chicha

Dopo trent’anni, torna alle stampe una parte del catalogo della Discos Horóscopo, la leggendaria casa discografica della chicha peruana. 

Far rinascere dalle ceneri una vecchia casa discografica non è un lavoro facile. La Discos Horóscopo ha chiuso ormai da quasi 30 anni, dopo aver portato al successo talenti come Chacalón y la Nueva Crema, Los Shapis, Pintura Roja, Los Ovnis, Alegría. Tutti nomi appartenenti al genere dalla chicha peruana.

Le influenze di questi artisti sono vive ancora oggi e per questo Jalo Nuñez Del Prado, direttore della Discos Horóscopo, ha deciso di far ripubblicare una decina di dischi degli anni Settanta e Ottanta che hanno fatto la storia di questo genere di musica. Per poterlo fare ha attivato una campagna di crowdfunding su Indiegogo.

La chicha peruana è un potpourri di culture, un medley di armonie che si inizia a delineare negli anni Sessanta.

In quegli anni infatti in Perù molti abitanti dei territori andini si trasferirono nelle grandi città, e i quartieri periferici di Lima furono popolati quasi esclusivamente dalla nuova classe operaia. Nacque così una generazione intera di emigrati, i cosiddetti Provincianos, come canta proprio uno dei pionieri della chicha, Chacalon.

Ognuno di loro portava con sé tradizioni e suoni diversi: c’era chi portava i suoni rarefatti degli altopiani della Sierra, chi i satirici testi amazzonici, chi la salsa e la balada spagnola.

La musica che scese con loro dalle Ande alle shanty town di Lima nasceva dalla cumbiamba, che era già di per sé un miscuglio. Questo genere di suoni ritmati da percussioni quali la guira, tipico tamburo andino, ha origini africane. Arrivò in America Latina con la tratta atlantica degli schiavi africani e si delineò come una vera e propria danza rituale degli schiavi nelle piantagioni colombiane.

Fin dalle sue origini, dunque, la chicha, come la cumbia colombiana, si caratterizza come un amalgama di suoni rituali. Quando negli anni Sessanta questo mondo si incontra con quello delle grandi città, la musica huayno e le scale pentatoniche della musica andina si mescolarono con le percussioni cubane, i suoni delle chitarre surf californiane, il cheesy sound delle tastiere italiane Farfisa che influenzarono la nascita delle chicha psichedelica o chichedelica.  

https://www.youtube.com/watch?v=-M5I9HJexqg

Anche il nome chicha era fortemente connotato e identificativo della generazione di Provincianos: nasceva infatti dal nome di una delle birre più diffuse nelle periferie di Lima che si otteneva tramite la fermentazione non distillata di mais e altri cereali. Una bevanda diffusa ancora oggi come aperitivo per la sua bassissima gradazione alcolica, ma originariamente nata in Perù come bevanda dei rituali delle popolazioni di lingua quechua.

Insomma, la chicha era una bevanda povera che i cittadini dell’elite creola bianca iniziarono a usare come stigma degli abitanti delle periferie più povere. All’opposto, i cittadini dei quartieri popolari e delle favelas di Lima si appropriarono con orgoglio di questo nome, e continuarono a bere chicha per boicottare le grandi industrie quali la Pisco, acquavite peruviana.

Così, il nome si è esteso dagli abitanti ai loro prodotti artistici, dalla musica a qualunque forma di arte che provenisse dai quartieri popolari.

Nel corso del processo di inurbamento, dunque, la chicha peruana in tutte le sue declinazioni diventa una vera e propria risposta alla marginalizzazione delle classi subalterne in un contesto estremamente caotico com’era quello degli anni Ottanta, tra un’inflazione altissima e il terrorismo delle bande armate che volevano sovvertire il potere, come Sendero Luminoso.

Nello stesso periodo, nelle città peruviane si verificò una seconda migrazione verso le città, la più consistente del 20esimo secolo. Il popolo dei Provincianos diventò sempre più numeroso e deciso a combattere per la democrazia e la giustizia anche attraverso l’arte, che diventa specchio della situazione socio-culturale delle periferie. La lotta in cui si inserisce la chicha si configura come un inno alla diversità, al melting pot, al caos.

Il nuovo contesto e la nuova identità portano grandi cambiamenti anche a livello musicale: ne risentiranno i testi che si caricano di un immaginario bittersweet, tra nostalgia di casa e speranze per una vita migliore in città, la celebrazione del successo ottenuto con il lavoro, la denuncia della discriminazione, la lotta tra le classi sociali.

Questo forte sentimento identitario dei nuovi emigrati viene raccolto da una neonata casa discografica, la Discos Horóscopo, che apre i battenti nel 1977. La storia della sua origine è legata a un personaggio di nome Juan Luis Campos Muñoz che aveva un’officina in un piccolo paese dell’entroterra peruviano.

chacalon

Un giorno decise che bisognava organizzare una manifestazione musicale per raccogliere fondi per ristrutturare l’unica fontana del paese. Campos invitò a suonare i Los Pasteles Verdes e l’evento ebbe un grande successo: da quel giorno decise di cambiare mestiere. Recuperò i contatti con un vecchio amico, Victor Mayorga, che aveva lavorato nel mondo della discografia a Lima, dove si trasferì e fondò la Discos Horóscopo per produrre proprio i Los Pasteles Verdes e si specializzò negli anni nella produzione di musica tradizionale peruviana: Campos divenne presto il re Mida degli artisti di chicha peruviana che erano arrivati a Lima con la prima migrazione.

La forza creativa degli artisti andini fu così convogliata e accolta dalla nuova piccola realtà, che permise la sopravvivenza della mescolanza di suoni che si stava creando.

Un importante cambiamento che si verificò in questi anni nella produzione di cumbia e chicha fu l’introduzione di voci femminili, che ermise un’ulteriore diversificazione delle tematiche trattate, ma soprattutto un ampliamento di pubblico e l’esportazione anche all’estero della discografia peruviana, ormai matura.

Tuttavia la Discos non arrivò agli anni Novanta e nel 1989 chiuse, soprattutto a causa della concorrenza e della pirateria.

José Carballo, Juan Campos Munoz, Jorge Carballo, Dina de Campos
José Carballo, Juan Campos Munoz, Jorge Carballo, Dina de Campos

Nel 2015 Jalo Nuñez Del Prado, un giovane imprenditore peruviano, ha trascorso sei mesi a con l’ottantenne Campos allo scopo di comprendere a fondo l’operato del maestro della chicha, per poi impegnarsi a rimasterizzare i 10 album che hanno fatto la storia dell’etichetta, della musica latina e non solo. Infatti, l’importanza della Discos deriva proprio da questa collezione di dischi degli anni Settanta e Ottanta, senza i quali non sarebbe mai nata la nuova scena di cumbia digitale di Argentina, Perù e Colombia.

https://www.youtube.com/watch?v=8idInaXHy4k

Negli ultimi 10 anni, da quando nl 2007, Barbès Records ha pubblicato la compilation seminale The Roots of Chicha: Psychedelic Cumbias from Perù, molti artisti internazionali si sono avvicinati alla musica tradizionale paruviana e alle sue declinazioni electro-psichedeliche.

https://www.youtube.com/watch?v=Ow_OjkSLZDI

Un esempio è l’ultimo album di Populous — che è un capolavoro.


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