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Siamo tornati davanti ai cancelli della K-Flex, la fabbrica di Roncello che minaccia di delocalizzare in Polonia, lasciando a casa 187 operai.

Non si vede un futuro roseo per gli operai K-Flex, la multinazionale brianzola che è prossima a licenziare tutte le tute blu del proprio stabilimento di Roncello (MB). L’azienda non sembra intenzionata a fare passi indietro, e anche i tavoli organizzati dal governo non hanno dato risultati — la direzione, su tre incontri con la viceministra Bellanova, si è presentata solo una volta e solo per ribadire le proprie posizioni.

Ieri mattina ci sono state tensioni con le forze dell’ordine al picchetto organizzato dagli operai fuori dalla fabbrica. Alcuni impiegati K-Flex che svolgono lavori d’ufficio — che non verranno delocalizzati, ma conserveranno le loro scrivanie in Italia — hanno provato a forzare il picchetto per entrare, spalleggiati da uomini in tenuta antisommossa. Nel breve ma concitato tafferuglio che ne è seguito, un operaio è rimasto contuso. Un altro operaio ha ripreso la scena.

Più volte politici e sindacati hanno dichiarato la loro vicinanza alla lotta degli operai, ma finora non si è ottenuto nessun risultato concreto. La causa di questa inefficacia è soprattutto la mancanza di strumenti legali e amministrativi per mettere davvero un freno ai piani dell’azienda. Nonostante questo, i dintorni dello stabilimento sono un viavai di politici di caratura anche nazionale: oggi hanno visitato il picchetto due esponenti di rilevanza regionale del Movimento 5 Stelle, mentre negli ultimi due mesi sono passati, tra gli altri, Luigi Di Maio, Matteo Salvini e il parlamentare PD Roberto Rampi.

“Qui per i posti di lavoro si stanno perdendo le speranze, ormai. C’è dello scoraggiamento,” ci racconta un operaio. Sembra che i lavoratori vogliano puntare almeno a un indennizzo, una buonuscita da parte dell’azienda — per la quale alcuni di loro lavorano da molti anni, e dalla quale si sono sentiti abbandonati in modo ingeneroso. “Comunque, noi continueremo a lottare fino alla fine.”

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Il braccio di ferro con l’azienda va avanti ormai da più di due mesi, ed è ulteriormente inasprito dal fatto che K-Flex, prima di annunciare la delocalizzazione, ha usufruito di una serie di incentivi statali per le industrie. “Ci vorrebbe che lo Stato impedisca di delocalizzare almeno alle aziende a cui vengono concessi soldi pubblici,” ci confida un operaio, iscritto alla CISL. “Durante l’ultimo incontro al ministero, almeno, ci hanno assicurato che di questi aiuti non ne riceveranno più.”

“Servirebbe un maggiore impegno del Governo per impedire una delocalizzazione, che è un autentico sopruso,” ha commentato per the Submarine Mirco Luigi Rota, ex segretario della FIOM lombarda, oggi a Roma con incarichi nazionali. “Un sopruso che non ha precedenti sul nostro territorio, che rischia di essere un apripista per altri episodi simili.”

Con gli operai, l’azienda ha parlato ufficialmente una volta solo ad Assolombarda, ribadendo come al solito le proprie posizioni di licenziamento integrali. Qualcosa di più si capirà davvero solo il 24 aprile, data in cui scadono ufficialmente i 75 giorni previsti per la trattativa. “Speriamo di riuscire ad ottenere qualcosa.”