smog Milano

Non piove nel Nord Italia. L’emergenza smog – l’ennesima – e un altro autunno anomalo, stanno contribuendo a rendere irrespirabile l’aria dei nostri cieli. Scattano diversi interventi emergenziali a livello comunale, con alcuni timidi e difficoltosi tentativi di renderli condivisi a livello regionale. Altro anno, stessa storia.

Il livello delle polveri sottili ha raggiunto nelle ultime settimane dei livelli preoccupanti, specialmente nella Pianura Padana. Su tutte, due le città che presentano particolari criticità: Torino e Milano. Le stesse sono in ottima compagnia: Monza, Mantova, Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona, Pavia, solo per citarne alcune. Tutte hanno oltrepassato il limite annuale di 35 giorni riguardante le concentrazioni di polveri sottili consentito dalla legge italiana.

La situazione può essere riassunta con una sola emblematica immagine, pubblicata dall’astronauta italiano Nespoli: l’area sopra la Pianura Padana, coperta da una macchina scura, una grigia cappa dovuta al mix di inquinamento e foschia.

Andando oltre questa immagine, cosa sta davvero accadendo in questi giorni?

Nessun inquinamento da record, per iniziare. Secondo i dati distribuiti dall’Arpa, è possibile notare come i livelli di inquinamento dell’aria siano nettamente inferiori rispetto a quelli di 30-40 anni fa. Un trend decrescente, che è presente uniformemente in tutta l’Italia.

Ciononostante è corretto parlare di emergenza, in quanto sono molte le città del Nord, come già precisato, che sfiorano regolarmente i limiti suggeriti dall’Organizzazione mondiale della Sanità e dall’Ue. Limiti oltre i quali, i rischi per la salute sono serissimi.

Ma quali sono le reali dimensioni e gravità del problema?

Per cominciare, il recente rapporto della Lancet Commission on Pollution & Health parla di oltre 9 milioni di morti causate dall’inquinamento nel 2015 (oltre il 15% dei decessi mondiali annuali). Aids, tubercolosi e malaria combinate non risulterebbero così letali.

Nello specifico, l’Oms parla di circa 3 milioni di decessi all’anno legati all’inquinamento dell’aria. Un problema sicuramente europeo, in quanto si registrano oltre 500 mila morti premature ogni anno, a causa di inquinamento atmosferico nel nostro continente (Agenzia Europea dell’Ambiente). In questo quadro, con circa 90 mila morti legate al fenomeno, l’Italia si trova in testa a questa speciale classifica.

Un problema che assume dimensioni preoccupanti anche dal punto di vista puramente economico. Da una parte si assiste alla riduzione del Pil (specialmente per i paesi a medio-basso reddito) a causa delle malattie e problematicità legate all’inquinamento, dall’altro all’aumento inevitabile della spesa sanitari. Un problema tutt’altro che esclusivamente Italiano, dalle evidenti dimensioni e criticità globali.

Tornando all’Italia, cosa è stato fatto nelle ultime settimane per rispondere a questa emergenza smog?

Sono scattate alcune delle misure approvate dall’accordo di programma firmato a giugno dal ministero dell’Ambiente con Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto.  Nel dettaglio, si tratta della misura condivisa di gestione delle situazioni di emergenza legate al superamento dei limiti di inquinamento da PM10, con divieti temporanei comuni e omogenei nelle quattro regioni. La limitazione della circolazione a categorie di veicoli diesel più inquinanti (potenzialmente fino all’Euro 5 nei casi più gravi), il divieto di qualsiasi tipologia di combustione all’aperto e il limite a 19°C per le temperature medie nelle abitazioni e spazi ed esercizi commerciali, sono alcune delle misure attuate. In aggiunta, sono state diverse le comunicazioni specifiche da parte delle amministrazioni comunali riguardanti i livelli dell’emergenza e le norme di comportamento più adatte. La nota più controversa è probabilmente quella del comune di Torino, che ha consigliato ai cittadini di limitare l’attività fisica all’aperto e di “evitare di aprire porte e finestre.” In risposta, Codacons ha parlato di “cittadini sequestrati in casa,” criticando delle politiche ambientali ritenute non adeguate.

In tal senso, a poco e niente sono servite le misure adottate.

