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Cosa costruire, dove farlo, quanto verde mettere, che senso dare a tutto quanto si trova racchiuso nelle tangenziali.

Il Comune di Milano ha chiesto alla cittadinanza di partecipare alla revisione del PGT — il Piano di Governo del Territorio, lo strumento fondamentale per decidere il futuro della città: cosa costruire, dove farlo, quanto verde mettere, che senso dare a tutto quanto si trova racchiuso nelle tangenziali, e così via. Per farlo, chiunque fino al 14 aprile può andare su questa pagina del sito del Comune e tirare fuori dal cappello qualche idea o segnalazione.

I cittadini possono dire la propria su cinque grandi aree tematiche — alcune, in verità, piuttosto vaghe: attrattività e inclusione, rigenerazione urbana, resilienza, qualità degli spazi e dei servizi per il rilancio delle periferie, e semplificazione e partecipazione. Abbiamo deciso di non essere timidi e dire anche noi la nostra.

1. ATTRATTIVITÀ E INCLUSIONE: METRO?

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Chiunque bazzichi Milano sa che, tra i problemi più pressanti, ce ne sono due strettamente correlati: l’inquinamento e il traffico. Se si abita in qualsiasi comune dell’hinterland e si lavora in centro, al mattino bisognerà spendere più di un’ora nel traffico e nello smog per arrivare a destinazione — già nervosi al limite dell’esaurimento.

Per la voce “attrattività e inclusione” il Comune chiede ai cittadini di esprimersi su quale possa essere, secondo loro, una nuova infrastruttura per “coniugare la crescita economica e lo sviluppo sociale.” Sulla crescita economica non possiamo dire niente di certo — anche se un sistema di trasporti più efficiente senz’altro aiuterebbe. Sullo sviluppo sociale invece non c’è molto da discutere — un’estensione della rete metropolitana serve.

Come abbiamo rilevato qualche tempo fa, il carico passeggeri della metro milanese, rispetto all’estensione complessiva della rete, è tra i maggiori d’Europa. È già in corso un ampio lavoro di estensione, tra la linea 4 e i prolungamenti della lilla, ma è difficile prevedere che sarà sufficiente. Un’ulteriore estensione del sistema costerebbe una cifra importante, forse eccessiva per le risorse disponibili in un tempo di austerità finanziaria come questo.

E proprio qui sta la chiave: nell’interpretazione politica della questione. Se a livello nazionale si decide che non si può più permettere che ci siano novemila morti l’anno in Lombardia collegate all’inquinamento dell’aria e si inizia a considerare la lotta allo smog come priorità nazionale, le risorse forse si potrebbero trovare

Anche perché, oltre al prezzo in vite umane che la condizione attuale comporta, lo smog ha un costo economico non indifferente. L’anno scorso il nostro paese è stato giustamente bacchettato dall’Ue per aver infranto in modo clamoroso i limiti massimi di inquinamento, con la minaccia di una una multa che potrebbe arrivare fino a un miliardo di euro.

2. RIGENERAZIONE URBANA. VARIE COSE.

Il Comune chiede ai cittadini di suggerire qualcosa per “riqualificare l’ambiente costruito” e “riorganizzare l’assetto urbano.” Sotto questi termini si nascondono talmente tanti potenziali punti di approfondimento che bisogna elencare almeno quelli più importanti per fare un po’ d’ordine:

  • il trasferimento di Città Studi;
  • Il post-Expo (sì, ancora);
  • Gli scali ferroviari.

Il trasferimento di Città studi ormai sembra cosa decisa. Mercoledì scorso, alcuni comitati studenteschi sono andati a protestare alla prima seduta aperta al pubblico della commissione comunale addetta alla questione, esprimendo i dubbi di chi abita o studia nella zona: che ne sarà di tutta l’area una volta che la Statale se ne sarà andata a Rho?

Non ci sono ancora progetti precisi, ma a trasferirsi sarà almeno il 40% delle strutture che oggi fanno parte del complesso. La zona tra Lambrate, Piola e viale Argonne rischia di trasformarsi in un quartiere fantasma. Per scongiurare questo pericolo, il Politecnico potrebbe espandersi al posto della Statale. Ma sono voci, e, per quanto rumorose, non c’è ancora nessun progetto preciso.

Ancora più rumorosa potrebbe essere questa intervista al rettore Vago, in cui viene clamorosamente ventilato il trasferimento a Lambrate delle facoltà umanistiche, oggi in via Festa del perdono. Che, c’è da aspettarsi, diventerebbe un monumento storico o un palazzo eventi da affittare dietro cospicui compensi, come l’amministrazione della Statale sogna nemmeno troppo velatamente da anni.

Rete della conoscenza, confederazione nazionale delle sigle studentesche UdS e Link, ha redatto una relazione dettagliata sulla questione trasferimento, che consigliamo a chi abbia voglia di farsi un’idea più precisa della questione dal punto di vista degli studenti. In generale, comunque, nessuno sembra impazzire per l’idea di trasferirsi da Piola, un quartiere elegante a ridosso della circonvallazione, in mezzo alle nebbie di Rho.

