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Il Giappone deve ancora completamente riprendersi dalla scoperta della “Casa degli orrori” dello scorso ottobre.

La vicenda, raccontata con malata precisione dalla stampa nipponica, racconta di un appartamento di Zama, nella prefettura di Kanagawa, trovato pieno di strumenti di tortura, nove teste e svariate altre parti corporee.

L’assassino, il ventisettenne Takahiro Shiraishi, ha confessato i nove omicidi, avvenuti tutti tra agosto e ottobre scorso. Ma il caso ha acquisito un ulteriore strato di inquietudine quando è stato ricostruito che una delle vittime di Shiraishi, Aiko Tamura, una giovane donna di 23 anni, avrebbe conosciuto l’assassino dopo aver scritto su Twitter che voleva suicidarsi. Secondo le indagini, Shiraishi stalkerava possibili vittime sui social network e su Suicide Apartments, siti internet interamente dedicati alla discussione “open minded” sul suicidio in cerca di persone che potesse manipolare. Uno dei propri canali di acquisizione era un account Twitter, @hangingpro, che recitava: “Vorrei aiutare le persone che stanno davvero soffrendo. Scrivetemi via DM.”

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Le comunità pro–choice in materia di suicidio sono tra gli angoli di internet la cui legittimità è più in discussione. È una posizione diffusa e sommariamente comprensibile che questi spazi offrano valvole di sfogo e canali di espressione per persone che mai prima di internet avrebbero potuto descrivere le proprie difficoltà. Ne avevamo parlato qualche tempo fa, quando in Italia era scoppiato il caso Blue Whale.

È altrettanto vero che una parte non minore delle frequentazioni di questi forum sia composta da pericolosissimi troll, solo interessati nel giocare con le emozioni del prossimo, e da alcune persone attivamente in cerca di vittime. Sempre durante il caso Blue Whale era stato arrestato uno degli ideatori del terribile gioco, il 22enne russo Philip Budeikin, che aveva dichiarato di aver architettato per “purificare la società”.

Il problema della prevenzione dei suicidi, e dell’assistenza per chi ha pensieri suicidi, è particolarmente grave in Giappone, un paese dove depressione è un’emergenza sanitaria sempre più pressante, anche tra i giovanissimi che si vedono con poche speranze per il futuro. Da anni è noto il caso della Foresta di Aokigahara, un luogo dove moltissime persone — soprattutto giovani — si ritiravano a togliersi la vita.

Oltre ad essere tradizionalmente radicato e rispettato nella cultura giapponese in forme codificate e rituali come il noto seppuku, a partire dagli anni ‘90 il paese ha visto una crescita drammatica del numero di chi vuole togliersi la vita, in seguito anche a una lunghissima crisi economica. Attualmente, le cifre parlano di circa 22.000 suicidi all’anno, rendendo il Giappone il paese sviluppato con il secondo più alto numero di suicidi pro capite: un numero in calo negli ultimi anni — l’anno peggiore è stato il 2003, con più di 34.000 suicidi — ma comunque drammatico.

Il suicidio è ancora la prima causa di morte in Giappone tra i 15 e i 39 anni.

In una conversazione con il Japan Times, Toru Igawa, responsabile del centro prevenzione suicidi di Tokyo, disegna uno scenario drammatico. Il centro, che gestisce un telefono amico notturno per assistere le persone anche durante le ore chiusura, riceve circa 12 mila chiamate all’anno. Sono una media di 32 persone che hanno pensieri suicidi a notte. Secondo la testata Japan Times, il 51,2% di un campione di 3000 cittadini giapponesi vorrebbero l’apertura di più consultori nel paese.

Ma per tanti l’assistenza dei centri di prevenzione è inaccettabile: sono le persone che non pensano di aver bisogno di non uccidersi, ma che non devono semplicemente trovare il coraggio di fare “il passo.” Si tratta di un’attitudine contro la quale può agire solo una lotta di tipo proattivo, che un centro di prevenzione non può compiere. Nei casi più preoccupanti di post suicidi sui social network è la polizia stessa, in Giappone, a raggiungere le persone prima che possano togliersi la vita — ma queste persone non cercheranno mai supporto per canali convenzionali. Solo lo scorso anno il Japan Internet Hotline Center ha segnalato 257 persone sull’orlo del suicidio osservando i loro post online.

Il capolavoro di Hokusai ritrae un'onda in tempesta nel mare poco fuori la prefettura
Il capolavoro di Hokusai ritrae un’onda in tempesta nel mare poco fuori la prefettura

Ma cercare questo tipo di comprensione è spesso da solo un comportamento pericolosissimo: il comportamento di un predatore, o, in questo caso, letteralmente di un serial killer, può essere facilmente interpretato come attenzioni sincere, soprattutto da parte di persone che ne hanno un bisogno disperato.

La soluzione passa per forza da un più stretto monitoraggio di internet. Un’operazione che potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Secondo Yoshihide Suga, segretario generale del Gabinetto, Twitter, ad esempio, sarebbe “un social network su cui è difficile tenere occhio.” Twitter, che imposta i messaggi dei propri utenti come pubblici come impostazione predefinita e che è di gran lunga il social network con le migliori API, è tutto tranne che difficile da monitorare. Di fronte a quello che è chiaramente un poco gestibile problema tecnico, Suga ha richiesto che i siti con maggiore presenza di profili sospetti siano direttamente chiuse.

Tra le nove vittime di Shiraishi tre persone erano sulla ventina, e una persona era minorenne. Sono in molte le voci in questo momento che in Giappone ipotizzano una messa al bando dei social network per i minori, un’idea solo pochi anni fa molto diffusa anche in Occidente e gradualmente caduta in disuso mentre internet ha continuato a permeare ogni aspetto della nostra vita.

Se avete bisogno di aiuto. Troppe persone — scosse da pensieri distruttivi, causati spesso da eventi traumatici e altre volte da condizioni depressive — cercano aiuto su internet, perché si sentono più sicure, meglio comprese. In queste situazioni, è invece necessario affidarsi al supporto di assistenza professionale. Se avete bisogno di parlare immediatamente con qualcuno contattate il Telefono Amico (se preferite non parlare, è disponibile anche una mail) o il Servizio Prevenzione Suicidio. Se siete minorenni è disponibile anche il Telefono Azzurro, sia via chat che al numero 19696. Non abbandonatevi a brutti pensieri — abbiamo bisogno di voi.