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Abbiamo cercato di darvi qualche spunto per non farvi intristire ancora di più passando tutta la digestione di Santo Stefano a rimuginare su questa delicata questione.

A qualcuno piace il Natale. A qualcun altro, il Natale, semplicemente non piace. Ciononostante tutti lo festeggiano più o meno alla stessa maniera, e tutti sanno che qualche giorno dopo sarà già ora di andare da qualche amico a festeggiare Capodanno. Troppo in una sola settimana, vero? Sono giorni di grandi riflessioni, in cui vien la tentazione di tirare bilanci, fare progetti. E porsi domande pericolose. Come: ma è più triste Natale o Capodanno?

Abbiamo cercato di darvi qualche spunto per non farvi intristire ancora di più passando tutta la digestione di Santo Stefano a rimuginare su questa delicata questione.

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Stefano Colombo
Direi che sono tristi in modo diverso. Natale è di una tristezza più subdola e profonda. Dopo il cotechino — ma prima del panettone e dell’apertura dei regali, quando sei sul divano in pausa dall’abbuffata — percepisci appieno che anche se ti stai divertendo un mondo lì, con i parenti più cari, questo è un giorno vuoto: che c’è in realtà c’è una certa percentuale di impostazione al tuo sorriso, che la gioia che stai provando è sì reale ma, in definitiva, infondata. Senti, insomma, in modo particolarmente forte l’horror vacui, perché sai di ricevere gioia da qualcosa di vano.

Capodanno invece è malinconico. Ripensi al passato, temi il futuro, ti vengono un sacco di pensieri bizzarri e se ti sei appena mollato ti ubriachi ammorbando qualcuno con considerazioni sulla tua ex, ma non è davvero triste — anche perché è un non-spazio temporale, una sorta di limbo tra due spezzoni di vita chiamati anno: se l’anno passato e l’anno che ti aspetti sono tristi, sarà triste anche il tuo Capodanno. Che quindi non è triste di per sé, ben diversamente dal Natale.

Gemma Ghiglia
Il Natale mi lascia sempre un vago senso di vuoto e non appartenenza e come tale mi rende tristissima. Tuttavia ci sono molte cose belle del Natale: il cibo, il vino, il calore umano… e le canzoncine natalizie che mio malgrado adoro.

Capodanno è uno stress inutile a inevitabile. Ho amici che da ottobre mi chiedono con un vago tono d’ansia “Cosa fai a Capodanno?”. E ovviamente l’ansia aumenta man mano che ci si avvicina al fatidico giorno in cui “come passi Capodanno passi il resto dell’anno”.

Tra i due, non ho dubbi su quale giorno eliminare dal calendario.

Davide Alberio
Quando si parla di Natale, io torno fanciullo. In tutti i sensi possibili; la “magia” del Natale sa cogliermi sempre impreparato, ed io, come tradizione, aspetto la mattina per lo scambio dei doni. Poi, la festa, gli incontri, le risate, il Pranzo e i giochi di carte con i parenti… per me, Natale sa di buono.
Ciò che tengo a non sopportare? Capodanno. Capodanno non mi sa di nulla. È pretestuoso, ingombrante ed ha quell’aria d’incalcolabile superiorità, paragonato alle altre ricorrenze. Capodanno è viziato. È come un bambino viziato, a dirla tutta. Avete presente il figlio di sette anni dei vicini di casa che urla come un pazzo dalla mattina alla sera pretendendo come regalo il nuovissimo telefono cellulare ultimo modello da 900 euro e alla fin della fiera lo riceve sempre? Lui è Capodanno.

Sebastian Bendinelli
Il Natale ha tutti gli ingredienti per essere ancora più odioso nel 2016 che ai tempi della Santa Inquisizione: mai debellato dalle fiamme dell’Illuminismo a favore di una sana e dimessa festività stagionale — ma che senso avrebbe, poi, in una civiltà così remota dalla natura come la nostra? — il Natale è oggi una spenta ritualità di massa da cui è stata scavata via qualsiasi profondità devozionale, una celebrazione di natività di cui sfugge il senso, e di cui restano soltanto abbuffate forzate senza nessun bisogno, coatte convivenze parentali, post ridicoli su Facebook, chiacchiere vuote, auguri per non–si–sa–che–cosa e doni stentati. L’autentico valore che se ne ricava è uno soltanto: la capacità di sopportazione.

