentatreenne del boss; Francesco Nirta, il fratello, e il nipote del boss di soli cinque anni. La violenza a San Luca non è mai casuale, è sempre precisa, mirata, studiata, non guarda in faccia nessuno, non si fa scrupoli di nessun genere. In questo attentato muore nell’ospedale di Locri Maria, la moglie del boss, mentre gli altri rimangono feriti. Ma non solo: rimangono con il desiderio di vendetta.

15 agosto 2007, Ferragosto, Duisburg, Germania.

Duisburg si trova nella parte occidentale della Regione della Ruhr, dove si incontrano il Reno e la Ruhr. È uno dei centri industriali più grandi della Germania, principale sito siderurgico tedesco per la produzione di acciaio. Vanta il porto fluviale più importante d’Europa, ed è una colonia mafiosa della ‘ndrangheta. A differenza delle altre mafie, la ‘ndrangheta ovunque arriva “non si limita a fare affari o a riciclare i propri soldi. Fa molto di più: riproduce senso e identità, rigenera il modello di comunità e i (dis)valori che ha lasciato a migliaia di chilometri, insediando le proprie strutture criminali in un legame indissolubile con i vertici dell’organizzazione in Calabria.”

La Germania è uno dei paesi in cui la ‘ndrangheta è riuscita a radicarsi in maniera più capillare, creando vere e proprie colonie a Berlino, Bochum, Colonia, Dresda, Düsseldorf, Essen, Kaarst, Lipsia, Monaco, Neunkirchen, Oberhausen, Tubinga. Tanto che, mentre di norma in tutto il mondo quando si dice “pizza” si pensa a Napoli, in terra tedesca “pizza” vuol dire Calabria.

Il porto interno di Duisburg / Wikimedia Commons
Il porto interno di Duisburg / Wikimedia Commons

La sera di Ferragosto di fronte alla pizzeria “Da Bruno,” in un quartiere rinomato della città, dei killer provenienti da San Luca sparano e uccidono sei ragazzi sotto gli occhi degli abitanti tedeschi, che non capiscono cosa stia succedendo. La ‘ndrangheta fuori casa non si esibisce se non è davvero necessario, resta all’ombra, mantiene un profilo basso, si infiltra nell’economia legale dei paesi in silenzio. Mettersi ad uccidere in mezzo a una strada, di fronte a una pizzeria, in una sera d’estate, è sicuramente una cosa tanto rara quanto “inevitabile,” secondo la logica ‘ndranghetista.

Le vittime sono sei ragazzi appartenenti alla famiglia mafiosa dei Pelle-Vottari-Romeo, i mandanti dell’attentato di Natale dell’anno prima, e i rivali storici della famiglia Nirta-Strangio. Le vittime sono tutte calabresi, e calabresi sono i killer che attraversano l’Italia e arrivano fino a Duisburg per ucciderli.

Le prime pagine di due quotidiani tedeschi con l’identikit di Giovanni Strangio, uno dei responsabili della strage
Le prime pagine di due quotidiani tedeschi con l’identikit di Giovanni Strangio, uno dei responsabili della strage. Condannato all’ergastolo in via definitiva nel 2016, Strangio ha annunciato pochi giorni fa che chiederà una revisione del processo / Flickr, CC Martinaroell

La ‘ndrangheta non fa nulla per coincidenza: le armi che la notte di Natale del 2006 avevano sparato e ucciso la moglie del boss Nirta erano tedesche, e in Germania sarebbe quindi arrivata la risposta. La sera in cui morì Maria era una serata di festa. Era Natale, e sicuramente da quel momento in poi per la famiglia Nirta, il Natale non sarebbe stato più una giornata di festa. La vendetta avrebbe tenuto conto anche di questo, avrebbe aspettato per mesi covando, organizzandosi, e colpendo il 15 agosto, altra giornata rossa sul calendario, per poter rovinare per sempre anche ai nemici una festa sacra.

Il sacro è un fattore fondamentale per la ‘ndrangheta, è il cuore pulsante della loro organizzazione. È un sacro fatto di riti, di simboli, di codici da rispettare, di usanze da tramandare. La sera di ferragosto, infatti, proprio nel locale in cui si consumò la strage, si stavano festeggiando i 18 anni di una delle vittime e la sua affiliazione alla ‘ndrangheta.

Il sacro è un fattore fondamentale per la ‘ndrangheta, è il cuore pulsante della loro organizzazione.

Per entrare nella ‘ndrangheta serve battezzarsi, di nuovo come quando si nasce. Nel rito di iniziazione viene punto il dito del nuovo membro e fatto uscire un po’ di sangue. Col sangue viene macchiata l’immagine di un santo, San Michele, viene pronunciato il giuramento e bruciata l’immagine del santo. Se il giuramento verrà infranto, la persona brucerà esattamente come quella immagine.

Il motivo di queste due stragi risale a ben sedici anni prima di quella notte di Natale: nasce a San Luca durante il Carnevale, quando dei giovani appartenenti al clan Nirta-Strangio lanciarono delle uova per strada colpendo anche la macchina di un Vottari. Questo bastò per scatenare una guerra che si protrae da anni, che supera i confini del paesino, della Calabria, dell’Italia; che arriva in Germania, il cuore dell’Unione Europea; che torna indietro, perché tutto nasce e finisce nella “mamma” (nome con cui viene indicato nella ‘ndrangheta il paese di San Luca), che colpisce le feste, che macchia il Natale, che oggi ci fa raccontare questa vicenda che sembra uno di quei film che danno ogni anno in televisione, ma che invece è reale, è la nostra storia.


Francesca è Fra Not su Facebook.

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