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Dal progetto di Tesla ai tentativi della Toyota: la ricerca nel campo delle auto elettriche ha convinto le compagnie automobilistiche ad adottare un piano di sviluppo per il settore, ma non tutti sono d’accordo.

Articolo a cura di Free2Change.

In occasione del ritiro della laurea honoris causa in ingegneria meccatronica, l’ad di Fca Sergio Marchionne ha messo in guardia il pubblico sul futuro delle auto elettriche: “Dobbiamo essere realisti, le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissioni nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio.” E mentre il gruppo Fiat Chrysler Automobiles si muove a rilento in questo settore, il resto del mondo aumenta invece i tempi di sviluppo e ricerca nel campo delle cosiddette EV.

Lo scorso 4 agosto un team italiano di appassionati ha confezionato un capolavoro dell’hypermiling — una tecnica di guida che permette di ottenere consumi estremamente bassi — battendo il record di autonomia per un’auto elettrica da strada: con una carica della batteria agli ioni di litio hanno guidato una Tesla Model S per 1078 km — mai nessuno si era spinto oltre il muro dei 1000 prima — sulle strade del salernitano, meritandosi un tweet di congratulazioni dall’entusiasta patron Musk.

Al di là di questo risultato interessante ma poco significativo in termini tecnici – l’auto si è spostata a velocità molto basse su strade dolci e poco trafficate, l’autonomia reale dell’ultimo modello di Tesla (la Model 3) è in realtà circa 400 km per carica – al sudafricano va sicuramente il merito di aver fatto di un costruttore di auto elettriche il gigante del settore automotive americano, almeno in termini finanziari. Infatti la capitalizzazione di mercato di Tesla ha ormai superato quello dei giganti General Motors e Ford (mentre Volkswagen e Toyota sono finanziariamente ancora lontane), nonostante i notevoli ritardi nelle consegne dell’ultimo modello e il bilancio tutt’altro che roseo — visto che Tesla non è mai stata finora profittevole e le vendite non superano gli 80.000 modelli l’anno, contro i 6 milioni di Ford.

E le altre car companies? Molte, come detto, avevano puntato sull’auto elettrica quando ancora Musk programmava questo gioco sparatutto su Commodore: dai tentativi quasi commoventi di Fiat con la City Car, passando per le soluzioni plug-in hybrid (ibrido con ricarica tramite presa elettrica) di Toyota, tecnicamente interessanti ma esteticamente discutibili (vedi Prius), fino agli ultimi modelli di Nissan (Leaf), BMW (i3) e altre nove case che, secondo l’E-Mobility Report 2016 del Politecnico di Milano, stanno dando battaglia al rivale americano, presentando vetture molto competitive per prezzo e prestazioni.

Eppure qualcuno è riuscito nell’impresa di rendere modaiolo un prodotto (l’auto elettrica o EV) che esiste da fine ottocento, sul quale si è fatta ricerca con metodi moderni a partire dagli anni Cinquanta e di cui si parla con insistenza dalla crisi petrolifera degli anni Settanta, e nonostante ciò era rimasto il parente strambo e minorato dei modelli tradizionali, che tutte le case d’auto avevano ma esibivano solo alle Future’s Fair.

Come? Rivoluzionando il concetto di auto.

Da un lato, chi punta sugli EV abbraccia uno scopo completamente diverso dalle altre car companies: “salvare il mondo dal cambiamento climatico, accelerando la transizione verso la mobilità sostenibile” contro “la mia auto è più comoda e ha più cavalli.”

Dall’altro, la società di Palo Alto e alcuni dei suoi concorrenti, come Toyota, puntano a superare il concetto stesso di car company, integrando soluzioni di mobilità, produzione e stoccaggio di energia privati, sulla scia dei mega-trend del ventunesimo secolo: tecnologia digitale, energia, integrazione dei servizi, decentralizzazione.

Perché se un EV driver oggi è seduto su un concentrato di tecnologia informatica, raccolta dati ed elaborazione cloud per ottimizzare il comfort e adattare le prestazioni allo stile di guida dell’utente, una recente collaborazione di Tesla con NVIDIA ha confermato la volontà della casa di produrre veicoli elettrici con pilota automatico, la prossima frontiera della guida.

Per rendere democratica l’auto elettrica, i produttori puntano sulla strategia più vecchia e collaudata della storia industriale: le economie di scala. Ford aveva creato la catena di montaggio per rendere la sua Model T l’auto del popolo, Musk ha costruito la GigaFactory, una fabbrica di batterie in grande scala e in continua crescita, per tagliare i costi di produzione, ma anche Cina e Germania si preparano ad investire nel business per arginare le importazioni dagli States.

Tuttavia i detrattori degli EV – a cui si aggiunge da ieri Sergio Marchionne – sostengono che elettrificare la mobilità privata sarebbe in realtà dannoso per il clima, in quanto la domanda di energia elettrica crescerebbe e diventerebbe quindi conveniente produrre anche per gli impianti meno efficienti (e quindi più inquinanti) come quelli a carbone, il combustibile climalterante per eccellenza.


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Tutto questo sarebbe vero solo se la transizione dei trasporti non fosse accompagnata da una transizione energetica verso le fonti rinnovabili, che andrebbero a soddisfare la nuova domanda (visti i costi di produzione nulli, che le rendono più competitive del carbone sul mercato energetico), rendendo le auto elettriche davvero emission-free.

A questo scopo Tesla ha acquisito SolarCity, il più grande fornitore di pannelli fotovoltaici negli Stati Uniti, e ha iniziato in queste settimane le prime installazioni di Solar Roof, i tetti con tegole fotovoltaiche (che hanno un rivale italiano! E’ Solarteg). Questa tecnologia, abbinate ad un sistema di accumulo e al caricatore domestico, garantiscono piena autonomia al consumatore, svincolandolo da distributori, costi di trasporto e, non ultimo, emissioni.

La rete di ricarica, una delle principali barriere alla diffusione degli EV , sta crescendo in  tutto il mondo – anche in Italia – e la carica completa garantita in soli 30 minuti renderà possibili anche i viaggi a lunga percorrenza.

E la natura smart di questa rete – cioè la sua capacità di gestire flussi bidirezionali di energia e rispondere velocemente ai segnali del gestore – consentirà alle auto elettriche di fungere da veri e propri serbatoi ambulanti di elettricità, pronti a rifornire la rete in caso di improvvisi cali di potenza, ipotesi sempre più concreta all’aumentare della produzione eolica e fotovoltaica — per sua natura imprevedibile. È la tecnologia vehicle-to-grid (V2G), di cui si sta occupando l’Istituto Italiano di Tecnologia, a Genova.

Insomma, un’auto-computer che si guida da sola, aiuta le rinnovabili, si ricarica a casa ed è alla portata di tutti: il sogno di Musk – e di chi ha a cuore il pianeta – sta prendendo forma.