Poi va beh, le lucine sono belle, il pandoro è buono e tutto il resto.

Viceversa, il discredito in cui versa il Capodanno — entrato nell’immaginario collettivo come festa triste e ansiosa per antonomasia — è in gran parte ingiustificato, e deriva da una disgrazia basilare: l’obbligo morale del divertimento, imposto dalla società borghese ai suoi soldati in riposo, e il conseguente bisogno di mostrare agli altri la propria contentezza, peraltro in una circostanza — quella dello scorrere del tempo — che ha poco di allegro. Per rimuovere la tristezza dal Capodanno basterà eliminare l’ostentazione ossessiva della propria gioia. Anche privarsi della connessione internet un paio di giorni aiuta.

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Alessandro Massone

È più triste Natale o Capodanno? è una domanda trabocchetto. La vera domanda è, siete tristi?

O più chiaramente ancora, cosa vi rende tristi, cosa allegri? Cercare di mettere sulla bilancia i tanti difetti e gli sparuti pregi delle due feste inevitabilmente costringe a parlare più di sé che delle feste stesse, che hanno, in definitiva, una vera, unica colpa centrale: essere feste comandate. Non avete voglia di festeggiarle, quest’anno? Preferite il panettone ma in casa c’è solo pandoro? Quel parente antipatico vi si è infilato in casa e non va più via? Peggio per voi. Basta che capiti un paio di anni consecutivi per sviluppare una vera e propria avversione alle feste. E guai se siete introversi, o non siete al massimo della salute, o appunto banalmente, non ne avete voglia.

Di per sé, si tratta di due feste innocenti e pure ben intenzionate: della mistica religiosa del Natale non resta niente (ci ha pensato Coca Cola a ucciderla, grazie Coca Cola), il capodanno non l’ha mai avuta. Sono due feste che si complementano bene: entrambe celebrano la bontà e la volontà gozzovigliando, o sul divano, il Natale come occasione per festeggiare l’inverno con i propri cari, il capodanno apre l’anno successivo in nome di nuovi, migliori intenti.

Natale è triste perché è un obbligo della società, Capodanno è triste perché ci ricorda che, malgrado tutti i buoni propositi, l’anno prossimo saremo nella stessa situazione.

Almeno a Capodanno c’è Blob. E comunque, #teampanettone.

Alberto Ferreri
Sia Natale che Capodanno sono feste ansiogene. Le devi preparare con mesi di anticipo per riuscire a prenotarti i parenti e gli amici e combattere per avere la location migliore. Ogni anno poi veniamo bombardati dalle pubblicità e da canzoni moleste sempre più in anticipo. Nel 2016 già a inizio novembre si parlava di babbo natale. Ma tornando alla domanda principale, quale delle due è più triste? Sicuramente Capodanno. Mentre a Natale, anche se si è costretti a sorbirsi le storie dell’ante-guerra della nonna, si sta in compagnia della famiglia e si mangia meglio e più abbondantemente del solito. Capodanno invece è la festa sopravvalutata delle esagerazioni, in tutti i sensi. Si cerca di mostrarsi migliori di quanto non si è mettendosi la maschera del festaiolo a tutti costi. Dopo aver bevuto tutta la notte e parte della mattina dell’alcool da quattro soldi preso nel peggiore dei discount, ci si accorge del vuoto e dell’insensatezza che portano questo genere di attività.

Elena Buzzo
A Natale si torna bambini perché è l’unico modo per sopportarlo. Da piccoli ogni momento del Natale era affascinante: alla vigilia si creava quella tensione tipica di quando ti dicono che nella notte uno sconosciuto si introdurrà in casa, poi ci si addormentava sperando di svegliarsi nel bel mezzo della notte e beccare Babbo Natale. Alla mattina si scartavano i regali e poi si andava al cenone portandosi dietro tutti i giochi nuovi per giocarci con i cuginetti.

