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Benvenuti a Eco 

la rassegna stampa quindicinale dedicata a energia, ambiente, ecologia e sostenibilità.eco-titlecard-003

In questa puntata, criptovalute per tutti i gusti: da quelle che secondo Maduro potrebbero salvare il Venezuela, al Bitcoin, che consuma una quantità spropositata di energia. Mappa della settimana: i movimenti NIMBY in Italia.

1. Criptovalute made in Venezuela

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Poco meno di un anno fa usciva la prima puntata di Eco, e la prima notizia riguardava proprio il Venezuela, il suo petrolio e la sua economia disastrata. Nel corso di un anno non si può dire che la situazione sia cambiata di molto. Pochi giorni fa, però, con un coup de théâtre—ndice di una situazione economica sempre peggiore e, forse, di un’improvviso lampo creativo dovuto alla crisi stessa—il presidente Maduro ha annunciato la creazione di una criptovaluta, il cui valore dovrebbe essere garantito dalle riserve petrolifere venezuelane, e che permetterebbe al Paese di uscire dalle attuali difficoltà. Al momento non vi sono altri dettagli. Maduro, nel corso della presentazione, ha annunciato che “il 21esimo secolo è arrivato!” Per dare un’idea della situazione in cui versa il Venezuela, come riportato da Reuters, solamente lo scorso mese il bolivar—valuta ufficiale e tangibile—ha subito un deprezzamento del 57% rispetto al dollaro.

2. I Bitcoin consumano energia. Troppa energia

Nelle ultime settimane molte testate hanno iniziato a prestare attenzione all’aspetto energetico dei Bitcoin, il cui processo di mining, effettivamente, consuma parecchia energia. Ars Technica si era occupata della questione qualche mese fa, riportando uno studio secondo cui l’intero network Bitcoin consumerebbe annualmente 32 terawattora—ovvero un dato vicino al consumo annuo di energia dell’Irlanda, guardare la mappa per credere. Minare Bitcoin, infatti, richiede una notevole potenza computazionale—qua un’ottima spiegazione. Agli albori della criptovaluta non si trattava di nulla di eccezionale ma, con il passare del tempo, il numero dei computer impegnati nel mining è aumentato esponenzialmente, così come il numero delle transazioni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e, nonostante il futuro del Bitcoin sia piuttosto dibattuto, se il trend futuro rimarrà invariato, i miner dovranno prepararsi a pagare bollette sempre più care. Non è un caso, quindi, che gran parte dell’attività di mining si svolga in Cina, dove il prezzo dell’elettricità è più basso.

3. La Russia vende petrolio alla Corea del Nord?

La Russia sta violando le sanzioni Onu approvate a settembre, relative alle limitazioni delle importazioni di petrolio (e prodotti petroliferi) verso la Corea del Nord? Così pare, stando a quanto riportato da Deutsche Welle, l’emittente pubblica internazionale tedesca. Non si spiegherebbe, altrimenti, il vertiginoso calo dei prezzi di parecchi tipi di carburante nel Paese, riferito da alcuni giornalisti che lavorano per Asia Press International. Il carburante arriverebbe nella provincia dello Ryanggang direttamente dalla Russia, intenzionata ad evitare che l’economia nordcoreana collassi, con conseguenze deleterie sulla stabilità del Paese.

4. Cosa succederà quando la temperatura media aumenterà di 3 gradi?

Nulla di buono, questo è certo. Per averne conferma basta dare un’occhiata ai grafici elaborati dal Guardian, che mostrano quali parti del mondo verranno sommerse dagli oceani se, entro il 2100, la temperatura media mondiale sarà aumentata di 3°C—secondo le proiezioni attuali, siamo sulla buona strada per arrivarci. Le città asiatiche in particolare saranno quelle che risentiranno maggiormente dell’innalzamento del livello dei mari. Un esempio? Osaka scomparirebbe del tutto, con conseguenze immaginabili sull’economia regionale, e più di 5 milioni di persone sarebbero interessate dal fenomeno. Ma, come si evince dalle mappe, anche Alessandria in Egitto, Rio De Janeiro, Shanghai—in Cina l’innalzamento delle acque procede a un ritmo notevolmente superiore rispetto alla media mondiale—e numerose altre megalopoli sarebbero colpite pesantemente.

5. Gli ostacoli di Trump alle rinnovabili

Come scritto più volte su Eco, nel corso dell’ultimo anno l’amministrazione Trump ha fatto di tutto per cercare di fermare il declino delle fonti di energia fossili, in particolare il carbone—è stata presa in considerazione una proposta di sussidiare proprio il settore del carbone, e anche del nucleare. Tutto ciò nonostante il mercato dell’energia guardi nella direzione opposta, ovvero verso le rinnovabili. Ora, però, sembrano avvicinarsi due minacce al business in questione: la riforma fiscale appena approvata al Senato, che potrebbe avere effetti pesantissimi su tutta l’industria dell’eolico e del solare, e le tariffe sui pannelli solari importati dalla Cinadi cui si parla da mesi—se effettivamente implementate potrebbero causare un’ulteriore battuta d’arresto a quello che, altrimenti, potrebbe diventare uno dei settori trainanti dell’economia statunitense.

6. #MapOfTheWeek

Qualenergia ha costruito una mappa dei movimenti NIMBY in Italia. È importante notare come “Not in my Backyard” sia una tipologia di protesta rivolta contro diversi tipi di infrastrutture, non solo ferrovie e gasdotti—com i noti casi NO TAV, NO TAP e NO TRIV—ma anche contro le energie rinnovabili in generale. Esempio lampante di questo fenomeno è, ad esempio, la battaglia di Vittorio Sgarbi contro pannelli solari e turbine eoliche, soprattutto in Sicilia, dove è appena stato eletto Assessore ai Beni Culturali.


Eco è a cura di Giovanni Scomparin e Tommaso Sansone.

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