Bandiere cinesi

L’Africa è la regione più disconnessa del mondo, ma la domanda cresce a livelli critici e la Cina non vuole farsi sfuggire l’occasione.

Mentre l’Occidente si crogiola nel tentativo di trovare forme “innovative” di capitalismo, la Cina investe e progredisce. Il suo ultimo terreno d’azione è l’Africa, continente appetibile da molteplici punti vista ma in particolare da quello delle telecomunicazioni.

Dalla creazione del Forum Cina-Africa del 2000, il gigante rosso ha ridisegnato la propria posizione sul territorio africano, puntando alla costruzione di asset tecnologici strategici — la Cina è infatti proprietaria della maggior parte dei cavi sottomarini che collegano l’Oriente all’Africa fino all’America Latina.

Leader della globalizzazione, luogo di sopravvivenza del capitalismo occidentale, politicamente stabile (4 anni, ormai, di felice reggenza per Xi Jinping), incontrastata egemone in ambito commerciale e saggia nelle relazioni diplomatiche. Questa è la Cina di oggi, una potenza che si muove con scaltrezza sui mercati esteri. L’ultima conquista si chiama Africa, un continente dove vivono 1,2 miliardi di persone, ma solo un quarto di essi ha accesso a internet.

L’economia mondiale sta spostando il proprio interesse dal prodotto fisico a quello digitale: il Cisco Visual Networking Index ha rilevato che il traffico Internet globale ha superato nel 2016 la soglia del zettabyte, equivalente a 1000 exabytes — e ci si aspetta che entro il 2019 crescerà di 2 zettabyte all’anno. Questa rivoluzione è stata accolta a pieno dalla Cina, che guarda l’Africa come fosse un GGD: Grande Gigante Dormiente.

L’Africa, con il suo 10% di utenti internet sul totale mondiale, è la regione più disconnessa del mondo, ma al tempo stesso quella che più sta vivendo l’ondata tecnologica in arrivo dall’esterno. La domanda cresce a livelli critici e l’offerta è pronta a giocarsi le sue carte. Cosa manca? L’infrastruttura portante: i famosi cavi sottomarini. A questo sta pensando la Cina, che si fa promotrice di benessere nella regione.

Mappa cavi sottomarini nel mondo
Una mappa delle connessioni sottomarine che collegano i vari continenti.

Annunciato nell’ottobre 2015, CamTel e China Unicom – sostenuti da Telefónica – hanno avviato il progetto di costruzione di un cavo di 6.000 km che collega Fortaleza in Brasile a Kribi in Camerun.

Utilizzando la tecnologia Huawei Marine 100 G, il CBCS (Camerun-Brazil Cable System) avrà una capacità iniziale di 32 Tbps con quattro coppie di fibre e entrerà in servizio alla fine del 2017. Huawei Marine ha annunciato che distribuirà il suo 6fp subacqueo Repeater 1660 – considerato il primo ripetitore di titanio del settore – che vanta un profilo sottile per consentire la posa diretta e l’abbattimento dell’archetto.

La convenienza di questo investimento sta nel controllo di quella che anche l’Economist ha definito la nuova ricchezza del secolo: i dati. La fibra ottica è quindi la spina dorsale che trasferisce i dati su grandi distanze in grandi quantità. È il circuito connettivo dei continenti e delle nazioni, che unisce le smart city al resto della rete, le aree geografiche, i sistemi nazionali e sovranazionali. Ma in questi cavi sottomarini transitano siti web, email, conversazioni telefoniche, messaggi istantanei e anche canali TV. E sono soltanto 300 i cavi che connettono il mondo, un numero decisamente limitato per tenere assieme il pianeta con i suoi 7,5 miliardi di abitanti.

Subacquei posano cavi sottomarini
Tipologia di posa dei cavi subacquei.

Quando iniziarono i primi investimenti di costruzione dei cavi sottomarini, la gestione era entrata nelle mani di consorzi prevalentemente formati da società di telecomunicazioni — solo con l’imporsi di internet avevano iniziato a investire anche provider di servizi di rete. Oggi il mercato è interamente dominato da provider di servizi come Google e Facebook. Eppure, questi giganti americani del web non possono non considerare il nuovo attore asiatico. Il loro rapporto sta andando oltre la mera convivenza.

A partire dal 2016 Google e Facebook hanno stretto un accordo con la società cinese Pacific Light Data Communication, nota per essere una costola della più ampia China Soft Power Technology Holdings Ltd, colosso della Repubblica Popolare. Questo triangolo high tech ha deciso di posare sul fondo marino un cavo di ben 12.800 km di fibra ottica che va dalla costa occidentale americana verso l’Asia, in particolare il Giappone. Sebbene esistano una decina di questi cavi che percorrono lo stesso tratto, l’investimento americano-asiatico va a crearne di nuovi e più fulminei. Per dare qualche riferimento numerico: rispetto al più veloce di quelli già presenti (il celebre “Faster” – gestito da Google – che in 9mila km unisce Stati Uniti e Giappone) il nuovo cavo viaggerà a velocità doppia.

Dunque, economia e geopolitica si fondono nel continente nero, aprendo nuove prospettive d’investimenti e chiudendone altre. La novità risiede nel netto spostamento di “baricentro”: se finora l’asse Europa-America del Nord dominava, l’attenzione si sta spostando verso la Cina e verso il continente asiatico. L’impero Celeste è pronto a percorrere le strade di Marco Polo al contrario, connettendo miliardi di utenti e controllando i flussi di dati.

A questo link è possibile visitare una mappa interattiva delle reti sottomarine presenti.


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