Secondo Legambiente, che parla della necessità di prendere più seriamente la “guerra dell’aria,” sindaci e Regioni si sono mossi in maniera non sufficientemente efficace e tempestiva.

L’impotenza delle singole giunte comunali sembra evidente quando lo stesso sindaco di Milano Giuseppe Sala, in merito all’emergenza, si esprime soprattutto con termini legati alla speranza e non a chiari interventi e misure da seguire, augurandosi che possano essere condivise e adottate, dalle maggiori metropoli europee, delle proposte radicali sul tema. Al sindaco va senz’altro riconosciuto l’aver sottolineato la gravità e complessità del problema. La lotta all’inquinamento atmosferico,  può essere affrontata solo attraverso misure strutturali di lungo periodo, condivise a livello nazionale e internazionale. Come ha recentemente affermato Martin Wolf (una delle più autorevoli firme americane in campo economico) sul Financial Times, il clima è un settore dove non esistono confini e dove diventa vitale una collaborazione su più livelli.

Negli ultimi giorni, la situazione di emergenza in Italia sembra essere stata ridimensionata.

Neve, vento e pioggia sul Nord Italia sono riusciti ad ottenere alcuni risultati là dove comuni e regioni erano risultati impotenti, tenendo a bada i livelli di polveri sottili e l’emergenza smog. Alcune delle misure adottate nelle settimane scorse sono state parzialmente revocate, a partire dallo stop ai veicoli diesel nella città di Torino. Tuttavia, il livello di allerta rimane elevato in tutto il Nord Italia, poiché il maltempo è durato poco e la prospettiva di un meteo stabile, potrebbe tradursi in condizioni poco favorevoli per la dispersione degli inquinanti atmosferici, causando nuovi problemi.

Dunque, emergenza sì, emergenza no. Interventi d’emergenza forse sì, forse no.  Sarà il tempo, la pioggia, a decidere per noi.

La situazione ha assunto dei caratteri di cronicità, come riporta il recente rapporto di Legambiente. Lo stretto legame che intercorre tra inquinamento (atmosferico e non) e cambiamento climatico non può non essere preso in considerazione.

Nel dettaglio,  l’utilizzo dei combustibili fossili, la crescente incertezza legata al “caos climatico” e le previsioni relative all’inarrestabile urbanizzazione, contribuiscono a rendere estremamente delicato, instabile e complesso il problema dell’inquinamento atmosferico e non, rendendolo di certo una delle sfide più importanti del nostro presente e (ancora di più) del nostro futuro.

Le amministrazioni impotenti – che sembrano rievocare antiche usanze – attribuendo alla pioggia e al meteo in generale, così come accadeva nel passato per i campi da coltivare, un ruolo chiave nella salvezza dall’inquinamento atmosferico del presente, rendono evidente la necessità di intervenire su più fronti.

Da una parte, un passo importante va fatto dai cittadini stessi: cambiare parte dei propri standard di vita, utilizzare delle alternative di mobilità e di vita quotidiana più sostenibili può essere un buon punto di partenza in tal senso.

Dall’altra è possibile citare alcune delle misure che Legambiente chiede vengano adottate al più presto nelle principali città italiane. Aumentare le aree pedonali e il verde urbano (anche sugli edifici), favorire una mobilità ad “emissioni zero” (incentivando bike sharing), potenziare il servizio di mobilità pubblica, eliminare del tutto dalle città i veicoli più inquinanti (con standard sempre più elevati per poter accedere alle aree urbane) e rafforzare controlli e sanzioni su emissioni di auto, caldaie e soprattutto industrie.

A fianco a questi interventi, infine, è fondamentale, partendo dagli impegni e proposte dell’accordo sul clima di Parigi, che siano chiari gli impegni e sforzi congiunti di tutti i governi (con buona pace di Trump) verso quella che è stata definita una delle più grandi minacce per la sopravvivenza dell’umanità.

In un momento storico dove il clima presenta sempre maggiori incertezze, mostrando la sua imprevedibilità e potenza devastante, dalla Florida all’Irlanda, è ingenuo pensare di poter risolvere i problemi di un inquinato presente attendendo che piova, portando via lungo un immaginario canale di scolo quelle che sono delle evidenti mancanze, ritardi e colpe della nostra società industrializzata.