In Italia basta essere di colore per essere vittima di discriminazione istituzionale
Ieri pomeriggio in stazione Centrale si è verificato uno degli atti di violenza istituzionale più gravi degli ultimi anni — forse il più grave per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori.
Ieri pomeriggio in stazione Centrale si è verificato uno degli atti di violenza istituzionale più gravi degli ultimi anni — forse il più grave per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori.
Un rastrellamento della Polizia ha portato al fermo arbitrario di 52 migranti colpevoli, in sostanza, di essere lì. L’operazione è durata qualche ora ed è stata condotta in grande stile, con tanto di polizia a cavallo e alcune uscite della metropolitana chiuse per impedire la fuga ai profughi. Una volta che la polizia ha caricato tutti i profughi che doveva caricare su un pullman in direzione Questura, alcuni camioncini dell’Amsa sono passati a raccogliere le poche cose abbandonate dai migranti — in buona parte effetti personali, considerati come spazzatura.
“È stato un controllo indiscriminato su base etnica,” ci racconta Roberto Maggioni di Radio Popolare, testimone dei fatti.
“Dopo aver chiuso le uscite sono arrivate quattro-cinque camionette della celere che hanno iniziato ad accerchiare i migranti che non erano riusciti a scappare. Fortunatamente non ci sono state violenze o abusi, anche perché i ragazzi erano relativamente tranquilli.”
Da anni, la Centrale è il principale nodo dei flussi migratori che passano per Milano. Come the Submarine siamo andati più volte a parlare con chi passava e anche con chi, per motivi diversi, restava. Ragazzi in attesa che venisse gestita la propria pratica per il diritto d’asilo, ragazzi che per un motivo o per l’altro non potevano più essere presi in carico dai centri d’accoglienza: la Centrale era diventata un riparo per molti migranti trascurati dalle istituzioni — dato che, diversamente da quanto vuol far credere una certa propaganda di destra, nessuno dorme per sei mesi all’addiaccio in una stazione se può evitare di farlo. Questa situazione ha portato alle lagnanze cicliche di quella parte politica — e non solo — che s’è per anni lamentata del degrado.
Matteo Salvini, infatti, è stato in primissima fila a salutare l’azione di polizia di ieri. Con “in prima fila” intendiamo dire che è rimasto lì tutto il pomeriggio a godersi lo spettacolo degli agenti che caricavano i migranti sui pullman per portarli in questura, riprendendo con l’inseparabile smartphone, con aria soddisfatta. Ieri pomeriggio, tra l’altro, Salvini avrebbe dovuto essere in Consiglio comunale: secondo una fonte che al Consiglio ha partecipato, Salvini è entrato a Palazzo Marino per due minuti, ha schiacciato un tasto a caso durante una votazione ed è poi uscito per recarsi in stazione, evidentemente ben informato su quanto stava per accadere. Ironia della sorte, i consiglieri comunali hanno deciso di sospendere la seduta appena è arrivata tra i banchi la notizia della retata.
Il centrosinistra milanese invece è apparso diviso. Secondo l’amministrazione, la polizia non aveva comunicato nulla a nessuno — comprese le massime cariche cittadine, che sono state colte di sorpresa. “Non sapevamo nulla, abbiamo saputo dai giornali del blitz in corso,” ha dichiarato il consigliere comunale Pd Angelo Turco. Il segretario del Pd cittadino Bussolati si è schierato dalla parte delle manette: “Pieno sostegno al lavoro serio della Polizia di Stato,” ha riportato ADNKronos. “Speriamo che non si tratti di un’operazione episodica, ma che si dia continuità a simili controlli, come l’amministrazione e il Partito Democratico chiedono da tempo.”
Anche l’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza si è dichiarata favorevole al rastrellamento, sperando che la stazione “torni presto ai milanesi.” Una posizione meno reazionaria l’ha tenuta l’assessore alle Politiche sociali Majorino: “Vedremo quelli che saranno i risultati effettivi di un’opera simile. L’accertamento delle condizioni e dello status dei richiedenti asilo deve accompagnarsi, sempre, con il rispetto dei diritti umani.”
“È stata un’operazione mediatico-politica, che avrà sicuramente una ricaduta sul 20 maggio,” secondo Maggioni. Il 20 maggio è prevista una manifestazione organizzata dallo stesso Majorino, “20 maggio senza muri”, proprio in sostegno delle politiche di accoglienza.
Visto quanto hanno dichiarato Rozza e Bussolati, non è difficile immaginare che ci sia qualcosa da mettere a posto nelle dinamiche del PD milanese.
A livello nazionale, invece, le idee del partito sono chiarissime. La retata è frutto soprattutto del decreto Minniti-Orlando — sì, Orlando è stato il presunto candidato di sinistra alle presunte primarie del Pd — che ha portato una decisa stretta sui richiedenti asilo, come abbiamo illustrato qualche giorno fa. Minniti ha dichiarato che “la sicurezza in armi dei cittadini dev’essere garantita dallo Stato,” e forse quello che ha in mente il Ministro sono retate alla Pinochet come queste. Majorino, in ogni caso, ha fatto notare che il decreto prevede anche la cooperazione tra forze di polizia e amministrazioni — che in questo caso, come dicevamo, non c’è stata.
In serata una piccola folla, nonostante la pioggia, si è riunita sotto la Questura a protestare. Dopo un paio d’ore, un avvocato è riuscito ad entrare in questura e ha potuto constatare che, dei circa ottanta migranti fermati, ne ha visti solo una quarantina: presumibilmente, gli altri erano stati già rilasciati per mancanza di prove — prove di cosa, poi, non si sa. Di questi quaranta, altri trenta erano in possesso di tutti i documenti necessari per essere in regola per lo Stato italiano — dato che, come dicevamo, essere africani non risulta essere un crimine, almeno dopo l’abbandono dell’Etiopia da parte del Regio Esercito: una decina, sprovvista di documenti o già destinataria di un foglio di via, rischia la deportazione, secondo quanto dicevamo sopra.
La politica si è affrettata a commentare e a ricamare sull’episodio, mentre a nessuno o quasi è venuto in mente di chiedere un parere ai migranti, vittime di un atto di violenza statale arbitraria. Secondo il comitato Zona 8 solidale, molti di loro — almeno una quarantina — rischiano di essere deportati nei Paesi d’origine, sempre grazie allo snellimento delle procedure in tal senso, garantito dal decreto Minniti-Orlando. Nonostante non sia previsto il rimpatrio immediato nemmeno per loro, la situazione che si prospetta in futuro non è rosea. Ad altri è andata meglio: quattro ragazzi ghanesi, ad esempio, una volta in questura hanno scoperto che le loro richieste di asilo erano state accettate — dunque, perché erano lì? Qual è stata la loro colpa? Essere di colore, trovarsi in stazione Centrale in quel momento?
“Adesso la situazione in Centrale sta tornando alla normalità,” conclude Maggioni. “Rozza ha chiesto che questo controllo sia solo il primo, ma mi pare difficile che la polizia ne faccia un altro di tale portata, almeno a breve. Anche perché non è servito assolutamente a nulla” — se non a mandare un messaggio politico ben chiaro.
Da questa vicenda possiamo trarre delle conclusioni. La prima — in Italia oramai basta essere di colore per essere discriminati non solo dalle persone comuni, ma anche dallo Stato; la seconda — il clima di tensione e di odio razziale è così denso da rendere possibili episodi di vero e proprio razzismo istituzionale, fatto di cui sono responsabili la politica e l’informazione mainstream nazionali; la terza: potrebbe essere solo l’inizio.
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