L’accordo sugli scali ferroviari sotto l’ombra delle indagini per Expo
È stato finalmente sottoscritto l’accordo sugli scali ferroviari.
È stato finalmente sottoscritto l’accordo sugli scali ferroviari. Le istituzioni lombarde — Regione e Comune di Milano — hanno trovato un punto di incontro su una materia estremamente spinosa, che un più di un’occasione aveva subito blocchi e rinvii.
L’accordo è il risultato delle linee guida assegnate all’assessore comunale alla mobilità Maran lo scorso novembre. Maran ha spuntato delle condizioni urbanisticamente migliori rispetto a quelle stabilite dal disegno precedente, bocciato in una delle ultime sedute del Consiglio comunale della giunta Pisapia. In particolare, ci sarà una percentuale più alta di verde da includersi nei progetti — almeno 675 mila metri quadri, il sessantacinque per cento del totale è 130 mila in più del piano precedente. Lo scalo Farini è destinato ad ospitare un parco di circa 300 mila metri quadri, destinato a diventare il terzo più esteso della città.
Il verde complessivo degli scali è stato ridistribuito. Alcuni scali, come il Farini appunto, ne ospiteranno una percentuale più alta, mentre altri saranno più soggetti ad essere edificati. Ad esempio quello di Porta Genova e Porta Romana, che si è deciso di destinare allo scopo anche considerando la maggiore connessione a metro e mezzi pubblici in generale.
Anche all’interno della superficie edificabile vanno operate alcune distinzioni. Il 23% del volume sarà da destinarsi ad housing sociale e almeno il sette ad edilizia convenzionata ordinaria, per le fasce sociali meno avvantaggiate. Inoltre, il 32% del totale edificabile sarà destinato a funzioni non abitative.
Quest’ultima percentuale, a noi di the Submarine, fa sperare che dietro le quinte le autorità stiano prendendo in considerazione di destinarne almeno una buona parte alla costruzione di una moschea cittadina, come previsto ad esempio dal progetto dell’architetto Stefano Boeri.
Le Ferrovie dello Stato si sono anche impegnate nella costruzione della Circle Line, di cui si parla da tempo ma che solo ora comincia a prendere forma in modo un po’ più concreto. Sono in programma gli studi di fattibilità di alcune nuove stazioni come quella di Dergano e Stephenson. FS investirà, nell’arco del prossimo decennio, un miliardo di euro circa in interventi sul nodo ferroviario milanese, secondo quanto dichiarato da lei stessa nel suo comunicato stampa. In questo caso, invece, interverrà direttamente con un investimento di 50 milioni per la Circle Line.
Ferrovie dello Stato e Comune sembrano essere in luna di miele. Meno di un mese fa FS è diventata la principale azionista di M5, mettendo così un piede nella porta dei trasporti urbani meneghini. C’è chi ha visto una correlazione tra questo acquisto e l’accordo sugli scali — una correlazione, a dire il vero, non del tutto illogica.
Il sindaco Sala non ha fatto in tempo a godersi l’evento che gli è piovuta sulla testa un’altra tegola giudiziaria. Stavolta è più bizzarra della precedente, c’è in gioco qualche soldo e riguarda una fornitura di alberi. Sala è stato iscritto nel registro degli indagati per turbativa d’asta. In sostanza, alcuni funzionari di Expo avrebbero brigato per far assegnare la fornitura di alberi a una determinata ditta. Questa però non sarebbe stata in grado di farsene completamente carico, rischiando di lasciare la manifestazione sprovvista di essenze arboree. Sala, a quel punto, avrebbe senza troppi complimenti girato la patata bollente alla Mantovani, la — controversa — ditta a cui era stata già assegnato il principale appalto di Expo, quello della piastra, senza indire un nuovo bando per, pare, questioni di tempistica: il Primo maggio, giorno designato per l’apertura della manifestazione, si avvicinava a grandi passi.
Qualche mese fa Sala si era visto indagato per aver retrodatato alcuni documenti relativi ad alcune nomine di funzionari dell’Esposizione universale di cui era commissario. Quando la notizia divenne di pubblico dominio, il sindaco reagì in maniera bizzarra e inattesa, autosospendendosi dalla carica. Questa volta non sembra intenzionato a fare lo stesso, almeno per ora.
Fin dall’elezione di Sala, il timore di molti osservatori era legato alla grande vulnerabilità giudiziaria del sindaco, esposto alla salva di guai giudiziari che si temeva potesse portare con sé l’Esposizione universale. Sala ha sempre tenuto un atteggiamento sdegnoso davanti alle accuse e alle insinuazioni, convinto forse che la miglior difesa sia l’attacco. Finora, comunque, le inchieste della magistratura milanese hanno intaccato solo di striscio l’appalto sulla piastra, e ancora in modo più superficiale Sala stesso.
Dal poco che è emerso dalle indagini il sindaco ha dimostrato di essere almeno in buona fede, anche se a tratti un po’ ingenuo, come durante un’intercettazione in cui definiva la scellerata costruzione del MOSE di Venezia da parte della Mantovani “un ottimo biglietto da visita.” Secondo quanto emerge dalle indagini e riporta questo articolo dell’Espresso, Sala non avrebbe mantenuto alcun atteggiamento doloso nella vicenda, ma non si sarebbe accorto di alcune manovre un po’ losche che avvenivano poco lontano dal suo naso. Senz’altro questa sua limpidezza fa ben sperare per il corretto svolgimento delle future gare riguardanti gli scali ferroviari, con i lavori che dovrebbero partire — secondo quanto dichiarato nella conferenza stampa di giovedì — tra due o tre anni. Sperando però che si accorga di eventuali trame alle sue spalle.