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Via Balduccio da Pisa, una traversa di via Orobia, si trova tra corso Lodi e viale Ortles, poco lontano dalla Fondazione Prada. Al civico 7 si incappa in una palazzina apparentemente anonima.

Non si deve essere tratti in inganno dalle apparenze. Come documentato da un articolo di Lorenzo Giarelli su Linkiesta, all’interno dello stabile si scopre uno scenario inaspettato: percorrendo il giroscale — spazio condominiale — si scende nello scantinato, dove si trovano degli stramazzi di gommapiuma sgualcita, scarpe rotte e bottiglie di plastica colme di urina. Oltre una decina di migranti provenienti dall’Africa Subsahariana dormono per terra, in uno spazio piccolissimo. Solo il più fortunato ha come letto un materasso, in uno stanzino del giroscale. Non ci sono servizi igienici né elettricità e riscaldamento.

Sono i documenti delle condizioni degradate in cui vivono alcuni profughi dimenticati dal sistema di accoglienza di Milano.

Lo stesso stabile, al primo piano, aveva ospitato un CAS — Centro di Accoglienza Straordinario — gestito dalla cooperativa Inopera. Inopera gestiva il centro “in prorogatio nelle more del perfezionamento dell’affidamento a Sinergy Società Cooperativa,” come sottolineato da un comunicato della prefettura.

Come molti altri centri di accoglienza straordinari che avrebbero dovuto affiancare temporaneamente le strutture di prima accoglienza governative, anche il CAS di via Balduccio da Pisa si era sostituito all’accoglienza tradizionale.

La struttura è stata dismessa in seguito a un’ordinanza del 12 ottobre 2016 del prefetto di Milano Alessandro Marangoni. Le motivazioni pare fossero legate alle condizioni igienico-sanitarie inadeguate riscontrate in seguito a un controllo di routine effettuato dall’ATS (ex ASL) in collaborazione con la prefettura di Milano.

Vanno distinti due ordini di problematiche nello stesso condominio.

La prima riguarda i profughi, svincolati dalle strutture d’accoglienza istituzionali, che hanno trovato rifugio nel sottoscala dello stabile, forse in seguito a un passaparola con conoscenti che erano alloggiati nel CAS, forse in modo indipendente. Ad oggi, stando a quello che abbiamo potuto verificare, i profughi ospitati nel centro sono stati trasferiti, mentre quelli che si sono stabiliti al piano interrato vi alloggiano ancora in condizioni precarie e malsane, nonostante sia nota già da diverso tempo la loro presenza in loco.

La seconda è legata al CAS: infatti, sebbene risulti chiuso dal 13 ottobre 2016, si rilevano ancora movimenti sospetti, come la consegna di una quarantina di materassi e la blindatura di porte condominiali. Risulta spontaneo chiedersi se questi indizi non stiano a indicare una possibile riapertura del centro e se questa eventuale riapertura sia approvata o meno dalla prefettura.

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Si calcola che Inopera, ospitando in media oltre cento richiedenti asilo, abbia guadagnato in due anni di servizio due milioni e mezzo di euro grazie ai 35 euro al giorno ricevuti per ogni posto letto occupato. I soldi stanziati per i centri di accoglienza vengono forniti per il sistema di affidamento in economia a cottimo fiduciario, siccome si tratta di un servizio di urgenza prestato per l’emergenza profughi. Oltre ai 35 euro — che non sono dati direttamente ai richiedenti asilo, i quali ne ricevono una minima parte, circa 2,70 euro — ogni centro riceve una somma che consente di fornire standard minimi di servizi e il pagamento di un affitto per lo spazio utilizzato.

Il CAS aveva già rischiato di chiudere nel 2015 per un subappalto. Infatti, la cooperativa aveva subappaltato a una società privata di vigilanza la gestione della sicurezza, servendosi dei loro vigilantes, senza avere alcuna licenza e sebbene il contratto per la gestione del centro non prevedesse subappalti, se non per servizi di lavanderia, fornitura dei pasti, pulizia e igiene ambientale.

Inopera, tuttavia, l’anno scorso non ha chiuso i battenti: le inadempienze sono state risolte e il subappalto eliminato.

Le inosservanze, però, continuavano a essere presenti e per questo il CAS è stato smantellato il 13 ottobre in seguito all’ordinanza del prefetto di Milano.

Il centro, infatti, si trovava in un ex ufficio, luogo inadatto per l’accoglienza profughi. Per urgenza era stato adibito in fretta e furia, senza misure di sicurezza — nessun tipo di scala anti-incendio — né condizioni igienico-sanitarie adeguate.

Ospitava oltre 100 persone, uomini provenienti da Pakistan, Bangladesh e paesi dell’Africa subsahariana che sono stati trasferiti temporaneamente dalla prefettura in altre strutture di prima accoglienza.

Il sopralluogo dell’ASL è avvenuto in seguito agli scandali scoppiati nel Lazio per la mala gestione di alcuni centri di accoglienza, regione dove Inopera offre servizi da anni, e perché il nome della cooperativa compare diverse volte nelle intercettazioni delle indagini su Mafia Capitale e di un’inchiesta sui centri di accoglienza dell’Irpinia.

Pare che proprio in seguito alle investigazioni su Mafia Capitale sia stata aperta un’indagine sui centri dell’Irpinia. Quattro centri, due a Monteforte, uno a Ospedaletto e uno a Pratola Serra, sono stati chiusi dopo la cessazione del contratto di Inopera sul territorio. La Procura della Repubblica ha ordinato la chiusura delle strutture in seguito ai sopralluoghi dei NAS che hanno denunciato terribili condizioni igienico-sanitarie. La cooperativa, inoltre, è stata diffidata dal Ministero degli Interni per essere comparsa nelle indagini su Mafia Capitale.

In seguito alla chiusura dei centri, gli operatori delle strutture hanno protestato davanti alla prefettura. Avevano un contratto a tempo indeterminato, ma non sono stati pagati e non hanno ricevuto alcun sostegno da parte dei sindacati. Circostanza che si è verificata anche a Milano, dopo lo smantellamento del CAS di via Balduccio da Pisa. Poche tutele per i richiedenti asilo prima, nessuna tutela per gli operatori poi che hanno perso il lavoro senza preavviso.

Inopera è stata coinvolta anche in uno scandalo a Roma che ha visto chiudere il Best House Rom, struttura di via Visso gestita dalla cooperativa che ospitava oltre trecento rom, senza alcuna tutela. Gli ospiti del centro vivevano in pessime condizioni igienico-sanitarie in spazi angusti e senza finestre.

Il Best House Rom è stato chiuso in seguito alle indagini su Mafia Capitale grazie all’interessamento dell’Associazione 21 luglio che ha denunciato la situazione.

Stupisce come mai la Prefettura di Milano non abbia revocato in precedenza l’appalto del CAS a Inopera, dal momento che il capo della polizia di Roma, Gabrielli, nel 2015 ha firmato un provvedimento contro la cooperativa che aveva già in gestione il centro di via Balduccio da Pisa. Così come stupisce il fatto che durante lo sgombero della struttura nessuno abbia notato le decine di profughi che vivono ormai da tre mesi nel sottoscala dell’immobile.