Come si è visto, la vicenda del post-Expo e quella di Città studi sono strettamente legate. Da più parti si sono accusate le istituzioni di voler spostare la Statale non per un effettiva voglia di migliorare il servizio universitario, ma semplicemente per coprire l’assoluta mancanza di idee su cosa fare dell’area Expo. Una mancanza di idee palese già prima ancora che l’evento avesse inizio, e oggi lampante — nonostante nessuno sembra avere voglia di affrontarla a cuore e conti completamente aperti.

Riguardo al capitolo scali ferroviari, invece, la questione è ancora più ingarbugliata, con un numero di variabili in gioco ancora più ampio. Non è ancora ben chiaro cosa intenda fare FS; non è ancora ben chiaro cosa voglia davvero il comune; non è ancora ben chiaro chi la spunterà. L’assessore nn, nello scorso autunno, ha ricevuto la delega a trattare con le Ferrovie (proprietarie degli scali) dal Consiglio comunale.

Quello che succederà agli scali sarà determinante per il futuro della città e per il suo Pgt, vista la grande superficie e la posizione che occupano. Lo scalo Farini, il più grande, si trova in una delle zone più interessanti della città sotto molti punti di vista, non da ultimo quello edilizio. FS, come è nella natura delle cose, proverà a trarre dal suo terreno il massimo ricavo possibile: ma questo, purtroppo, è un sinonimo quasi perfetto di costruire il più possibile. Che non sarebbe un grande guadagno per la città.

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3. RESILIENZA

Il comune chiede ai cittadini di “trovare risposte adeguate alle nuove sfide.” La prima sfida che il Comune dovrebbe affrontare, forse, è quella della chiarezza: non siamo sicuri di aver ben capito su cosa l’amministrazione voglia il nostro parere. Comunque, ci proviamo.

Si potrebbe azzardare, in questo caso, di affrontare ancora una volta la questione Wi-Fi pubblico. L’Italia finisce invariabilmente in fondo a tutte le classifiche sulla velocità delle connessioni internet, risultando trentaquattresima nella classifica mondiale di Akamai, e fanale di coda dell’Unione Europea.

La città di Milano, in realtà, dispone da qualche anno di una rete di Wi-Fi pubblico dignitosa, distribuita negli tra uffici pubblici e aree di interesse storico. Ogni giorno si hanno a disposizione quindici ore di connessione — se si ha in programma anche di dormire, nella propria vita, è una buona quantità di tempo per un Wi-Fi pubblico. Tuttavia, restano ancora molti nodi da risolvere — e bisognerebbe cercare di guardare al futuro con uno sguardo un po’ più lungimirante e sociale.

Ad esempio, la copertura Wi-Fi di oggi è caratterizzata da una buona diffusione nel centro storico della città, mentre le periferie sono ancora in larga parte sprovviste di connessione. Visto che il sindaco Sala ha spesso dichiarato che le periferie sono “la sua fissazione,” si potrebbe pensare a una copertura capillare o quantomeno uniforme anche delle zone e delle vie più periferiche della città.

4. VALORIZZARE LA DIMENSIONE LOCALE: RILANCIO DELLE PERIFERIE

Le periferie sono le aree da cui passa necessariamente il benessere della città. Un buon segno di come il discorso è stato impostato è nella scelta del termine valorizzare — non riqualificare o altri termini che possono essere usati solo da chi non ha mai messo il naso fuori dalla Zona 1.

Le periferie milanesi necessitano soprattutto di un nuovo senso sociale, dato che molte aree in realtà non hanno ancora trovato una strada per affrontare la conversione della città da industriale a metropoli terziaria. Valorizzare le periferie significa, banalmente, fare sì che la gente torni ad essere contenta di abitarci, per un motivo o per l’altro.

C’è un rischio: la gentrificazione. Spesso l’azione sulle periferie corre il pericolo di sfociare in questo noto processo sociale, per cui il quartiere, una volta diventato bello, diventa un quartiere di ricchi — e i poveri che ci abitavano devono andare a trovarsi un altro quartiere per poveri. A Milano questo processo si è già visto, e in certi casi è ancora in atto — ad esempio, all’Isola o a Lambrate. In altri, si sta provando ad accenderlo in tutti i modi, come a NoLo — addirittura tirando fuori dal nulla un nome finto-british per pompare meglio la faccenda.

I provvedimenti che il Comune metterà in atto in ogni periferia saranno per forza diversi in base alla zona, ma dovranno tutti avere una logica di fondo: rendere il quartiere bello e vivibile per gli abitanti attuali in modo che migliori la qualità della loro vita, non trasformandoli in posti adatti ad altri più ricchi di loro. Ad esempio, in quartieri come Giambellino, è facile vedere le possibili tappe del fenomeno: l’apertura di una linea metropolitana, l’abbattimento magari di qualche lotto di case popolari particolarmente malmesse, nuovi uffici tutti di vetro. Il prezzo degli affitti che sale. Non ci vuole molto.

A chi abita nelle periferie vanno messi a disposizione luoghi di aggregazione che non rendano obbligatorio andarsene dentro la circonvallazione se si vuole fare qualcosa di costruttivo. E al tempo stesso, per quanto sembri un paradosso, mezzi di trasporto più rapidi che colleghino meglio le periferie — non solo con il centro, ma anche con le altre periferie, tra cui i collegamenti sono spesso disagevoli.

5. SEMPLIFICAZIONE E PARTECIPAZIONE

Un solo consiglio: per incentivare la semplificazione e la partecipazione, non scrivere mai più cose come il Punto 3.