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Francesco Costa è giornalista, blogger, e commentatore politico. Ha lavorato con l’Unità e Internazionale, oggi è vicedirettore del Post. Lo abbiamo incontrato per fare quattro chiacchiere sulle imminenti elezioni statunitensi, storia che segue quotidianamente da più di un anno.

Nessuno aveva previsto il successo di Trump alle elezioni primarie del suo partito e tutti i sondaggi lo danno per sconfitto. Non è che ci stiamo sbagliando  una seconda volta?

Nessuno prevedeva la vittoria alle primarie di Trump nel momento in cui si è candidato. In realtà i sondaggi ci hanno sempre detto che lui era il candidato preferito dagli elettori del Partito Repubblicano e così è stato. I sondaggi attuali ci dicono che lui è indietro, ma non è una situazione irrecuperabile anche vedendo le ultime dichiarazioni della FBI sulle nuove email della Clinton che sono state ritrovate.

Quale potrà essere il ruolo del “first gentleman” Bill Clinton in caso di vittoria della moglie? – sarebbe la prima volta

Proprio Hillary da first lady è stata molto attiva suggerendo una riforma sanitaria negli anni novanta conducendo i negoziati col Congresso. Hillary qualche mese fa ha sostenuto di voler dare dei compiti al marito, in particolare sulle materie economiche: credo che Bill possa avere un ruolo politico attivo come “first gentleman.” È però ancora molto osteggiato dai repubblicani e nel caso in cui la sua presenza dovesse diventare troppo ingombrante, credo che Hillary gli possa chiedere di defilarsi.

In Italia arrivano poche notizie sul rinnovamento del Congresso. È possibile, seguendo i sondaggi, una situazione in cui ci sia un presidente non sostenuto da almeno uno dei due rami del parlamento. In questo caso ci sarebbe una situazione di stallo?

Salvo sorprese, chiunque venga eletto avrà una parte del Congresso con maggioranza favorevole al partito di opposizione. Si procederebbe probabilmente ad uno scontro abbastanza forte attraverso pratiche di ostruzionismo parlamentare e sarà importante la capacità di sapere contrattare con l’altro partito. I ruolo del presidente avrebbe meno capacità di azione in politica interna limitandosi all’uso dei decreti che non passano dal voto del Congresso e sono immediatamente effettivi, ma sono meno incisivi rispetto alle leggi ordinarie. Mentre, stando sempre a questo scenario, è probabile che il neo presidente si concentri sulla politica estera con i trattati commerciali, i rapporti con Cina e Iran e la gestione delle guerre contro l’ISIS in Medio Oriente. Nel caso dell’approvazione del TTIP, l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, in entrambi i casi i negoziati difficilmente verranno portati a termine anche per un’opinione pubblica in maggioranza sfavorevole.

Praticamente già pronto per diventare un reality show
Praticamente già pronto per diventare un reality show

Proiettandoci nel post-elezioni, come ti immagini gli Stati Uniti con a capo uno o l’altro candidato? L’elezione della Clinton significa “continuità” e quella di Trump “caos?”

Hillary Clinton dovrebbe avere una politica di generale continuità con l’amministrazione Obama. Però la base del Partito Democratico si è spostata negli ultimi anni su posizioni più progressiste e quindi credo che la prima iniziativa che vorrà farsi approvare dal Congresso sia la riforma dell’immigrazione. In politica estera vuole attuare una “no-fly zone” sulla Siria mettendosi in discontinuità con l’amministrazione Obama e in un possibile contrasto con la Russia che è molto attiva con i suoi aerei militari sopra al territorio siriano.

Nel caso di Donald Trump è impossibile fare previsioni — non sembra avere competenza e conoscenza su molti temi. Non avendo una carriera politica precedente, Trump non ha alle sue spalle una squadra di consulenti ed esperti. L’appoggio del partito sembra scontato per la nomina dei ministri, ma non sarebbero scelte facili in quanto molti membri dell’amministrazione Bush hanno detto di sostenere Hillary Clinton perché contrari alle proposte di Trump.

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Seguire le elezioni degli Stati Uniti può sembrare a volte molto difficile vista la complessità della politica americana. Quando e come nasce questa tua passione?

È nata abbastanza per caso in un momento in cui, nel 2007, avevo da poco cominciato a fare il giornalista e per la prima volta un senatore nero si era candidato come presidente. Il carisma e la storia personale di Obama mi avevano appassionato fin da subito. Ho iniziato a leggere articoli sulla politica americana durante le elezioni del 2008 e a guardare la serie tv The West Wing (serial che racconta gli otto anni di presidenza del democratico Josiah “Jed” Bartlet e del suo staff, ndr.).

Da quasi un anno e mezzo scrivi una newsletter settimanale sulle elezioni americane. Perché hai deciso di intraprendere questo progetto?

All’inizio l’ho fatto per una necessità personale. Più di un anno fa era giunto un momento della mia carriera giornalistica in cui ero molto impegnato al Post e volevo trovare un modo che mi permettesse di seguire la politica americana più da vicino. L’idea di continuare a scrivere sul blog  non mi incuriosiva più, quindi ho deciso di iniziare a scrivere una newsletter perché sembrava essere diventata molto popolare come formato soprattutto negli Stati Uniti. La campagna elettorale è stata sin dall’inizio molto avvincente e ha contribuito all’aumento dei miei lettori; il successo della newsletter mi ha permesso di collaborare alla scrittura della serie tv La Casa Bianca, oltre che a utilizzare altri canali di comunicazione come il podcast e le dirette su Periscope e ad essere chiamato come ospite di molti eventi sulle elezioni.

Fare una newsletter come la tua richiede un cambio di approccio rispetto a quello che eri abituato a fare sul blog. Che cosa è più cambiato nel tuo lavoro in questo anno e mezzo?

La newsletter viene scritta durante il mio tempo libero e quindi di fatto lavoro molto di più. La cosa positiva delle e-mail è che non hanno il rumore di fondo dei social network: non ci sono pubblicità né la possibilità per tutti di scrivere commenti. Essendo un mezzo diverso, ho deciso di utilizzare un tono po’ più colloquiale e meno neutro. Il rapporto con i lettori è diventato molto diretto: mi arrivano sempre molti chiarimenti, consigli o critiche a cui ho deciso di rispondere. Da una parte è un lavoro nel lavoro, dall’altra ho la possibilità di avere un feedback continuo sui contenuti che scrivo.