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Nella storia dell’America Latina, le favelas si sono sviluppate ai margini delle megalopoli che ne permettono la sopravvivenza ma anche la marginalizzazione perenne. Mentre le città si modernizzano, gli slum sopravvivono e proliferano.

Si calcola che nelle favelas brasiliane oggi vivano più di undici milioni di persone.

Per malgoverno o per repressione i governi hanno spesso escluso dai piani di crescita le aree marginali delle megalopoli, dipingendole come fulcro della violenza e del consumo di droga. Le azioni della polizia repressive e sommarie sono state denunciate dall’Onu quando in vista delle Olimpiadi 2016 c’è stato un alto tasso di omicidi di minori nelle favelas di Rio e i cosiddetti meninos de rua.

Questa tendenza a criminalizzare i più poveri, le minoranze, le persone di colore ha coinvolto anche la musica che è nata proprio nelle shanty town di Rio: il Carioca funk.

Come con il pretesto della lotta alla droga vengono fatti repulisti di piccoli criminali, allo stesso modo il governo di Brasilia ha deciso che la musica funk brasiliana dovrebbe essere bandita perché troppo esplicita e perché “istiga alla violenza:” così si legge sulla proposta, presentata in parlamento settimana scorsa con 20000 firme.

A promuovere l’iniziativa è stato un imprenditore di Brasilia, che ha scelto come mascotte un personaggio doppiamente vincente perché uomo politico ed ex centravanti della nazionale brasiliana: Romario Faria.

Il funk nasce con una base di importazione, quella degli schiavi neri da cui acquisisce il ritmo e lo stile, come quasi tutta la musica dell’America Latina. Ha poi accolto tantissime e disparate influenze. Tra le più evidenti il Miami Bass e il rap acquisiti perché Miami era negli anni ’90 uno dei pochi scali per poter raggiungere il nord degli Stati Uniti dal Brasile. Si è creata a partire dalla fine del secolo scorso una musica stratificata e carica di una forte identità afro-brasiliana. Nei testi erano rappresentate le battaglie per i diritti e la volontà di farsi sentire. Tra le varie declinazioni del funk carioca, c’è un sottogenere: il funk proibidao. Da sempre legato dalla stampa mainstream alla militanza del gruppo Comando Vermelho e attaccato dal governo perché troppo spinto, come è successo per esempio per il brano “Baile de Favela” (“Favela Party”) di MC João che è stato accusato di essere troppo esplicito nei suoi testi e di scorrettezza nei confronti delle donne.

Il genere più famoso del Sud America, il reggaeton, ha avuto un simile destino, colpito da una polemica che torna ciclicamente ad attaccare l’intera cultura musicale in quanto spesso portatori di messaggi violenti e maschilisti.

La Segreteria delle donne dello stato messicano di Coahuila ha chiesto di vietare questo tipo di musica nelle scuole elementari e medie perché “denigrante verso il genere femminile,” — un’azione importante in un’area con il più alto tasso di femminicidi al mondo (con una media di 7 donne al giorno) In compenso, l’Istituto basco per i diritti delle donne ha pubblicato su Spotify una playlist di 300 canzoni consigliate per manifestazioni e festival promotori dell’uguaglianza fra i sessi.

Il processo che si sta invece imponendo alla musica carioca è una condanna generalizzata di un genere musicale, collegando con una semplice equazione questa cultura musicale al sessismo e alle violenze.

Si può invece fare un discorso più mirato su alcune tracce nutrite dallo slang e dal machismo quali “Cuatro babys” di Maluma contro cui è in corso una raccolta firme su Change.org.

Tra le frasi incriminate:

Estoy enamorado de cuatro babies.
Siempre me dan lo que quiero,
chingan cuando yo les digo,
ninguna me pone pero.

Secondo l’attivista colombiana Lineyl Ibáñez, che ha lanciato la campagna “Usa la ragione” per denunciare i testi più maschilisti del reggaeton, “siamo oggetto continuamente di un bombardamento di frasi violente e aggressive a scapito delle donne, e ciò diventa un’abitudine, una cosa normale. È normale quindi che gli uomini ti trattino come una perra (letteralmente “cagna”), che ti prendano per i capelli, e che ti minaccino di poter fare di te quello che vogliono, che ti picchino o che ti stuprino.»

La sfida sta nel trovare un equilibrio e non normalizzare la violenza accettando che la musica sia lo specchio di atteggiamenti violenti, ma allo stesso tempo non criminalizzare le minoranze che utilizzano la musica per raccontare la vita quotidiana nelle strade di Rio.