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I lavoratori di alcuni McDonald’s inglesi sono entrati in sciopero questa mattina, per la prima volta da quando la catena ha aperto il primo ristorante nel paese, nel 1974.

McDonald’s è una componente importante e massiccia dell’economia britannica, impiegando 92.000 lavoratori nei suoi 1.200 punti vendita, ma l’azienda — nel Regno Unito come altrove — è spesso stata criticata per le politiche aziendali molto rigide verso i propri dipendenti.

I lavoratori hanno scelto di protestare proprio oggi, in coincidenza con il labour day negli Stati Uniti e in Canada. In questo caso, i dipendenti britannici hanno deciso di protestare contro i salari bassi e gli zero-hours contract. L’agitazione è partita da una filiale di Cambridge e da una di Crayford, nella periferia londinese, e ha ricevuto il sostegno del segretario del partito laburista, Jeremy Corbyn.

“Il nostro partito offre supporto e solidarietà ai coraggiosi lavoratori di McDonald’s, che stanno facendo la storia oggi, impegnandosi per i diritti dei lavoratori guidando il primo sciopero di sempre a McDonald’s nel regno Unito. Le loro richieste sono legittime e dovrebbero essere accolte,” ha dichiarato Corbyn.

I lavoratori chiedono che l’azienda garantisca un salario minimo di dieci sterline all’ora. Oggi, alcuni dipendenti sono pagati meno della metà per la stessa prestazione: uno stipendio minimo insufficiente al costo della vita in Inghilterra, specie in una città come Cambridge. Il Guardian cita per esempio il caso di Tyrone, un diciassettenne pagato 4.95 sterline all’ora, e di Steve, di 25 anni. Ecco cos’ha dichiarato quest’ultimo alla testata inglese:

“Lavoro circa 35 ore a settimana ma anche così riesco a vivere solo perché mangio sempre da McDonald’s. L’affitto a Cambridge è caro e anche se ho un tetto sulla testa dormo su un materasso per terra. C’è sempre paura di non avere turni per la prossima settimana: è successo a un mio amico che è andato in vacanza una settimana e quando è tornato si è visto assegnare un turno a settimana invece di cinque. Non gli hanno dato nessuna spiegazione, dato che non hanno bisogno di farlo.”

Chi sciopera infatti ha paura di possibili ritorsioni da parte dell’azienda, sempre molto dura con chi si iscrive a sigle sindacali o milita per i diritti del lavoro, anche in Italia.

La ritorsione più temuta e facile da mettere in atto per l’azienda è, appunto, la mancata assegnazione di turni al dipendente da punire. Anche per questo la battaglia per l’aumento dei salari è strettamente legata a quella contro i contratti zero-hours: i lavoratori chiedono infatti che l’azienda garantisca loro un minimo di ore lavorative a settimana, diminuendo lo strapotere dei datori di lavoro in caso di conflitto sindacale – ma anche, nei periodi di calma, semplicemente per avere una maggior sicurezza economica individuale.

McDonald’s si è difesa cercando di minimizzare l’entità dello sciopero, del resto ancora molto localizzato. L’azienda ha dichiarato al Guardian che è a scioperare è meno dell’un per mille dei dipendenti, incoraggiando la clientela a venire comunque nei propri punti di ristoro. Inoltre, tramite un portavoce, ha dichiarato che “come annunciato ad aprile di quest’anno, insieme ai nostri franchising, stiamo per offrire al nostro personale l’opzione per un contratto a orari garantiti, e tutti i ristoranti disporranno di questi contratti entro la fine del 2017.”

La protesta però è arrivata anche a Londra, davanti al parlamento di Westminster, dove i dipendenti in sciopero delle due filiali si sono uniti in una comune dimostrazione davanti i luoghi del potere britannico. Ai dimostranti sono arrivati messaggi di solidarietà dai lavoratori di McDonald’s di tutto il mondo — specie da quelle parti del globo in cui sono state già affrontate battaglie simili: come la Nuova Zelanda, dove i lavoratori sono riusciti ad ottenere degli adeguamenti contrattuali dopo un lungo braccio di ferro.

Nella giornata di oggi, inoltre, si sono tenute molte altre manifestazioni in giro per il mondo. Anche a Milano è stato indetto un flash mob davanti alla camera del lavoro, questa mattina alle 9.30. In Italia, i lavoratori impiegati nei fast food sono circa ventimila: meno che nel Regno Unito, ma comunque un numero rilevante nella dinamica economica del paese.