Sono da poco andate in onda in Italia le prime puntate di Legion, serie tv ambientata nell’universo Marvel degli X-Men. La serie – prodotta dal network televisivo FX – è stata creata da Noah Hawley, già conosciuto per aver adattato il film dei fratelli Coen Fargo. La critica ne ha subito lodato i toni fuori dagli schemi e l’ambientazione così lontana dall’universo cinematografico della Marvel visto finora. Legion, oltre a concedere un nuovo respiro al franchise X-Men, riporta i riflettori su Noah Hawley, la cui ultima apparizione risale al 2015 con la seconda stagione di Fargo.

Complice il moltiplicarsi di produzioni televisive e l’attività bulimica di realtà come Netflix, negli ultimi anni è aumentata l’esigenza di voci autoriali all’interno dei network televisivi. In questo contesto la figura dello showrunner sta lentamente rimpiazzando quella del singolo regista o dello sceneggiatore solitario, ormai limitati rispetto alle esigenze produttive a tutto tondo del piccolo schermo. Nomi come quelli di Noah Hawley o Sam Esmail hanno dimostrato che il controllo diretto sui settori principali di una produzione – come appunto regia, scrittura, cast, ecc… – permette una visione di insieme che alla fine dei conti ripaga. Uno degli aspetti più rilevanti di Fargo e Mr. Robot era proprio la loro immersività e la loro capacità di delineare in poche battute l’intero mondo in cui la storia veniva presentata.

A giocare un ruolo fondamentale nel successo di una serie è anche il rapporto di fiducia che si instaura tra network e showrunner — nel caso di Hawley, la fiducia accordatagli dal network FX che, oltre ad affidargli l’adattamento del fumetto Legion dopo il successo di Fargo, gli ha già offerto la produzione di due piloti, di cui uno tratto dall’opera di Kurt Vonnegut Ghiaccio-nove. Insomma una relazione molto proficua tra mezzi e creatività, con l’aggiunta del più sacro dei requisiti necessario in questi casi: la libertà espressiva.

Interviste e roundtable di Noah Hawley su internet se ne trovano molte, ma una in particolare ha attirato il nostro sguardo.

Sarà l’effetto Google Hangout, l’audio ruvido o il contesto informale, ma l’intervista del giornalista Chris Beachum è probabilmente una delle più adatte per conoscere meglio la persona di Hawley.

L’intravista si concentra soprattutto sulla prima stagione di Fargo, vera svolta nella carriera dello showrunner. Dal dialogo fra i due interlocutori viene subito a galla il discorso sull’importanza della libertà creativa e di movimento all’interno della produzione. Quando gli viene chiesto come si fosse trovato a gestire una serie in dieci puntate autoconclusive, Noah risponde: “È bello poter scrivere una storia con una fine, perché quando sai dov’è la fine puoi iniziare a scrivere subito in quella direzione e ogni momento è una mossa successiva verso il tuo endgame”. Questa affermazione non solo dimostra una professionalità mostruosa a livello di sceneggiatura (altro che Don Matteo e compagnia bella), ma anche una premeditazione creativa in ogni fase della produzione.

Con il precoce successo di Legion (mancano ancora cinque episodi, ma internet sembra averne già dichiarato la riuscita) Noah Hawley si conferma uno dei nomi da tenere d’occhio in questa nuova golden age sempre più assordante di produzioni televisive.

Ancora indecisi sul seguire o meno la nuova serie di FX?

Se invece siete tradizionalisti e fedeli alle ambientazioni di Fargo, non temete, Noah non si è dimenticato di voi.