Poi Babbo Natale è morto e i regali sono iniziati a comparire sotto l’albero già nei giorni precedenti la notte di Natale. E ora la vigilia la passo a correre per negozi perché portarsi avanti non è mai stato il mio forte.

Una cosa che rende triste il Natale è proprio la perdita di quella magia, ma ancora più triste è questo momento: il pomeriggio di Santo Stefano. Ti guardi attorno ed è già tutto finito, — e devi pure riportare l’albero in cantina!

“Massì capodanno è una serata come un’altra” ci diciamo sempre. Poi però sentiamo la pressione del “cosa fai a capodanno” dai primi di novembre.

Il problema è che abbiamo deciso che una sera all’anno ci si debba tassativamente divertire. Questa cosa crea una pressione infinita sulle persone — ma che alla fine ci piace e la accettiamo come una sfida: proviamo angoscia finché non abbiamo trovato una festa in cui sistemarci per la fatidica nottata, una volta trovata, partiamo a nostra volta all’attacco “Cosa fai a capodanno?”

Il capodanno è meno triste perché è esattamente il riscatto del Natale. Il Natale ti ricorda che ogni anno è tutto uguale, il capodanno ti dice che però magari l’anno prossimo andrà meglio. Se fossero invertiti sarebbe la fine.

Tommaso Sansone
È chiaro che entrambe le festività possono essere vissute in modo piacevole o meno a seconda della vostra situazione personale e delle persone che vi circondano in quel momento.

Un Natale con parenti litigiosi o un capodanno a casa di amici non-proprio-amici difficilmente hanno risvolti piacevoli, non fatevene una colpa.

Invece, vi siete mai chiesti perché in corrispondenza di tali festività, anche in un contesto accogliente e circondati da persone amichevoli, in molti confessano di provare un senso di vuoto e di malinconia apparentemente inspiegabile?

Confrontando la mia esperienza con quelle dei miei coetanei mi è parso di capire che tale percezione provenga dal fatto che il modo in cui passiamo Natale e Capodanno non corrisponde mai al modo ideale e idilliaco in cui le ritrae il nostro immaginario — il nostro e quello collettivo (ebbene sì, sto dando la colpa alla pubblicità).

Non sforzatevi di passare le feste nel modo migliore possibile, piuttosto cercate di rilassarvi e di stare bene con voi stessi.

Francesca Motta
Ero una di quelle adolescenti con le ossa grosse — o almeno così diceva mia madre, ma chissà – quindi perennemente a dieta, perennemente ansiata dalle calorie, dai brufoli, dai capelli unti. Disfarsi di cibo non era esattamente nei miei piani, ma tra una botta di noia e l’altra, una sessione di spacchettamento violento e l’altra, un mandarino e un’arachide, finivo a sbafarmi l’intera terrina di mousse di tonno. D’altra parte avere le ossa grosse è un bel problema.

Ora non sono più adolescente — ma questo lo dico senza troppa convinzione — e esiste l’orgoglio curvy, e magno pure le gambe del tavolo senza grandi ansie e ripensamenti. Forse mi sono rassegnata, forse me ne frego, fatto stà che l’ansia natalizia è scomparsa. Rimane la noia del post pranzo, ma anche quella è superabile. In caso, se mi annoio, c’è sempre del torrone da sgranocchiare (o del vino, particolare non trascurabile).

Capodanno invece no, era un inferno ed è rimasto un inferno. Anche perchè ho testato che a Capodanno di merda corrisponde anno soddisfacente, almeno per me — non scherzo: a mezzanotte del primo gennaio dell’anno più intenso e felice della mia esistenza, stavo a letto con la febbre, in compagnia del gatto e di Netflix. Da allora spero sempre che la serata del 31 sia un vero disastro. E spesso lo è.